sabato 16 aprile 2022

RELIGIONI E PROSTITUZIONE

 Religioni e prostituzione: le voci delle donne ebree, islamiche, buddiste, induiste

LAUDIA ANGELETTI

L'impegno di un approfondimento sul tema del rapporto tra religioni e prostituzione iniziato dalla FDEI nel 2021 insieme all'OIVD (Osservatorio interreligioso sulla violenza contro le donne) è proseguito nei primi mesi di quest'anno con due incontri estremamente interessanti: il primo (4 febbraio) con Sarah Kaminski, esperta di cultura ebraica, e con Rosanna Mariam Sirignano, esperta di studi islamici; il secondo (4 marzo) con Maria Angela Falà, già presidente dell'Unione buddhista europea e con Shudda Ananda, monaca induista.

Ne è emerso un quadro avvincente quanto sconosciuto dove le tradizioni religiose si intrecciano con condizioni sociali ed economiche, senza riuscire a determinare le decisioni etiche personali.

EBRAISMO

Sara Kaminski ha presentato un'analisi dettagliata delle valenze linguistiche dei termini usati nella Bibbia per indicare la prostituta, in particolare della parola zonah, che compare un centinaio di volte; essa indica «una che esce fuori dal suo ambiente, dalla sua casa, che non è più tutelata dal padre o dal marito, quindi sola, libera, ma alla mercè di chiunque, che perciò ha rapporti sessuali a pagamento».

Certamente, la prostituta non può far parte dell'assemblea di Israele, a motivo delle leggi di purità che regolano il culto, elencati soprattutto nella Mishna e nel Talmud. Però, almeno il racconto di Genesi 38,1-27 sulla nuora del patriarca Giuda, capostipite della casata del re Davide, offre la prospettiva della possibilità del reinserimento di Tamar, che si è prostituita al suocero per far valere il suo diritto violato: sorprendentemente infatti Giuda, che si era giaciuto con lei travestita da prostituta senza riconoscerla, ammetterà la propria colpa, dichiarando che Tamar «è più giusta di lui» e riparerà il torto fattole, senza più avvicinarlesi sessualmente.

Kaminski ha esaminato anche altri testi veterotestamentari sull'argomento che mostrano altre sfumature dell'ottica maschile meno positive di questa di Giuda riguardo alle prostitute (Proverbi 23, 23-28) e, in genere, alle donne che sono ridotte al silenzio (cfr. la vicenda di Dina in Genesi 34), sottolineando come il tema della

prostituzione incuta ancora oggi negli uomini una paura esistenziale rispetto alla sessualità della donna.

Nel mondo ebraico attuale la relatrice ha segnalato un'interessante evoluzione che, senza perdere il riferimento alle Scritture d'Israele, ha modificato una prospettiva perlopiù misogina fino ad arrivare nel 2021 all'adozione, nello Stato di Israele, di una legislazione sul modello nord-europeo, che prevede multe (fino a 1000 euro) per i prostitutori e per chi si avvale delle donne prostituite. Questa legge che ha avuto un iter non facile (ben 13 anni), certamente non ha ancora inciso significativamente sui comportamenti maschili, ma almeno permette alle donne che vogliano uscire dal giro di trovare aiuto concreto dai servizi sociali, da associazioni di donne di tutti gli orientamenti religiosi, dalle ortodosse alle riformate, da avvocate.

ISLAM

Rosanna Mariam KSirignano ha preso avvio dalla lingua araba, in cui il termine zanah (stessa radice dell'ebraico!) indica tutti i comportamenti sessuali che escono dai limiti consentiti ai credenti, i quali e le quali possono canalizzare l'energia sessuale solo nel matrimonio tra uomo e donna. Esiste poi una parola specifica per indicare la prostituta, la cui radice significa "desiderare, bramare" che combinata con la particella ala "su" viene a significare "desiderare eccessivamente, perciò far torto a qualcuno, opprimere, trattare ingiustamente". Quindi la prostituzione si configura come "oppressione, ingiustizia". L'islam non contempla l'idea della prostituzione per scelta, bensì la costrizione che dipende da un desiderio imposto. Infatti il Corano menziona la prostituzione solo una volta (Sura della Luce, 33) per vietare di costringere la propria schiava a prostituirsi.

Naturalmente nella sharia (che significa letteralmente "strada per la fonte" dove ci si abbevera per purificarsi in vista della salvezza e vengono decisi dai giuristi i comportamenti per mantenere puro il cuore), la prostituzione con il consenso degli esperti di giurisprudenza non è consentita, come altri atti sessuali.

Nella Sunna, invece, dove vi sono delle narrazioni più o meno autentiche dei detti e non-detti del Profeta Muhammad, è riportata la storia di una prostituta che, vedendo un cane assetato, si toglie una scarpa e la riempie di acqua per dissetarlo, gesto per cui il Profeta dichiara che tutti i suoi peccati le sono perdonati. Ovvero, viene riconosciuto che le prostitute sono una parte vulnerabile della società, per cui Muhammad ebbe sempre una grande attenzione; di fronte alla complessità della realtà c’è l'invito a non giudicare, ma ad ascoltare e cercare di capire come spesso la costrizione delle donne alla prostituzione è dovuta alle condizioni materiali di emarginazione e povertà. Rispetto al grande problema della tratta, le religioni tutte dovrebbero avere il ruolo di dare un supporto spirituale a donne che possono sentirsi in colpa per la loro attività, anche se non sapevano che cosa sarebbero andate a fare in Europa quando sono state attratte in questa rete.

BUDDISM0

In ambito buddista Maria Angela Falà ha evidenziato come, delle 5 indicazioni etiche di base del buddismo, la terza invita a non commettere azioni con il proprio che possano provocare dolore nell'altro e indica nel rapporto uomo-donna la necessità di onestà, fedeltà e rispetto, richiamando l'attenzione ai retti metodi di sostentamento. Le donne possono trovarsi in due diverse situazioni socio-economiche: da una parte, alcune si trovano sotto la protezione dell'uomo e non devono essere toccate da altri uomini; altre, però, essendo senza protezione, sono costrette a vendersi per ovviare alla loro povertà. Chi invece si prostituisce perché è un modo facile per fare denaro è malvista. Vi sono grandi contraddizioni in paesi a grande maggioranza buddista, come la Thailandia: là il turismo sessuale soprattutto ai danni delle bambine dei villaggi poveri, nonostante sia illegale, è accettato e non vi è mai stato un processo per questo; così in Cina, dove l'accettazione è talvolta giustificata perché la donna prostituendosi compie un atto compassionevole verso chi ha problemi di erezione o di relazione con la moglie.

INDUISMO

Shudda Aunda ha spiegato che siccome «il corpo è il tempio del divino», l'induismo condanna la prostituzione nei testi medievali perché è contro i principi del dharma e del non nuocere (ahimsa). Però in India la prostituzione è legale e si trovano realtà aberranti (come la vendita di bimbe vergini), determinate dalla grande povertà economica. A livello di riflessione, dai racconti «Voci dell'induismo attraverso il tempo», Ananda sottolinea come c’è anche un monito a non giudicare chi fa questa scelta in quanto costretta dalle circostanze avverse. Nel racconto di un monaco che redarguisce una prostituta, si dice che la donna si pentì della sua condotta di vita, pur continuando a vendersi per poter sopravvivere, pregando ogni volta di essere perdonata e liberata da questo stato miserabile. Alla sua morte, avvenuta nello stesso giorno del trapasso del monaco, i messaggeri di Vishnu portarono l'anima della prostituta in paradiso, mentre quella del monaco finì all'inferno perché era diventato impuro a forza di guardare i peccati degli altri.

Riforma, 8 aprile


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