lunedì 30 maggio 2022

 

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4. Conclusioni


Esprimiamo innanzitutto un vivo ringraziamento verso coloro che hanno partecipato a questa iniziativa rispondendo alle domande formulate nelle schede che abbiamo loro inviate. Abbiamo trovato davvero pregevole il loro impegno e il tempo dedicato all’elaborazione delle risposte, sviluppate secondo argomentazioni spesso molto articolate e stimolanti. Noi per primi le abbiamo accolte come preziose occasioni di approfondimento e di riflessione personali, vivendole inoltre come un'esperienza privilegiata d'ascolto, prolungata ed allargata perfino oltre le nostre aspettative iniziali.

Il presente contributo, frutto dunque del lavoro comune di tutti noi, verrà inviato, oltre che direttamente al nostro Vescovo e all’equipe sinodale diocesana, anche alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi costituita in Vaticano e a Papa Francesco. Infatti, la particolare impostazione di questo lavoro, pur non discostandosi dalla fondamentale logica dell'ascolto raccomandata da Papa Francesco e indicata anche dal Vescovo della nostra Diocesi, si sviluppa e si realizza, quanto a modalità e contenuti, in forme che, verosimilmente, lo renderebbero non omologabile rispetto agli altri contributi delle Parrocchie e dei Vicariati diocesani; per questo motivo i dati da noi raccolti risulterebbero difficilmente inseribili nella prevista sintesi finale da inviare a Roma come contributo complessivo della Diocesi al Sinodo. Un ulteriore motivo di difficoltà in relazione all’inserimento nella sintesi suddetta ci pare inoltre connesso al fatto che l’esperienza d’ascolto delle tantissime “narrazioni” che ci sono pervenute si è estesa anche a molte persone residenti fuori dai confini della nostra Diocesi, spesso inserite in realtà ambientali ed ecclesiali diversamente caratterizzate rispetto alla nostra.

Tentiamo ora di trarre qualche conclusione, a lavoro compiuto, in rapporto alle motivazioni che ci avevano spinto ad intraprenderlo. Nella parte introduttiva di questo contributo, usando l’immagine del “fiume carsico”, ci eravamo riferiti ad una corrente di pensiero che, anche sulla base di esperienze personali d’ascolto, ci sembrava evidenziarsi sempre più frequentemente all'interno della Chiesa: un flusso ancora in parte sotterraneo ma sempre più caratterizzato, in cerca di punti di emersione e di un bacino di raccolta. Intraprendendo il presente lavoro speravamo appunto di pervenire a qualche indicazione più precisa, al di là delle nostre percezioni, sulla portata e la reale consistenza di questa corrente sotterranea.

Terminata la nostra indagine ci pare di poter dire che il “fiume carsico” esiste (come si può vedere dall'analisi delle schede), ha una sua consistenza e si caratterizza, in accordo con quanto avevamo intuito, come portatore di una profonda domanda di rinnovamento, se non talvolta addirittura di cambiamento sostanziale, rivolta al Magistero della Chiesa sia in rapporto ad aspetti dottrinali, sia ad aspetti riferibili all'ambito delle indicazioni morali. La nostra conclusione si fonda, è vero, su un numero limitato di soggetti consultati (434 persone), che a rigor di termini non potrebbero neppure essere qualificati come “campione”, dal momento che non sono stati selezionati secondo le metodologie ben più sistematiche usate nelle rilevazioni statistiche. Tuttavia ci pare, data la varietà delle loro età, dei loro ambienti di provenienza e della loro formazione religiosa e culturale, che le posizioni da loro espresse siano pur sempre un indice interessante e significativo. Abbiamo fra l'altro notato che, se ci fossimo fermati, nell'analisi, alle prime 200 schede, il risultato sui dati raccolti non sarebbe stato sensibilmente diverso da quello rilevato, a lavoro concluso, su tutte le 434 schede ricevute. Questa circostanza ci pare suggerire che i dati possono essere letti, verosimilmente, come una proiezione piuttosto attendibile del risultato che si otterrebbe estendendo l’indagine ad un bacino più largo di persone consultate.

Ci piacerebbe molto, a questo proposito, che altri, magari con metodi di analisi più rigorosi ed affinati, potessero raccogliere questo nostro semplice contributo e compiere un ulteriore, e a nostro parere quanto mai auspicabile, ampliamento della ricerca.

L’approdo di una tale indagine potrebbe infatti delineare un quadro molto indicativo del sentire religioso e delle aspettative che connotano i fedeli nel contesto ecclesiale e sociale contemporanei. Ricordiamo per inciso che la nostra indagine, pur includendo anche il pensiero (peraltro estremamente interessante e significativo) di una piccola minoranza di osservatori “esterni” rispetto alla realtà ecclesiale, si riferisce, in grande maggioranza, a soggetti che si qualificano come “credenti cattolici”. Quello che ci pare di aver colto a questo livello, e che potrebbe trovare verifica in contesti di analisi più larghi, è appunto quel “sensus fidei” il cui ascolto sarebbe di vitale importanza nella vita della Chiesa e che quest’ultima ha del resto più volte chiamato in causa anche in relazione a pronunciamenti dogmatici o riferiti ad altri aspetti della vita di fede. Tale “fonte di autorità” dentro la Chiesa è tuttavia, evidentemente, tale da non poter essere definita nei suoi contenuti una volta per tutte, richiedendo invece di essere continuamente aggiornata parallelamente all’evolversi dei tempi e delle sensibilità.

L’importanza di offrire adeguato spazio alla libera espressione di tale sentire da parte dei fedeli (e al conseguente ascolto delle istanze e intuizioni che esso esprime) può essere misurata in rapporto alla circostanza, già sperimentata nella storia della Chiesa, per cui un divario troppo netto fra tale sentimento diffuso e i pronunciamenti o gli indirizzi del Magistero sfocia nel ben noto fenomeno della “non ricezione” (un esempio eclatante è per esempio quello relativo alle indicazioni circa il controllo delle nascite espresso nell'enciclica Humanae Vitae).

Tornando alla nostra indagine, come abbiamo già argomentato in sede analitica, abbiamo rilevato una diffusa, analoga “non ricezione” riferita soprattutto a quegli aspetti della vita della Chiesa cristallizzati in dottrine o posizioni mai messe in discussione nella sua storia millenaria. Si evidenzia allora non di rado la tendenza a “risignificare” o reinterpretare personalmente quei contenuti di fede ritenuti non più compatibili con le mutate conoscenze o sensibilità, maturate sia a livello personale che in quanto membri di un contesto sociale e storico profondamente mutato. Emerge inoltre che, là dove tali “aggiustamenti” si rivelino con il tempo non più sufficienti o sostenibili, si perviene alla definitiva rinuncia, spesso dolorosa, a permanere nel Corpo Ecclesiale ( cfr. a chiusura di questa sezione i grafici del paragrafo 5.7), in nome di un'autenticità e coerenza intellettuale e spirituale che ad un certo punto si giunge a percepire come irrinunciabile e non più sacrificabile.

Ci piace infine concludere con una precisazione: il desiderio di cambiamento che ci sembra emergere da parte di tantissimi interlocutori che hanno aderito a questa nostra iniziativa, e di cui ci facciamo personalmente interpreti, non comporta alcuna svalutazione del pensiero (minoritariamente manifestato anche nell’ambito di questa nostra indagine) di coloro che esprimono posizioni e aspettative di segno diverso o addirittura opposto. L'auspicio è invece quello di una Chiesa non omologante, in cui possano trovare diritto di cittadinanza anche modi diversificati di vivere la fede e l’appartenenza ecclesiale, senza veti e diffidenze reciproci, nell’ambito di un dialogo sempre aperto che promuova la vicendevole conoscenza, comprensione e legittimazione.







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