domenica 5 giugno 2022

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   di ERNESTO AYASSOT (continua)


Esistono altresì precedenti testimonianze, per quanto concerne il periodo dall'anno 1000 al 1200, della esistenza a Costantinopoli di molte reliquie della Passione, tra le quali il lenzuolo in cui sarebbe stato avvolto il corpo di Gesù, ma, a parte il fatto che non menzionano l'esistenza di immagini impresse, esse enumerano varie altre reliquie così ovviamente false, da lasciare perplessi.

Trascurando il catalogo delle reliquie dell'Imperatore Alessio I Comneno (1081-1118), nel quale la menzione di una Sindone risulta una evidente interpolazione posteriore, accenniamo soltanto ad alcune delle reliquie menzionate da memoriali della quarta Crociata in cui si parla di vari teli della Passione:

 

il «sudario» che fu sul capo di Gesù; le fasce col sudario, i panni nei quali Cristo fu avvolto, il lenzuolo che Giuseppe d'Arimatea aveva comperato per avvolgervi il corpo del Cristo crocifisso che viene conservato nella cappella imperiale7.

 

Come si vede l'inventario è completo, ma non vi si fa cenno alcuno delle impronte di cui la Sindone di Torino si avvalora.

Si potrebbe continuare citando una testimonianza che parla almeno del «linteum faciem Christi repraesentans», ossia del lino con l'effige del «volto» di Cristo. Ma questa testimonianza dell'arcivescovo Antonio di Novgorod, a parte il fatto che parla soltanto del «volto» di Cristo, ci sembra gravemente inficiata dalle strambe reliquie che mette alla pari di quella:

 

Le tavole della Legge, l'Arca del Patto, un po' di manna…

Una camicia di Gesù.

La mensa sulla quale Abramo mangiò il pane con la Trinità.

Una croce fatta col legno della vite piantata da Noè dopo il diluvio.

Il ramoscello di olivo riportato dalla colomba...8

 

Non sembrerà irriverente dire che la Sindone, qualora di una vera reliquia si fosse trattato..., era in ben strana e sospetta compagnia!

Ma quel che è più strano è che non tutti i «sindonologi» sono convinti che ci sia mai stata una tappa, più o meno lunga, della nostra Sindone a Costantinopoli. È infatti incomprensibile che non se ne parli affatto nell'elenco delle reliquie della Passione così fervidamente e scrupolosamente ricercate e raccolte dalla pia, e credula, Elena, madre dell'Imperatore Costantino. Poiché ella si premurò di mandare a Costantinopoli e poi (in parte) a Roma tutti i frutti delle sue ricerche in Gerusalemme e dintorni, sembra evidente che, ai suoi tempi, di Sindone né lei né altri avesse conoscenza8a.

Tale constatazione getta più di un'ombra, di sospetto sul fantasioso racconto che San Gerolamo riferisce come proveniente dallo scritto apocrifo intitolato «Vangelo degli Ebrei» (sec. II) nel quale, a suo dire, si leggeva, a proposito della risurrezione di Cristo:

 

Il Signore, dopo aver consegnato il sudario al servo del sacerdote, se ne andò e apparve a Giacomo9.

 

Vale la pena di ricordare l'aneddoto cui si fa qui riferimento e che riassumiamo dalla pubblicazione sulla Sindone del canonico Michele Grasso che fu cappellano del re e, come tale, custode della Sindone, una cinquantina di anni fa10.

Egli narra (impossibile sapere per quale rivelazione particolare) che Malco, il servo del Sommo Sacerdote al quale Pietro aveva reciso l'orecchio nel tentativo di difendere Gesù dall'arresto, era stato convertito dalla bontà del Signore che l'aveva guarito. Con lo zelo del neo-convertito aveva seguito tutte le fasi, del processo e della Passione e si sarebbe recato al sepolcro, all'alba del giorno di Pasqua, per verificare se le profezie sulla risurrezione si avveravano. Ivi aveva trovato la tomba vuota ed aveva visto, accuratamente piegata dagli angeli, la Sindone. A questo punto aveva udito una voce che gli diceva: «Malco, prendila, e portala con te!». Malco ubbidì ed il possesso della Sindone lo arricchì immensamente perché, non appena si seppe che la preziosa reliquia era in sue mani, si moltiplicarono le visite ed i pellegrinaggi di credenti alla sua casa, con relative offerte e doni devozionali. Già allora sembra che le reliquie fruttassero!

Ma dove andò a finire il prezioso lenzuolo dopo la morte di Malco? Qui interviene il racconto su San Gerolamo. Questi, ad alcune pie donne che, verso l'anno 400, erano andate a visitarlo nel suo ritiro in una grotta di Betlemme, lesse il versetto apocrifo che abbiamo citato e rivelò che le «reliquie preziose della passione del Salvatore si conservano nella madre delle chiese», ossia nella basilica costantiniana sul lontano monte Sinai, in direzione della quale le pellegrine si prostrarono in segno di adorazione.

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7 Cit. da RIANT, Exuviae Sacrae Constantinopolitanae, Genova, 1877, vol. II, pp. 211 ss.

8 Cit. da RIANT, Exuviae Sacrae Constantinopolítanae, Genova, 1877, vol. II, pp. 221-223.

8a Anche il prof. Pier Angelo Gramaglia, noto studioso cattolico di antichità cristiane, conferma che - almeno per i primi sei secoli dell'era cristiana - nessuno a Gerusalemme né altrove ha mai sentito parlare di «sindone» o di pannilini funerari di Cristo:

«Un documento anonimo, la cui prima stesura risale all'anno 333 d.C., il famoso "Itinerarium Burdigalense", opera di uno sconosciuto oriundo dell'Aquitania», ci fornisce «la situazione delle reliquie riguardanti fatti o persone della letteratura neotestamentaria all'inizio del sec. IV, pochi anni dopo il Concilio di Nicea». «Occorre notare come [in questo documento] non ci sia nessuna traccia di reliquie riguardanti i panni funerari di Cristo; a Gerusalemme nel 333 non se ne sa nulla, nonostante che la caccia alle reliquie sia già assai sviluppata». «diventa assai significativo il silenzio su alcune clamorose reliquie, di cui non si sa nulla per ora, ma che con il tempo verranno altrettanto clamorosamente "scoperte"». «Verso il 520 il santo sepolcro di Gerusalemme ha accresciuto il suo patrimonio con la "pietra della Madonna", ma nessuno sente parlare dei pannolini funerari di Cristo». «Nessuno parla ancora della "sindone" di Cristo né dei pannolini funerari diversi dal sudario, all'inizio del sec. VII!» (Aspettando la Sindone, I e II, «Il foglio», nn. 63, 64). E si potrebbe continuare... Dov'era dunque la «Sindone» di Torino - dato e non concesso che sia autentica - in questi lunghi secoli?

9 Il cosiddetto «Vangelo degli Ebrei», uno dei più antichi vangeli apocrifi, risale probabilmente alla metà del II secolo. È basato, in gran parte, sul Vangelo di Matteo, ma con aggiunte ovviamente leggendarie. Se ne possiedono citazioni di scrittori cristiani posteriori, come questa di S. Gerolamo che affermava di averlo tradotto dall'ebraico (o dall'aramaico) in greco e in latino. Una traduzione in greco, però, doveva esistere già prima ed era in uso tra i cristiani d'Egitto.

Come osserva giustamente il prof. Pier Angelo Gramaglia, docente cattolico di Patristica, se si accorda fiducia a questa notizia sulla «sindone» dell'apocrifo Vangelo degli Ebrei, «perché non credere anche ai bisticci di Gesù con i suoi familiari sul battesimo del Battista, allo Spirito-madre che prende Gesù per un capello e lo porta sul Tabor o all'architrave del Tempio che si spacca al posto del velo quando muore Gesù?» (A proposito di Sindone: e se andassimo un po' a rileggere, i Vangeli?, ne «Il foglio», n. 61 [anno VIII, n. 2], febbr. 1978, p. 4).

10 Can. MICHELE GRASSO, La Santa Sindone, Torino, ed. L.C.E.R. Berutti, 1929.


(continua)