sabato 16 luglio 2022

A MADRID TORNANO LE GRU

La capitale spagnola ribolle di cantieri, dalla faraonica ristrutturazione dello stadio Santiago Bernabéu alla stazione ferroviaria Chamartín a nuove case per ricchi. Grandi progetti con fondi privati e ricchi che lasciano fuori i ceti meno abbienti

Lorenzo Pasqualini

MADRID

C’è stato un periodo in cui Madrid era una città senza gru. Tutto era fermo per la grande crisi immobiliare, che proprio nell’estate di dieci anni fa toccava uno dei suoi momenti più drammatici. Era frequente imbattersi in strade asfaltate con le strisce pedonali già disegnate e dove non c’erano ancora i palazzi, svincoli già pronti che portavano a quartieri inesistenti, rotonde e lampioni tirati su in mezzo al nulla tra erba secca e terra arida. Erano gli effetti evidenti dello scoppio della bolla immobiliare.

Le gru sono tornate a Madrid soltanto nel 2015, dopo sette anni di stop, e da allora i lavori non si sono più fermati. Nel 2022 la capitale spagnola ribolle di cantieri, dalla faraonica ristrutturazione dello stadio Santiago Bernabéu alla stazione ferroviaria Chamartín, fino al rifacimento dello snodo viario conosciuto come “nodo nord” o all’interramento della tangenziale M-30 nella zona dell’ex stadio Calderón.

Sono attivi anche cantieri per nuovi palazzi, ma non è nulla in confronto al periodo pre-crisi, o alla valanga di cemento che arriverà nei prossimi anni. La capitale spagnola sta per essere teatro, infatti, della più grande operazione urbanistica d’Europa, l’Operazione Chamartín, mentre nella periferia sud-orientale sono in programma quattromila ettari di nuovi quartieri e 150mila nuove case.

«LE GRU CHE VEDIAMO oggi sono lì per la ripresa di alcuni lavori rimasti bloccati 15 anni fa», spiega al telefono Alejandro Inurrieta, dottore in Economia all’Università Complutense di Madrid, esperto in temi immobiliari e consigliere per il ministero spagnolo dell’Economia tra il 2004 ed il 2007. «Non siamo ancora nella situazione che c’era prima della crisi, i grandi progetti nel nord ed i nuovi quartieri del sud-est ci metteranno anni a iniziare e la maggior parte degli acquisti di case riguarda appartamenti di seconda mano», aggiunge.

Alejandro Inurrieta, Università Complutense

Ci vorrebbe una politica abitativa, ma Madrid è la città con meno edilizia residenziale pubblica d’Europa.

Il settore della costruzione è tornato però a muovere molto denaro, con ingresso di capitali stranieri. Gran parte di questi progetti urbanistici sono progetti privati che soddisfano a loro volta società d’investimento. «Si costruisce però solo per persone con risorse, con redditi medio-alti, mancano strumenti che permettano a persone con redditi bassi di accedere all’acquisto di queste case. Ci vorrebbe una politica abitativa, ma Madrid è la città con meno edilizia residenziale pubblica d’Europa», spiega ancora Inurrieta, che è anche autore del libro Casa, la rivoluzione più urgente.

L’ACQUISTO DI CASE in Spagna è tornato ai livelli di 15 anni fa – 600mila compravendite nell’ultimo anno, un valore mai così alto dal 2007 – ed anche i prezzi sono in forte aumento, ma l’accesso alla casa rimane impossibile per i redditi più bassi, costretti ad affitti sempre più cari. Lo hanno ricordato nei giorni scorsi le diverse associazioni di quartiere, urbanisti, realtà ecologiste riunite nella Piattaforma per il Diritto alla Città, che il 29 giugno scorso hanno presentato la «Mappa degli orrori urbanistici di Madrid». «Mentre si approvano macro-progetti immobiliari, l’accesso alla casa diventa sempre più un miraggio – denunciano dalla piattaforma – mentre i madrileni vedono trasformarsi i loro quartieri in zone sempre più care, omologate, piene di appartamenti turistici, con meno negozi di quartiere e con una proliferazione di tavolini all’aperto».


L’iniziativa punta ad informare i madrileni sugli spazi pubblici che progressivamente vengono tolti alla cittadinanza, in nome di una idea di città che guarda solo al profitto privato.

È il caso dell’ex fabbrica Clesa o dello smantellamento degli antichi depositi della metropolitana di Cuatro Caminos, aree che invece di diventare spazi pubblici si trasformeranno in nuovi spazi di speculazione immobiliare.

La piattaforma mette sotto accusa anche le politiche comunali che hanno consentito a bar e locali privati di estendere le proprie terrazze sui marciapiedi e nelle piazze.

A Madrid si costruiranno molte case nei prossimi anni, ma le fasce più vulnerabili della popolazione potranno accedere – con fatica – solo ad affitti in case che non offrono condizioni di vita dignitose.

Nei mesi del lockdown, nel 2020, si accesero i riflettori per alcuni giorni sul sovraffollamento nei piccoli appartamenti in affitto nella periferia madrilena, così comuni nelle palazzine basse di mattoncini marroni che dominano il panorama dei quartieri popolari, e sui famigerati e bui pisos interiores, appartamenti spesso situati al piano terra con finestre che affacciano unicamente sulla chiostrina interna.

Niente di questo è cambiato, ed ultimamente è emerso anche il fenomeno dei negozi del centro trasformati in case a scopo turistico, con la porta d’ingresso direttamente sulla strada.

Resta poi sempre attuale lo stillicidio degli sfratti, ed anche se oggi a Madrid gli sgomberi sono molti meno rispetto agli anni più bui della crisi, la Pah, movimento per il diritto all’abitare nato nel 2009, continua nella sua lotta per frenarli.

IN UN CONTESTO di maggior attenzione della popolazione per l’ambiente e la crisi climatica, intanto, l’attuale amministrazione municipale ha avviato la piantumazione di una grande cintura alberata che circonderà la città, definita «bosco metropolitano».

Nel quartiere Campamento però, gru e cemento minacciano un’area dove un gruppo di persone ha piantato in autonomia, nel corso degli anni, migliaia di alberi. Gli abitanti chiedono che venga riconosciuta come parco pubblico, ma anche qui sono in arrivo duecentocinquanta nuovi appartamenti.

Il Manifesto 10 luglio