venerdì 29 luglio 2022

SERIE PREOCCUPAZIONI

 La Destra che distruggerà la Costituzione nata dalla Resistenza

Si moltiplicano le preoccupazioni per la prossima tornata elettorale. Per quanti di noi hanno sempre pensato che la nostra Carta Fondamentale è una pietra miliare nella storia del nostro paese, è già terribile il solo immaginare la possibilità che la prima donna presidente del consiglio della Repubblica nata dalla resistenza, possa essere una erede del ventennio fascista. Ma c’è di peggio. Grazie all’attuale legge elettorale, che la peggiore classe politica che il paese abbia mai avuto non è riuscita a modificare, andremo alle urne con un sistema ibrido, proporzionale e maggioritario. Parlando della sola Camera, questo significa che 147 seggi sui 400 totali saranno assegnati a chi prevarrà nei collegi uninominali. Le destre, che i sondaggi accreditano del 45% circa dei voti, potrebbero fare il pieno di seggi, anche grazie al fatto che si presenteranno compatti come coalizione, a differenza degli “altri” (che non oso chiamare “sinistre”) che si presume andranno invece in ordine sparso. Questo potrebbe dare a Meloni e compagni (pardon! Volevo dire camerati!) quella maggioranza dei “due terzi”, che le permetterebbe di modificare la Costituzione, senza bisogno di ricorrere alla consultazione popolare. Modificare la Costituzione? Se prendiamo in considerazione gli obiettivi che la destra ha perseguito in questi ultimi anni, ci rendiamo conto che non si tratterebbe di modificare proprio nulla, quanto piuttosto di distruggere totalmente l’impianto e i valori della nostra Carta. Prendere la nostra Costituzione strapparla in mille pezzetti e letteralmente buttarla nella spazzatura. Di questo si tratta! Prendiamo in esame due “mantra” delle destre: flat tax (o dual tax che è lo stesso) e presidenzialismo (o semipresidenzialismo che è lo stesso). Per realizzare una flat tax, o comunque un sistema fiscale non progressivo, in senso tecnico basta modificare l’art. 53 della Carta che così recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Cambiare questo articolo significa semplicemente stravolgere il senso profondo della Costituzione, mettendone in discussione i valori portanti. Che fine fa l’art 2, laddove si richiede a tutti i cittadini “…l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. E l’art. 3 che sancisce che “… E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”.  Certo in più di settant’anni di storia questi valori sono rimasti sulla carta e sempre inattuati. Ma domani, tagliando le tasse ai ricchi, verrebbero cancellati anche come pura possibilità di una “Costituzione programma”. Senza considerare che quel minimo (ma veramente minimo) intervento pubblico di oggi per scuola, sanità e infrastrutture, verrebbe definitivamente cancellato. Per quanto riguarda il presidenzialismo, o il semipresidenzialismo, basterà citare un fatto che si può ricostruire leggendo gli “Atti della Costituente”.  Nella Commissione che si occupava di pensare le future istituzioni dello Stato democratico, il P.C.I. presentò un emendamento che prevedeva di sancire in Costituzione il sistema elettorale di tipo proporzionale. Tutti si dissero d’accordo (tutti! Compreso liberali e monarchici!). Stranamente però il presidente di Commissione “si scordò” di portare la proposta alla discussione dell’Assemblea plenaria, per la dovuta approvazione. Lo fece apposta? Non credo proprio! Comunisti e socialisti lo avrebbero “sbranato”. E perché mai poi, se erano tutti d’accordo? Con ogni probabilità tutti si scordarono della cosa, perché per loro era talmente scontato che il sistema elettorale dovesse essere di tipo proporzionale, che non valeva neppure la pena discuterne, togliendo tempo a questioni, in quel momento, più spinose e controverse.  Va fatta però, in conclusione, una necessaria e doverosa precisazione. L’eventuale completa cancellazione, nei fatti, di tutti valori della nostra Costituzione da parte delle destre al potere, non dovrebbe essere interpretato come un colpo di mano in controtendenza con la storia della nostra Repubblica. Al contrario, altro non sarebbe che la logica e tragica conclusione di un processo iniziato negli anni novanta, quando una (falsa)sinistra pensò bene di smantellare e privatizzare l’industria di Stato, e di ridimensionare progressivamente le prestazioni del welfare, aderendo alla logica delle politiche neoliberiste che imponevano il trionfo della più incontrollata libertà di mercato. Solo una ripresa dei movimenti e della conflittualità sociale potrà cambiare il vento. Bisogna lavorarci e sperare