giovedì 3 luglio 2025

Questo è il canone per la celebrazione di oggi, sviluppato a partire da una riflessione di Walter Primo. La celebrazione inizierà alle ore 18:00.

Ci si potrà collegare già a partire dalle 17:45.

Il link per collegarsi è:

meet.google.com/ehv-oyaj-iue

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Senza più l’ombra del ricino


Saluto all’assemblea

G. Ci riuniamo per pregare insieme e spezzare insieme il pane fatto dei nostri cammini. Questo pane è fatto delle nostre difficoltà, ma anche delle gioie che non vogliamo tenere soltanto per noi.

1. Oggi non è la sorte di Ninive che ci confonde. Piuttosto è la strada che ha preso questo mondo dove la forza sostituisce il dialogo e il pragmatismo è diventato la giustificazione del cinismo. Dov’è nascosta oggi la luce che brilla dentro di noi?

2. Elevare le regole a principi trascendenti crea gabbie invisibili, prigioni mortali. Il perdono non ha regole, le contraddice tutte. Dove si nasconde oggi l’amore, il magma liberante che può sciogliere quelle sbarre?

Dal Salmo 115: 15-16

1. Siate benedetti dal Signore, che ha fatto cielo e terra.

2. I cieli sono i cieli del Signore, ma la terra l'ha data ai figli dell'uomo.



LETTURE BIBLICHE

Giona 3: 10; 4: 1-11
10 Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.

1 Ma Giona ne provò grande dispiacere e ne fu sdegnato. 2 Pregò il Signore: «Signore, non era forse questo che dicevo quand'ero nel mio paese? Per questo motivo mi affrettai a fuggire a Tarsis; perché so che tu sei un Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira, di grande amore e che ti ravvedi riguardo al male minacciato. 3 Or dunque, Signore, toglimi la vita, perché meglio è per me morire che vivere!». 4 Ma il Signore gli rispose: «Ti sembra giusto essere sdegnato così?». 5 Giona allora uscì dalla città e sostò a oriente di essa. Si fece lì una capanna e vi si sedette dentro, all'ombra, in attesa di vedere ciò che sarebbe avvenuto nella città. 6 Allora il Signore Dio fece crescere una pianta di ricino al di sopra di Giona, per fare ombra sulla sua testa e liberarlo dal suo male. Giona provò una grande gioia per quel ricino.

7 Ma il giorno dopo, allo spuntare dell'alba, Dio mandò un verme a rodere la pianta e questa si seccò. 8 Quando il sole si fu alzato, Dio fece soffiare un vento d'oriente, afoso. Il sole colpì la testa di Giona, che si sentì venire meno e chiese di morire, dicendo: «Meglio per me morire che vivere». 9 Dio disse a Giona: «Ti sembra giusto essere così sdegnato per questa pianta di ricino?». Egli rispose: «Sì, è giusto; ne sono sdegnato da morire!». 10 Ma il Signore gli rispose: «Tu hai pietà per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita! 11 E io non dovrei avere pietà di Ninive, quella grande città, nella quale vi sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?».

Un commento (di Walter Primo)
Commentando insieme il libro di Giona nei nostri incontri del gruppo biblico è riemersa qualche considerazione di don Franco sulla figura di questo profeta particolare. Personalmente ho molto apprezzato proposta di leggere un passaggio del suo libro”Stirpe di Giona” al punto tale che avrei ritenuto utile commentarlo con maggiore approfondimento.

Leggere il libro di Giona attrae la nostra attenzione particolarmente oggi ,momento nel quale, nonostante l’assoluta necessità di interpretare i segni del tempo, ci troviamo a dover fare i conti con l’apparente assenza del divino nella nostra storia individuale e sociale: direi addirittura planetaria. E forse è proprio quest’assenza che ci deve al contrario parlare.

Se Franco dice di sentirsi vicino a Giona e scrive (forse provocatoriamente) “il mio nome è Giona” cosa dovremmo dire noi che nella nostra limitata cultura biblica conoscevamo Giona forse solo per l’allegoria della balena? Invece di interrogarci sulla indolenza di questo strano profeta, sulla sua refrattarietà anche noi dovremmo metterci alla ricerca per andare al di là di ciò che appare in superficie. Il Dio biblico che è descritto nel libro di Giona è un Dio imprevedibile sulla base degli schemi umani. Fa sempre qualcosa che sconvolge il nostro rigido senso comune. Anche chi gli si dice “fedele” spesso non riesce a evitare di essere sconcertato dalla maniera in cui la dolorosa realtà sotto i nostri occhi ne rappresenti una manifestazione. Anche la persona di fede è sconcertata dalla sua apparente “assenza”. Ma quella a cui assistiamo è davvero l‘assenza di Dio o chi manca dalla scena siamo in realtà noi?

Cambiando apparentemente discorso,mi torna allla mente una strofa di un canto liturgico degli anni passati: credo si intitolasse “Gesù fratello”. Questa diceva: “Noi ti lodiamo Gesù fratello perché sei grande nel tuo silenzio…”. Noi,ora abbiamo la necessità inderogabile di dar voce nella storia a quella che è la nostra fede. Non dobbiamo uscire dalla città di Ninive, accucciarci all’ombra di qualche ricino e aspettare lo sviluppo degli eventi da lontano.

Anche se il ricino non seccasse noi dovremmo esser lontani dal semplice constatare passivamente la nostra mancanza di energie, tanto fisiche quanto ideative per attraversare una notte che pare essere sempre più lunga e profonda. Giona viene continuamente stimolato da Dio: dobbiamo ritrovare il filo tutte le volte che noi non sappiamo o vogliamo rispondere alle sollecitazioni di Dio.

Temo che il nostro stile di vita moderno, occidentale ci faccia ritenere impossibile da evitare la disillusione, o peggio la rassegnazione intellettuale di chi si sente schiacciato da dinamiche troppo superiori. Invece di iniziare a cercare una pista,una via per uscire dal ventre della balena.

Solo le “comunità” sorte sulle tracce del nazareno o seguendo l’alito biblico credo potranno fare da baluardo contro un capitalismo armato che ogni giorno ruggisce più forte.


LIBERI INTERVENTI


1. Tu sei sovente il Dio che si nasconde e sembra assente. Resta con noi, o Dio di Gesù, nei nostri giorni feriali quando vince la monotonia e prevale la stanchezza; quando la luce dell'evangelo non illumina più la strada, quando il fascino delle cose ci prende e ci domina.

2. Signore, possano le donne e gli uomini riconoscerTi come Dio e vivere al tuo cospetto le gioie, gli affanni e le speranze. Non cerchino in Te il risolutore magico dei loro problemi, ma la forza per affrontarli e per compiere la Tua volontà. (Franco Barbero da “Ultima ruota del carro”)


MEMORIA DELLA CENA
T. Eccoci alla memoria di quella cena che Gesù mangiò, poco prima di essere ucciso, con le sue discepole e i suoi discepoli. Gesù, che non aveva mai vissuto solo per se stesso, prese del pane ne porse a tutti perché mangiassero: “Prendete e mangiatene tutti: la mia vita è stata messa a disposizione . Ogni volta che spezzerete il pane lo farete in mia memoria. Poi prese la coppa del vino: Prendete e bevetene tutti. Questo vino vi ricordi che la fedeltà al Padre e ai fratelli mi ha preso persino il sangue. Fate questo per tenere vivo il ricordo di me”.


PREGHIERA di COMUNIONE


COMUNIONE


PREGHIERE SPONTANEE


BENEDIZIONE FINALE


Signore,
Tu lo sai.
Anche oggi di fronte alle proposte
della Tua parola,
noi cerchiamo di fuggire,
di scusarci.
Deponi la Tua parola
nel più profondo di ciascuno di noi...
perché nessun vento ce la porti via.
(Franco Barbero, da "Ultima ruota del carro")

Per la Comunità Cristiana di Base di Via Città di Gap, 13 – Pinerolo
Walter Primo e Sergio Speziale, 22 giugno 2025

 

QUANDO I FRATELLI SE NE VANNO – 7

Qui puoi sfogliare questo segmento del libro

https://www.sfogliami.it/fl/316195/cekz5d66j11fzgntygfs8c4tz72p3bq

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SECONDA PARTE

 

Alcune annotazioni antropologiche e teologiche

 

Con Roberta e Marco

 

Nei giorni della morte di Linda e Renato sia Roberta che Marco non erano legati all’esperienza di fede.

Renato aveva sempre rispettato questa diversità di Roberta, la sua compagna, senza pressioni di sorta. In questi casi i “non credenti” avevano sempre dimostrato un rispetto profondo della persona credente e dell’esperienza di fede dell’altro o dell’altra.

 

Ebbene, mentre da una parte la comunità cristiana nel suo prendere parte al dolore di Roberta e di Marco non ha inteso “imporre” una riflessione di fede, dall’altra Roberta e Marco hanno voluto essere presenti ed attivi anche nei momenti in cui si faceva un esplicito riferimento all’evangelo, alla preghiera, alla risurrezione. Abbiamo vissuto insieme un farci compagnia, un’esperienza di condivisione, in cui - senza forzature o censure reciproche - ci siamo interrogati insieme, abbiamo messo in comune le lacrime, le angosce, i dubbi e le speranze. Tutto questo, mi sembra, in un rispetto pieno di attenzione a non sovrapporsi alla coscienza altrui, a non “cristianizzare” nessuno, affinché ognuno potesse esprimersi secondo le proprie convinzioni personali e la propria sensibilità. Nessuna mania annessiva da parte della comunità e nessuna preclusione da parte di Roberta e di Marco: probabilmente ci siamo sentiti molto vicini nella piena accettazione delle nostre non irrilevanti diversità. Mi sembra che, con tutti i nostri limiti, abbiamo cercato di vivere questo evento con cuore reciprocamente aperto ed accogliente. Una grande lezione di disponibilità e di fede ci è venuta dai genitori di Linda e Renato che, inseriti in un itinerario di fede più o meno diverso da quello della comunità di base, hanno vissuto con noi momenti di comunicazione affettuosa e di preghiera intensa. Mi sembra che non è trattato soltanto di rispetto reciproco. C’è stato molto di più. Vorrei dire che è stata vissuta una esperienza di comunione senza prevaricazioni e senza livellamenti.

Probabilmente è possibile, in molte situazioni, creare spazi di condivisione, di confronto, di ricerca comune, se si è animati dal desiderio della reciproca accettazione. Allora le diversità non hanno affatto bisogno di essere taciute o sminuite; esse possono essere valorizzate e assunte come positive all’interno di una comunicazione non violenta. Può diventare anche questo un piccolo segno di fraternità e di speranza per il mondo e per la chiesa?

 

Teologie diverse nella stessa chiesa

 

Sulla questione del suffragio oggi nella chiesa cattolica sono presenti almeno tre teologie diverse. È molto positivo che esse si confrontino senza presuntuose e sterili contrapposizioni.

 

-  Una posizione rigidamente dogmatica è quella che, come teologia ufficiale, dominò fino al Concilio Vaticano II e che oggi, probabilmente, non è più maggioritaria, anche se continua ad essere fortemente presente, specialmente nella pratica pastorale. Essa è tipica per la chiarezza e l’organicità: è la gerarchia cattolica che esercita un potere reale, come canale della salvezza, anche

oltre la morte. Si veda il testo di Serafino De Angelis tratto dal Dizionario di Teologia Morale,

diretto dai cardinali F. Roberti e P. Palazzini, editrice Studium, Roma 1968. Si leggano le note

numero 2 e 3 nell’ultima parte di questo capitolo per una documentazione precisa.

 

-  La posizione conciliare è quella espressa dal catechismo degli adulti “Signore, da chi andremo?”, (Edizioni Conferenza Episcopale Italiana, Roma 1981). Essa, senza sconvolgere o intaccare l’impianto teologico tradizionale, dimostra talvolta una maggiore attenzione al dato biblico ed un apprezzabile sobrietà (Si veda la nota 4- terza parte). All’interno di questa posizione - oggi fortemente contrastata dall’attuale dirigenza vaticana - si trovano diversificazioni anche consistenti.

“Noi crediamo che esiste anche un vincolo spirituale con i defunti ancora bisognosi di purificazione, con le nostre preghiere di suffragio e con la nostra continua conversione, noi possiamo aiutarli.

Nel culto dei morti prestato dal popolo a volte intervengono elementi puramente esteriori. Però, non c’è dubbio che nel rapporto dei cristiani con i morti il messaggio della risurrezione occupa la parte essenziale.

Forti di una intimità con Dio e con noi in Cristo, maggiore di quella possibile sulla terra, i morti nell’unità della Chiesa, partecipano alla fatica dei vivi. Sentirli presenti nella fede, fa dunque parte del sentirsi Chiesa. Non per caso ognuna delle quattro Preghiere eucaristiche inserisce il ricordo dei fratelli defunti. Motivo dominante è quello di intercedere per loro, perché siano accolti nel Regno; motivo subordinato è domandare a Dio di “ritrovarci insieme a godere della tua gloria quando, asciugata ogni lacrima, i nostri occhi vedranno il tuo volto e noi saremo simili a te e canteremo per sempre la tua lode, in Cristo, nostro Signore” (Preghiera Eucaristica III).

Questa è la perfetta e universale comunione verso cui la Chiesa pellegrina sulla terra tende incessantemente nella fede e nella speranza. “Quando Dio sarà tutto in tutti (cefr. 1 Cor 15,28)”.

E ancora, nello stesso Catechismo, leggiamo: “....la dottrina cristiana ha incessantemente ritenuto che la purificazione che ci è data nella vita presente non è quasi mai commisurata alla grandezza della futura comunicazione divina. Perciò, nel momento della morte e nella vita dopo la morte, l’uomo deve continuare a ricevere la purificazione che ulteriormente resta da compiere, per poter essere membro di quella Chiesa senza macchia né ruga che Cristo vuole presentare al Padre.

La Chiesa chiama questa purificazione, dopo la morte, purgatorio.

Sulla natura e durata di questa purificazione, si sono sovrapposte le credenze popolari e ideazioni figurative che hanno giocato d’immagine, soprattutto con lo spettacolo di pene terribili. La purificazione dopo l’esistenza terrena non può che essere opera d’amore, da parte di Dio e da parte dell’uomo. Dio, per donarsi all’uomo in maniera totale, rimuove ogni ostacolo per dilatare la capacità di accoglimento dell’uomo.

Sul fondamento biblico, la Chiesa ritiene per fede che esiste tale purificazione (Si veda la nota 5).

Ciò che il magistero autentico ha formulato tuttavia è estremamente sobrio: chi esce dall’esistenza terrena non completamente purificato, deve essere purificato in purgatorio. Inoltre, per lo scambio vitale della comunione dei santi, il singolo fedele, e con maggiore efficacia la comunità, ha un reale potere di intervenire presso Dio a modo di aiuto - di suffragio - a favore dei defunti.

Per questi fratelli, che ancora dopo la morte stanno purificandosi, la Chiesa offre anche i suoi suffragi, data la comunicazione di beni spirituali tra Chiesa peregrinante e Chiesa purgante.

Il purgatorio è assicurazione della dignità dell’uomo, garanzia che nella vita eterna egli non avrà in sé nulla che ne offuschi, benché minimamente, la bellezza e la felicità, perché avrà raggiunto la perfetta innocenza che rende una creatura indicibilmente amabile a Dio sommamente santo. Al tempo stesso è pungolo all’uomo nel suo cammino, a ricercare, come i pellegrini avviati ai santuari, una purificazione che cresca di tappa in tappa, affinché sia manifestato al Padre, con animo confidente, l’amore che Gesù ci ha insegnato e comunicato, e che lo Spirito ravviva con la sua grazia”.

Per quanto l’espressione “sul fondamento biblico” sia per nulla sicura e convincente, qui si constata uno spostamento di accenti che, senza mettere in discussione la costellazione dogmatica e le pratiche liturgiche e devozionali che si sono create nei secoli, potrebbe permettere un ripensamento fecondo.

 

-  La posizione della “radicale gratuità” sottolinea la totale superfluità e inutilità del suffragio in quanto la salvezza sta completamente nelle mani di Dio e la comunità cristiana non ha nessun potere reale di intervenire presso Dio a modo di aiuto - di suffragio - a favore dei defunti. Sia i vivi che i morti hanno bisogno dell’incontro perdonante e purificatore di Dio, ma a noi è chiesto “fidarci” esclusivamente della misericordia di quel Dio che tutti ci avvolge con il suo amore (Si veda la nota 6).

Questa teologia, tipica di molti cattolici di parrocchie e comunità di base e di molti credenti senza chiesa, ha oggi piena legittimità all’interno della chiesa cattolica. Essa si avvale di notevoli apporti delle chiese della Riforma.

Le pagine che precedono hanno evidenziato come questa scelta teologica sia anche la nostra. Si tratta di una posizione in cui la tradizionale costellazione di “purgatorio-suffragio e indulgenze” viene radicalmente ripensata e positivamente superata con una rigorosa riflessione biblica all’interno di una svolta culturale, antropologica ed ecclesiologica.

Il lettore avrà notato come le due liturgie siano impostate in questa prospettiva che rende inutile il suffragio. Diventa, invece, assai importante la preghiera per accogliere il dono che Dio ci fa della ‘bella notizia’ che apre orizzonti nuovi al nostro presente e al futuro. Solo l’ascolto della Parola di Dio e la preghiera aiutano il credente a ‘convertirsi’ alla promessa evangelica, a non disperare di fronte alla sfida della morte propria e altrui. Si tratta di affidare tutto a Dio (in buone mani davvero!) e di aiutare la comunità credente ad abbandonare ogni illusione di potere. Senza contare che il suffragio ha alimentato ed alimenta tutto un ‘giro’ devozionale che permette troppi abusi e parecchio mercato, al punto che qualcuno ha parlato, in linguaggio piuttosto provocatorio, di una ‘industria del suffragio’.

È incoraggiante constatare come molti credenti stiano ponendosi con serietà su questa strada di ricerca e di esperienza (Si veda la nota 7).