Gesù perde le staffe davanti al mercato del tempio
Noi oggi diremmo che lo spirito profetico di Gesù suscitò in lui un moto incontenibile. In qualche modo “perse le staffe” davanti a questa profanazione. In questo egli conosce lo sdegno che troviamo nelle pagine di Isaia, Geremia, Amos e Michea.
Mentre Gesù, nei Vangeli di Marco, Matteo e Luca, accusa di aver fatto della “casa di preghiera” una spelonca di ladri, Giovanni parla di “una casa di commercio”, cioè una bottega.
Oggi come ieri
Storia di ieri e storia di oggi. Accanto alle grandi chiese, ai santuari e alle basiliche, la bottega è il commercio prosperano. Quando si inventa qualche apparizione o si proclamano nuovi santi o sante, ormai esiste già un commercio ben consolidato. I santi e le madonne sono i grandi “bottegai” della chiesa cattolica è procurano sempre un bel giro d’affari... Seguire Gesù vuol anche dire lottare contro i mercanti del tempio, oggi tanto incoraggiati dalle gerarchie vaticane.
Liberazione dal tempio
Ma il redattore del Vangelo di Giovanni non vuole soltanto offrirci un’informazione storica: egli, collocando l’episodio all’inizio del Vangelo, intende conferirgli il significato di “una porta di ingresso”, di “una chiave di lettura” dell’intero evangelo.
Per Giovanni questa è la cacciata dei venditori, è la “purificazione del tempio”, ma ancor più è la liberazione dal tempio. Il tempio, con le sue strutture e le sue gerarchie, con le sue regole e i suoi ritualismi, presume di essere la casa di Dio, il luogo centrale o addirittura esclusivo della fede.
Questo linguaggio, che mette a nudo le perversioni del tempio, che lo desacralizza, non costituisce soltanto una motivata polemica contro le presunzioni e le oggettive ipocrisie delle “strutture religiose”’, ma rappresenta un “manifesto della libertà” dal tempio.
La fede non è perimetrata da qualcuno che “governa” gli spazi del sacro, che stabilisce chi è fuori e chi è dentro. Siamo liberi/e dal tempio e dai suoi funzionari perché la fede è oltre il tempio.
Non è il caso di perdere tempo in sterili polemiche contro “i governatori e i sommi sacerdoti del tempio” e delle chiese, ma, senza escludere nessuno dal dialogo, occorre coltivare un cammino di fede che non accetti le categorie del fuori e del dentro dettate dall'alto, imposte dall'alto.
Il dono della libertà
Proprio mentre mi è arrivato improvviso il provvedimento vaticano, la mia comunità ha ringraziato con me Dio per la libertà che in questi anni ci ha donato e verso la quale ci accompagna ogni giorno.
Sento, al-di-là di ogni diktat vaticano, la gioia di continuare a fare il prete come ho sempre fatto nella celebrazione dell’eucarestia, nella predicazione, nell’amministrazione dei sacramenti. In questi giorni ho constatato che, purtroppo, esiste ancora qualche faraone ecclesiastico che si illude di impedirmi l'esercizio di un ministero che sento “piantato nel mio cuore” come un albero dalle radici profonde. Voci che lascio cadere nel nulla.
La liberazione interiore dal “dominio del sacro” e dal potere paralizzante degli apparati ecclesiastici conferisce alla nostra vita una gioia profonda e alla nostra testimonianza spazi nuovi. Quando l’evangelo libera i nostri cuori, davvero l’unica autorità che conta è la Parola di Dio e l’unico sentiero che ci coinvolge è il dialogo, la solidarietà, la pace.
Lo “spazio di Dio” è davvero altro dai recinti spesso chiusi, dottrinari, monotoni, custoditi dalla casta gerarchica. Il vero “santuario”, ci dice Giovanni, è là dove si fa corpo con Gesù, con la sua strada, con la sua preghiera, con la sua fiducia in Dio, con la sua prassi quotidiana di condivisione.
Questo “santuario” vive un po" ovunque, senza confini, nelle parrocchie, nelle comunità di base, nelle vie del mondo, tra gli scomunicati e i sospettati, tra i gruppi che le gerarchie emarginano...
Gesù proclama questa sovrana libertà e ci libera dalla dipendenza dal sacro oppressivo. Quando sento nella chiesa che qualche gerarca traccia perimetri e confini, oggi serenamente sorrido.
Una strada più impegnativa
Ma questa è una strada insieme liberante ed impegnativa, perché occorre vivere fuori dalle tutele dell’autorità la propria dedizione all’evangelo e le proprie responsabilità. Amo sempre pensare che, come cristiani/e, siamo invitati a vivere sulla soglia, sulla strada, sulla poîta di casa.
Da una parte è fecondo mantenere salde radici nel solco della esperienza ecclesiale, dall'altra il vivere sulla soglia ci permette di ascoltare le voci della strada, di partecipare al “moto della vita"’, di vedere oltre i “sacri recinti”’.
Ringraziamo Dio
C'è davvero di che benedire Dio. Un numero crescente di donne e uomini credenti non ha più bisogno di essere riconosciuto, approvato, autorizzato e benedetto da un’autorità gerarchica. Sa compiere le proprie scelte e assumere le proprie decisioni dentro una reale pratica del dialogo, ma senza più chiedere permesso a poteri sacrali e burocratici. La chiesa è là dove si ascolta la Parola di Dio e ci si muove sulle tracce di Gesù. Nessuna autorità umana può circoscrivere l’azione di Dio nei cuori delle persone.
Il teologo cattolico Eugen Drewermann ce lo ricorda in modo semplice e tagliente: “Sta solo a noi vivere quel poco di verità che sentiamo, pensiamo, conosciamo e di cui, pertanto, siamo pure responsabili. Un singolo essere umano sarà pure fallibilissimo. Eppure merita infinitamente più fiducia di un Magistero che sbaglia tutto già per il fatto che pretende di essere infallibile. Nessuna libertà, finché crede di essere bisognosa di un permesso da parte di una qualche autorità ecclesiastica, può essere considerata reale. Nessuna obbedienza di gruppo... promuove l’umanità “ (La fede inversa, Edizioni La Meridiana, pag. 94).
Forse dobbiamo lavorare e pregare più intensamente perché, anche nelle chiese cristiane, cresca la libertà dei figli e delle figlie di Dio, sapendo che purtroppo “l’istituzione si allontana dalla discrezione di Dio e si arroga un potere che mira a rendere Dio visibile nella sua organizzazione” (Christian Duquoc). Se il cammino da una chiesa dominata da una gerarchia ad una comunità ecclesiale in cui le differenze siano accolte e valorizzate nel dialogo e nel confronto è ancora lungo, è anche vero che esso è inarrestabile ed ha bisogno dell’impegno di ciascuno/a di noi.
Chi sente sopra di sé e dentro di sé il sole della libertà che viene da Dio, chi accoglie la Sua azione trasformatrice, non cerca nessuna benedizione umana e cammina fiducioso sulla strada di Gesù.
Franco Barbero, Savigliano 1969