domenica 12 aprile 2009

INTERVISTA AD UN UOMO CHE MERITA FIDUCIA

Chi è Ivan Scalfarotto?

 

Un uomo politico. Un uomo che fa politica da qualche anno con entusiasmo e spirito di servizio nei confronti della sua comunità nella convinzione che la politica non sia, però,  un mestiere a tempo indeterminato. Credo che se ci fosse un maggior numero di cittadini disponibili a dedicare un tempo della propria vita alla politica, questo migliorerebbe di molto sia la gestione della cosa pubblica che il grado di civismo della nostra comunità nazionale.

 

Per chi non la conosce, quali sono i punti fondamentali della Sua iniziativa politica?

 

Dovessi usare tre parole direi: modernità, laicità, inclusione. E un impegno rigoroso per il rispetto delle regole. Ho vissuto per anni all’estero e ho avuto l’occasione di guardare al mio Paese dalla prospettiva di chi, avendo fatto un passo indietro, può godere di una migliore visione complessiva. Vista da fuori e confrontata con altri paesi, l’Italia ha l’aria di un paese bloccato, sempre arroccato in difesa e rivolto molto più al passato che al futuro. A tutto questo si aggiunge una dose di folklore che la nostra attuale classe dirigente fa di tutto per promuovere e che è devastante per l’immagine dell’Italia sulla scena internazionale.

 

Lei non ha mai fatto mistero del fatto di essere omosessuale. Quanto influisce questo sulla sua visione politica?

 

In qualche modo evidentemente influenza, perché mi trovo a vivere una condizione di cittadino a diritti limitati nel mio stesso Paese pur avendo vissuto in posti, come Londra, dove invece il mio orientamento sessuale non limitava in alcun modo i diritti di cittadinanza miei e della mia famiglia. Detto questo, però, devo dire che la mia aspirazione è quella di affrontare la politica in modo assolutamente non corporativo, senza un approccio “sindacale”, di pura difesa di una categoria. Lotto per i diritti dei gay perché credo che sia giusto, così come lotto per una promozione della condizione femminile in Italia senza essere una donna. Peraltro credo che la promozione dei diritti civili in Italia non sia un problema solo dei gay o delle donne. Vivere in un paese civile e rispettoso, un paese che non discrimina, dovrebbe essere un interesse di tutti e ciascuno dovrebbe essere parte attiva in questo percorso, indipendentemente dal fatto di essere direttamente discriminato oppure no. D’altra parte penso che il fatto di essere gay non limiti la mia sfera d’azione al solo campo dei diritti civili.

 

Come vede i rapporti tra politica e religione?

 

Penso che lo Stato debba sempre legiferare ricordando di essere la casa di tutti, credenti di tutte le confessioni e non credenti. Penso anche che il peso che oggi oggettivamente hanno le indicazioni che giungono da Oltretevere stia portando l’Italia a darsi leggi che non rispecchiano e non interpretano il nostro tempo e i fenomeni sociali che comunque – che alla politica e alla Chiesa piaccia o no – nel Paese esistono e si manifestano. Non legiferare sulle coppie di fatto non cancella l’esistenza di quelle famiglie, e rappresenta allo stesso tempo una sconfitta per la politica che non riesce a regolamentare un’importante fenomeno sociale.  Lo stesso vale per la riproduzione assistita, per il fine vita e per altri essenziali momenti della vita dei cittadini sui quali oggi stiamo dotandoci di strumenti legislativi qualitativamente molto inferiori a quelli assunti in altri Paesi europei o a quelli raccomandati dall’Unione Europea.

 

Lei è uno dei rappresentanti di quelli che sono definiti “i giovani del PD”…

 

Ma guardi, a 43 anni compiuti questa cosa mi fa sorridere: il capo dell’opposizione di Sua Maestà britannica è più giovane di me e il Presidente degli Stati Uniti potrebbe essere mio fratello maggiore.  Questa difficoltà che il Paese ha di dare responsabilità a persone che sono nel pieno della propria maturità personale è uno dei sintomi della difficoltà dell’Italia di tenere il passo con il tempo, di “leggere” le complessità dell’epoca in cui viviamo. E tuttavia non ne farei solo una questione anagrafica: l’Italia è un posto in cui la chiusura è la regola. Siamo il paese con la minore mobilità sociale tra i paesi industrializzati, l’accesso alle professioni è chiuso dagli ordini professionali, il merito non è premiato e il nepotismo non è punito, moltissimo talento viene esportato verso paesi in cui vivere è più facile e desiderabile, mentre pochissimi stranieri vengono a studiare o a specializzarsi in Italia. Il tema del cambiamento va molto al di là del tema generazionale: il modello italiano in questo momento non funziona e avrebbe molto senso provare a ricostruire sulla base di idee innovative e fresche che però faticano enormemente a trovare spazio per esprimersi.

 

Si candiderà alle Elezioni Europee del 7 giugno. Perché votare PD e perché votare Scalfarotto?

 

Io credo che il PD abbia rappresentato e rappresenti tuttora un’occasione storica per creare un partito progressista e moderno sulla base delle grandi culture politiche che ci hanno dato la Costituzione Repubblicana. Abbiamo l’urgenza di cambiare l’Italia e di farne un paese di cui andare orgogliosi: questo può succedere solo creando un credibile progetto di governo e non sostenendo movimenti di protesta o di pura testimonianza che lasciano le cose esattamente nel penoso stato in cui attualmente si trovano. Votare Scalfarotto significa indicare al PD una strada radicalmente innovativa per realizzare le promesse e le aspettative che la nascita del PD aveva creato in milioni di italiani soltanto pochi mesi fa.