sabato 11 gennaio 2014

DOVE REGNA LA SEGREGAZIONE RAZZIALE


L'apartheid è ancora tra noi. A più di vent'anni dalla scarcerazione di Mandela, le forme di segregazione razziale non hanno cessato di esistere. Sicuramente, la situazione del popolo palestinese rappresenta l'esempio più eclatante e duraturo di una popolazione soggetta ad una forma di sistematica discriminazione e oppressione, vittima dell'eterno conflitto con Israele. Ma anche fuori dal Medio Oriente i casi di segregazione razziale non mancano.

 

Myanmar - Secondo l'Associazione per i popoli minacciati (Apm), la situazione in Birmania rimane molto preoccupante e la discriminazione nei confronti della popolazione di fede musulmana è "al limite dell'apartheid". Le minoranze etnico religiose del Myanmar sono numerose e l'integralismo buddista spietato. Al di là del tristemente noto razzismo nei confronti dell'etnia Karen, che niente ha a che vedere con la religione, a Switte, capitale dello stato del Rakhine, i musulmani rohingya sono confinati in un vero e proprio ghetto, recintato da filo spinato e presieduto da milizie buddiste. Non riconosciuti dal governo come cittadini, i rohingya sono esclusi da un regolare accesso al lavoro, dal sistema educativo e da quello sanitario. Secondo il presidente "riformista" Thein Sein, l'unica soluzione al problema è quella di riallocare questi "migranti" in un altro Paese.

 

Bahrein - Nella monarchia del Golfo, la divisione tra i due principali rami dell'Islam - sciita e sumnita - è alla base di numerosi episodi di segregazione. Come in Sudafrica, è la minoranza a discriminare la maggioranza. Gli sciiti (circa il 30% della popolazione), si impongono con leggi xenofobe sui concittadini sumniti (circa il 70%), forti dell'appoggio della famiglia reale di Al Khalifa. In una delle società all'apparenza più aperte ed evolute della penisola araba, gli episodi di violenza nei confronti dei sumniti sono all'ordine del giorno e il regime sciita contribuisce attivamente a fomentare il forte sentimento di odio. Molte zone delle principali città limitano l'accesso agli sciiti e i posti di lavoro, in particolare quella legati alla sicurezza interna ed esterna, sono riservati a questi ultimi.

 

Repubblica Dominicana - Critica è anche la situazione degli haitiani a Santo Domingo. Qui, il diffuso sentimento di "antihaitianismo" si manifesta in severe leggi discriminatorie e frequenti episodi di xenofobia nei confronti degli scampati al terremoto. L'autunno scorso, la Corte costituzionale dominicana ha confermato la legittimità di una norma che ritira la cittadinanza ai numerosi haitiani nati dove il 1929. Alcuni discendono dagli emigranti di inizio secolo, altri da chi fu "importato" per lavorare nei campi. Più di 200mila persone sono state così private dell'accesso ai servizi sanitari e del diritto all'istruzione.

 

Malesia - Nell'arcipelago asiatico, l'art. 53 della Costituzione riserva i diritti di cittadinanza alle etnie "superiori" - tra cui i malay e altre popolazioni indigene - definite bumiputra. Gli altri, come la maggioranza cinese, sono esclusi da una serie di privilegi e diritti speciali in campo economico e scolastico.

(Giulia de Luca Gabrielli, Left 21 dicembre)