lunedì 30 giugno 2014

Francesco e il sogno di finire “prete in una casa di riposo”

CITTA' DEL VATICANO. Poco prima del conclave aveva scelto di ritirarsi da arcivescovo e di andare ad abitare in una stanza all'interno di una casa di riposo sacerdotale di Buenos Aires e da lì lavorare «come prete aiutando le parrocchie». E' quanto spiega Francesco in un intervista concessa ieri al quotidiano spagnolo La Vanguardia. Il Papa che è arrivato a Roma da cardinale un anno e tre mesi fa con un bagaglio leggero perché sicuro del repentino ritorno in diocesi, torna a parlare anche della rinuncia al pontificato di Ratzinger, un gesto, dice, che "ha aperto una porta». Io farò lo stesso che ha fatto lui», e cioè «chiederò al Signore che mi illumini quando arriva il momento e che mi dica ciò che devo fare. Me lo dirà di sicuro»: questo spiega, facendo capire come la strada del ritiro sia per lui una reale possibilità.
Francesco si lascia portare dalle domande rivoltegli dal giornalista Henrique Cymerman, già coinvolto nell'organizzazione della preghiera per la pace di una settimana fa sulla quale «il 99 per cento del Vaticano diceva che non si sarebbe fatta», e apre a pensieri anche intimi. Bergoglio si sente un pastore: «Servire la gente mi viene da dentro, ma mi sento anche Papa»: un Papa che spegne la luce per non sprecare denaro, che giudica «una barbarie» il livello della disoccupazione giovanile e «un peccato di idolatria» il fatto che al centro del sistema economico sia stato messo il denaro, al punto che «si fabbricano e si vendono armi» per «sanare i bilanci delle economie idolatriche». E parla della violenza in nome di Dio, che è «una contraddizione» che «non corrisponde al nostro tempo».
Parole importanti il Papa le dice anche rispetto ai rapporti con gli ebrei: il cristiano che nega le sue radici ebraiche nega Gesù, è in sintesi il concetto espresso. Bergoglio mette nel cassetto ogni sentimento antisemita che in passato ha trovato albergo anche in parte della Chiesa e dice che non è un vero cristiano colui che «non riconosce la sua radice ebraica». Certo, incalza, «è una sfida» (non a caso, fino a sessant'anni fa, la stessa Chiesa pregava per la conversione degli ebrei). Ma oggi «il dialogo interreligioso deve approfondire» il tema della radice ebraica. Parole che ricordano l'esortazione apostolica Evangelii Gaudium dove lo stesso Francesco dice che «la Chiesa si arricchisce quando raccoglie i valori dell'ebraismo».
Bergoglio, ancora, difende Pio XII e parla dell'«orticaria esistenziale» che lo investe quando vede che tutti se la prendono con Pacelli, ma «dimenticano le grandi potenze» che, pur avendo le foto della rete ferroviaria che i nazisti usavano per deportare, «non bombardarono». Condanna l'antisemitismo che «si annida nelle correnti politiche di destra» e spiega che «negare l'olocausto è una pazzia». Ancora, dice di aver rifiutato la papamobile blindata perché non vuole star chiuso in una «scatola di sardine, anche se di cristallo». Boccia i progetti indipendentisti di Catalogna, Scozia e Padania. E afferma che vorrebbe essere ricordato «come un buon uomo, uno che ha fatto quel che ha potuto e che non era poi così male».
Paolo Rodari

(Repubblica 14 giugno)