mercoledì 14 marzo 2018

IN DIALOGO CON AUGUSTO CAVADI

Intanto ringrazio il Prof. Augusto Cavadi per la sua gradita recensione al mio libro “Confessioni di fede di un eretico”. Voglio raccogliere la “provocazione” dei due “macigni” sui quali Cavadi dichiara di essere insoddisfatto di alcune mie riflessioni e mi sollecita a proseguire il confronto.
Gesù è per me, in quanto cristiano, la via? Nessun pensatore mi è più caro di Paul Knitter che, nel suo ultimo dei cinque libri, dopo aver riconosciuto il dono ricevuto dalle altre tradizioni, conclude riconoscendo la sua identità cristiana in questi termini: “Vi sono stati molti casi in cui ho riconosciuto, spesso con grande sollievo, che il Buddismo possa offrire a noi cristiani un'intuizione più profonda, una verità più chiara. E tuttavia, a fine giornata, la casa dove torno è Gesù. Come uno dei miei studenti più espliciti al Seminario dell'Unione ha sparato un giorno in classe: “Be', sembra che tu ami sia Gesù che Buddha. Ma vai a letto con Gesù”. Per quanto scomoda e inappropriata, l'affermazione si avvicina abbastanza alla realtà. Vi è una profondità, qualcosa di speciale, una storia che ho con Gesù che non trovo da nessun'altra parte, che è effettivamente contrassegnata da una certa esclusività, richiesta, e che meglio somiglia all'intimità e all'esclusività che sento per mia moglie” (Paul Knitter – Senza Buddha non potrei essere cristiano pag. 286).
Ho appena terminato all'Unitre di Pinerolo le cinque conversazioni che ho proposto sul pensiero del teologo Paul Knitter. La sua tesi, qui pur espressa in un linguaggio non scientifico, veicola un riferimento che elimina ogni pretesa di esclusività o di qualsivoglia superiorità. Il suo pensiero, abbandonato ogni cristocentrismo, coincide con la mia ricerca degli ultimi cinquant'anni, di realizzare il passaggio dal cristocentrismo al teocentrismo. Non trovo quasi nessun pensatore cristiano che abbia coniugato identità cristiana e pluralismo della reciprocità e dell'accoglienza come Paul Knitter, senza elidere nessuno dei due poli della riflessione teologica.
Io tuttavia mi considero un cristiano che, sulla strada di Gesù, va oltre, secondo la preziosa testimonianza ebraica per cui ogni maestro profetico è il soggetto più stimolante affinché i discepoli vadano oltre. Vero maestro è colui che lavora al suo superamento nel senso che Dio è ancora altro da Gesù e da ogni suo testimone. Dio è ancora altro e oltre ogni tradizione e ogni testimonianza.
La mia permanenza nella tradizione cristiana non deriva da una sentimentale acquiescenza all'eredità ricevuta, ma da una responsabile rielaborazione e da una confermata adesione. Il che non esclude mai, nel percorso della mia vita, un attento confronto e un sincero rispetto delle altre tradizioni.
Da Paul Ricoeur ho appreso, in una sua lucida lezione di molti anni fa, che sarebbe molto difficile per ciascuno di noi rispondere oggi come saremmo situati a livello di fede se fossimo nati in un'altra tradizione e in un altro contesto storico. Rimane l'interrogativo legittimo, ma la mia priorità è di essere fedele alla storicità. Ben sapendo che i percorsi delle persone possono essere molto diversi e tutti ugualmente rispettabili.
In ogni caso nella mia vita, come ho cancellato l'idea che esista nella Bibbia un Testamento superiore all'altro, grazie soprattutto agli studi di Erich Zenger, così penso che il “più” o il “meno”, siano diventati per me codici impropri, dileguati, scomparsi dal mio immaginario. Riconosco solo l'alfabeto delle differenze che ho imparato dagli studi sugli “sguardi di genere” e soprattutto dall'ebraismo.
E arrivo così al secondo “macigno”. Anch'io riconosco che è ingombrante: non posso non condividere le intelligenti e pungenti riflessioni dell'amico Augusto Cavadi. Sento, come lui, in modo struggente questo confliggere della realtà del male con il messaggio del Dio Amore. Qui voglio esprimere due riflessioni che abitano e agitano la mia vita senza trovare una razionale conciliazione, ma accogliendo lo statuto della contraddizione. Quando quarant'anni fa scrissi le pagine “Credere nella contraddizione”, intendevo dire che la contraddizione (e non solo l'imperfezione, l'antinomia) sono l'ontologia della creazione, il suo esistere tra bene e male, tra giustizia e ingiustizia, tra razionalità ed irrazionalità, tra caos e logos, per dirla con Vito Mancuso.
Ne prendo atto e cerco di reggere questo scandalo della realtà creaturale. Nemmeno Gesù, nei suoi numerosi punti di ignoranza (ai quali ho fatto cenno nel mio libro), è andato oltre questa contraddizione, ma ha riposto in Dio la sua fiducia. Gesù, a mio avviso, non ha risolto la contraddizione ma, come Giobbe e Qohelet, l'ha vissuta fino in fondo. Questa è stata la sua creaturalità, pur nella particolarità della sua vocazione. Anche in questo mi sento un ebreo discepolo di Gesù di Nazareth. Secondo il midrash ebraico, penso che anche Dio, dopo la creazione, sia caduto in una “contraddizione... depressione!” e che continui a condividere tutto questo con noi.
In questo cammino, mentre cerco di vivere la mia identità ebraico-cristiana, mi guardo bene dall'appiccicare ad altri nomi, categorie ed appartenenze. Mi piace pensare che ognuno di noi, donne e uomini di tutte le latitudini culturali e spaziali, siamo itineranti verso il mistero di Dio per sentirci abbracciati e per amarlo e adorarlo.

Franco Barbero

14/03/2018