Il
dialogo delle opere e il dialogo dello studio
“Ho
perfino sostenuto che persone provenienti da svariati retroterra
religiosi oggi possono riconoscere che il dialogo delle opere ha una
priorità di praticabilità basata su una consapevolezza ermeneutica
possibile al di là di ogni frontiera religiosa. Se intraprendiamo
questo nostro dialogo seguendo più o meno le linee tracciate finora
in questo capitolo – vale a dire, se una forma di prassi
globalmente responsabile è il “primo passo” quando ci riuniamo –
allora stiamo costruendo il contesto ermeneutico in cui saremo più
capaci di comprenderci vicendevolmente e di condividere le reciproche
esperienze e simboli/storie religiose. Il dialogo, in altre parole,
funzionerà meglio se sarà fondato su e sarà guidato da un
precedente (o perlomeno concomitante) impegno in sforzi comuni per il
conseguimento del ben-essere eco-umano. Così, se i nostri dialoghi
di studio o di esperienze comuni non vengono situati in un dialogo
delle opere, perdono qualcosa che aumenterebbe o potenzierebbe la
loro efficacia. Perciò la prassi comune ha una priorità pratica.
La
priorità che attribuisco al dialogo delle opere non elimina o riduce
la pluralità reale delle varie forme di dialogo. Sebbene una forma
abbia una priorità morale e pratica, tutte le forme sono necessarie
ed interconnesse. E così, proprio come ho insistito nel dire che i
dialoghi di studio o l’esperienza religiosa sono inadeguati se
separati dal dialogo delle opere, devo anche affermare il contrario:
un dialogo delle opere liberatorie che non sia sostenuto e guidato da
un dialogo di studio o di spiritualità alla fine svanirà o si
smarrirà. Essere prioritario non significa essere migliore; essere
più urgente non significa essere più importante.
E
così i diversi membri religiosi di una comunità umana di base, dopo
che o mentre lavorano e si organizzano e lottano insieme, dovranno
anche “svolgere il loro compito di casa”. Dovranno imparare a
vicenda; ciò significa che dovranno studiare i reciproci testi
sacri, ascoltare le reciproche spiegazioni concernenti credenze e
pratiche, ed apprendere anche i reciproci linguaggi. Dico “dovranno”.
Ma quel che è necessario ritengo apparirà naturale. Persone che
lavorano insieme e condividono impegni e ridono e piangono mentre
lottano insieme per conseguire un obiettivo comune, credo desiderino
conoscersi meglio a vicenda. Desidereranno ascoltarsi l’un l’altro,
e saranno capaci di ascoltarsi a vicenda con molto più successo che
se non avessero lavorato congiuntamente. Una prassi comune condurrà
naturalmente, necessariamente, ad uno studio e ad una riflessione
comuni”.
Paul
F. Knitter, Una
terra molte religioni,
Cittadella editrice, Assisi 2000, € 23,00