martedì 13 agosto 2019

MAI L'UNO SENZA L'ALTRO

Il dialogo delle opere e il dialogo dello studio

“Ho perfino sostenuto che persone provenienti da svariati retroterra religiosi oggi possono riconoscere che il dialogo delle opere ha una priorità di praticabilità basata su una consapevolezza ermeneutica possibile al di là di ogni frontiera religiosa. Se intraprendiamo questo nostro dialogo seguendo più o meno le linee tracciate finora in questo capitolo – vale a dire, se una forma di prassi globalmente responsabile è il “primo passo” quando ci riuniamo – allora stiamo costruendo il contesto ermeneutico in cui saremo più capaci di comprenderci vicendevolmente e di condividere le reciproche esperienze e simboli/storie religiose. Il dialogo, in altre parole, funzionerà meglio se sarà fondato su e sarà guidato da un precedente (o perlomeno concomitante) impegno in sforzi comuni per il conseguimento del ben-essere eco-umano. Così, se i nostri dialoghi di studio o di esperienze comuni non vengono situati in un dialogo delle opere, perdono qualcosa che aumenterebbe o potenzierebbe la loro efficacia. Perciò la prassi comune ha una priorità pratica.
La priorità che attribuisco al dialogo delle opere non elimina o riduce la pluralità reale delle varie forme di dialogo. Sebbene una forma abbia una priorità morale e pratica, tutte le forme sono necessarie ed interconnesse. E così, proprio come ho insistito nel dire che i dialoghi di studio o l’esperienza religiosa sono inadeguati se separati dal dialogo delle opere, devo anche affermare il contrario: un dialogo delle opere liberatorie che non sia sostenuto e guidato da un dialogo di studio o di spiritualità alla fine svanirà o si smarrirà. Essere prioritario non significa essere migliore; essere più urgente non significa essere più importante.
E così i diversi membri religiosi di una comunità umana di base, dopo che o mentre lavorano e si organizzano e lottano insieme, dovranno anche “svolgere il loro compito di casa”. Dovranno imparare a vicenda; ciò significa che dovranno studiare i reciproci testi sacri, ascoltare le reciproche spiegazioni concernenti credenze e pratiche, ed apprendere anche i reciproci linguaggi. Dico “dovranno”. Ma quel che è necessario ritengo apparirà naturale. Persone che lavorano insieme e condividono impegni e ridono e piangono mentre lottano insieme per conseguire un obiettivo comune, credo desiderino conoscersi meglio a vicenda. Desidereranno ascoltarsi l’un l’altro, e saranno capaci di ascoltarsi a vicenda con molto più successo che se non avessero lavorato congiuntamente. Una prassi comune condurrà naturalmente, necessariamente, ad uno studio e ad una riflessione comuni”.

Paul F. Knitter, Una terra molte religioni, Cittadella editrice, Assisi 2000, € 23,00