martedì 13 agosto 2019

CARO OCCIDENTE, NON SIAMO LA TUA PATTUMIERA

BANGKOK. Prima o poi doveva succedere e sta succedendo. Un numero crescente di Paesi dell'Asia rispedisce al mittente intere navi cariche di fetida spazzatura, percorrendo all'indietro le rotte oceaniche dei cargo occidentali che portavano ufficialmente materiali ‟riciclabili” per le industrie dei Paesi in via di sviluppo. Ci sono voluti 30 anni per scoprire che la celebre Convenzione di Basilea sul controllo dei rifiuti pericolosi e del loro smaltimento era largamente inapplicata.
   La prima ad accorgersi che molta della plastica era inutilizzabile o contaminata è stata la Cina. Ora che da sola produce abbastanza materie di scarto da rifornire la sua competitiva industria, ha chiuso dal gennaio del 2018 tutti i suoi porti alle navi-monnezza dell'Ovest. È stato giocoforza per i Paesi ‟ricchi”- anche asiatici, come il Giappone - deviare i loro rifiuti verso le acque dei Paesi limitrofi. Ultimamente, però, Stati pur produttivamente ambiziosi come la Thailandia, il Vietnam, la Cambogia, la stessa India dove le città accumulano enormi montagne nauseabonde, hanno annunciato blocchi e leggi restrittive. Ma a fare notizia è stata la ribellione cominciata dalle Filippine, che a maggio ha rispedito ai canadesi - che minacciavano ritorsioni - 69 container con 1500 tonnellate ufficialmente di ‟materie plastiche da riuso”, in realtà imbottiti con sacchetti di cibo avanzato, pannoloni usati eccetera lasciati a marcire sulle banchine per sei lunghi anni. Da quando tre mesi fa la MV Bavaria è salpata da Manila tra il giubilo degli ambientalisti asiatici, i ministri del governo Trudeau - e molti altri tra Europa e America - si sono trovati davanti al problema impellente di riciclarsi i propri rifiuti senza impianti adeguati. Infatti anche la Malesia (che aveva triplicato l'‟import” dal primo semestre del 2018) ha ‟restituito” al Canada parte delle tremila tonnellate giunte con false etichette. Lo stesso ha fatto l’Indonesia e, da ultimo, lo Sri Lanka, che a metà luglio ha annunciato il ritorno al mittente - il Regno Unito - di 130 maleodoranti container fermi nel porto della capitale Colombo con la dicitura ‟materassi, tappeti usati ecc”. In realtà tra materassi (anche imbevuti di sangue) e biancheria sporca c'erano pure ‟rifiuti clinici” degli ospedali, un eufemismo per le parti di cadaveri asportati chirurgicamente.
   Dicono che il risveglio ambientalista dell'Asia sia parte di un fenomeno mondiale che forse imporrà finalmente precise misure di riciclaggio. E che dopo l'estremo Oriente la prossima frontiera ribelle potrebbe essere l'Africa.
Raimondo Bultrini, il Venerdì 9 agosto 2019