LONDRA
- Un dipendente pubblico può essere licenziato se critica la
politica governativa sui social media. Così ha stabilito la Corte
Suprema australiana con una sentenza destinata a fare molto
discutere. Il caso è iniziato nel 2013 quando Michaela Banerji,
un'impiegata del ministero degli Interni, ha espresso su Twitter le
sue riserve sulla politica del governo e nei confronti
dell'immigrazione e in particolare contro la detenzione dei
richiedenti asilo. Pur twitando con uno pseudonimo e nel tempo libero
da un proprio computer, quando è stata scoperta il governo la
licenziata, citando una norma secondo cui i dipendenti pubblici non
possono esprimere posizioni politiche. Lei ha fatto causa per
difendere la libertà di parola, ha vinto in primo grado, perso
l'appello e ora anche la Corte Suprema le ha dato torto, sostenendo
che i dipendenti pubblici devono cercare di evitare conflitti
d’interesse con i datori di lavoro e restare ‟apolitici”.
Lasciando il tribunale in lacrime, la donna ha dichiarato: «Non è
una sconfitta solo per me, è una sconfitta per tutti». La decisione
ha conseguenze per 2 milioni di dipendenti pubblici in Australia.
«Una censura orwelliana», commentano i sindacati.
Enrico
Franceschini, la Repubblica 8 agosto 2019