domenica 28 febbraio 2021

I GIOVANI D'OGGI E I LORO LONTANI PARENTI

 Che rapporto c'è tra la tragicità dei Greci e lo sguardo lucido dei giovani d'oggi?


Risponde Umberto Galimberti
Il Venerdì 30/1

Può bastare la tragicità greca per consentire ai giovani di uscire dal nichilismo, dalla prospettiva della morte, del nulla e della insensatezza irresolubile del vivere? A mio parere l'interiorizzazione della tragicità greca non è di per se  sufficiente. Il mondo si decompone certamente davanti nostri occhi, ma è altrettanto capace di comporsi con abiti impensabili e sempre alla moda.
Se è vero che la prospettiva di un tempo eterno di redenzione ci appare discorso afono, se non trito ricatto di più o meno noti poteri, è altrettanto vero che per tutti e per i giovani in particolare deve essere indicata una ragionevole strada, non certa ma plausibile, di uscita di sicurezza.
Progetto di questo e non di un altro mondo.
E' l'unica prospettiva di serietà, se non di felicità, che comprime effettivamente il passato-futuro in un presente dinamico di serenità.
Angelo Botturi

Mi spiace aver dovuto tagliare la sua lunghissima lettera e soprattutto i riferimenti a Carlo Sini e a Ivan Dionigi, che con il loro insegnamento hanno dato tanto ai giovani, non solo in termini di conoscenze, ma anche di educazione su come condurre la loro esistenza. Per venire alla sua domanda che chiede se può bastare la tragicità greca per offrire ai giovani una via di uscita dalla condizione  nichilista in cui oggi si trovano, perché per il loro futuro non è una promessa, ma qualcosa di imprevedibile e quindi tale da non motivare un sufficiente impegno, se non addirittura, nei casi estremi, una sufficiente ragione per vivere, le dico che tra le due cose non c'è nessuna connessione se non quella di guardare bene in faccia alla realtà che è già un passo avanti rispetto a chi, non accettandola, guarda al futuro, come dicevano i greci con "cieche speranze".
La dimensione tragica dei Greci consiste nel fatto che, a differenza dell'animale, l'uomo per vivere ha bisogno di un senso, quando poi lo attende la morte che è l'implosione di ogni senso.
Per questo a re Mida che chiedeva al satiro Sileno  "Quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l'uomo" il saggio Sileno risponde: "Stirpe miserabile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggioso non sapere.
Il meglio per te è assolutamente irraggiungibile.
Non essere nato, non essere, non essere niente. Ma la seconda cosa migliore per te è morire presto". 
La dimensione tragica dei Greci, come dice Nietzsche non è un genere letterario ma la cifra della grecità perché "i Greci sono l'unico popolo che ha avuto il coraggio di guardare in faccia il dolore". E Jaspers a sua volta dice che neppure Shakespeare è un vero tragico, perché vive ormai nella cultura cristiana, dove il futuro è una promessa di redenzione per la religione, di progresso per la scienza, di giustizia sociale per l'utopia,  di guarigione per la malattia fisica o psichica che sia.
Nietzsche definisce il nichilismo in questi termini: "Manca lo scopo. Manca la risposta al perché? Tutti i valori si svalutano". E chiama il nichilismo "ospite inquietante", a proposito del quale Heidegger scrive: "Nietzsche chiama il nichilismo il più inquietante degli ospiti perché ciò che esso vuole è lo spaesamento come tale.Per questo non serve a niente metterlo alla porta, perché ovunque, già da tempo e in modo invisibile esso si aggira per la casa.
Ciò che occorre e accorgersi di questo ospite e guardarlo bene in faccia".  Tra i giovani che guardano bene in faccia il nichilismo alcuni si rassegnano, altri si attivano, ma senza negare l'atmosfera nichilista del nostro tempo, per non falsificare la realtà e prendere mosse sbagliate a partire da questa falsificazione.
E sotto questo profilo c'è una significativa affinità tra i greci che guardavano in faccia il dolore e i giovani  che guardano in faccia il nichilismo e si attivano senza affidarsi a cieche speranze. La via d'uscita non l'attendono da noi, ma la cercano loro, persuasi come sono che se non altro per ragioni biologiche il futuro è loro.
A noi chiedono solo di non spezzar loro le ali, di non trattare i loro progetti come sogni o vuote utopie, di non proporre a loro unicamente quel sano realismo che prevede come unici scopi della vita la carriera e il denaro.