venerdì 12 marzo 2021

GESÙ E IL "COMPIMENTO" DELLA TORAH

Elena Lea Bartolini De Angeli

 

La riscoperta dell'ebraicità di Gesù di Nazareth da parte cristiana1, e l'attenzione ai Vangeli da parte ebraica – o perlomeno da parte di alcuni ebrei2 – ha portato a rivalutare positivamente il rapporto fra Gesù e la Torah, l'insegnamento divino rivelato al Sinai, che una certa tradizione esegetica vedeva "superata" dalla testimonianza evangelica. In tale contesto emerge il profondo radicamento di Gesù all'interno della tradizione ebraica, della quale osserva i precetti e celebra regolarmente le feste recandosi a Gerusalemme quando previsto, come nel caso della Pasqua (cfr. Mt 26,17-17), ma soprattutto viene in luce quanto il suo modo di insegnare riprenda le dinamiche dei maestri dell'epoca3. Quelli che seguono sono alcuni esempi significativi deducibili dal Vangelo di Matteo.

 

Gesù conferma e compie la Torah
Riguardo l'importanza della rivelazione sinaitica, e dei precetti ad essa collegati, è particolarmente significativo quanto riportato nel capitolo quinto del Vangelo di Matteo:

 

Non pensate che io sia venuto ad abolire (dissolvere) la Torah (Legge) o i Profeti; non sono venuto per abolire (dissolvere) ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure uno iota o un segno della Torah (Legge), senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli (Mt 5,17-19).


Non si tratta pertanto di "abolire" ma semmai di "compiere" che, nella prospettiva ebraica, si colloca nell'orizzonte di una radicalizzazione del precetto secondo gli insegnamenti tradizionali.
Nel trattato 'Avoth della Mishnah, la Torah orale codificata nel secondo secolo dell'era cristiana e quindi coeva ai Vangeli, si precisa quanto segue4:


Mosè ricevette la Torah al Sinai e la trasmise a Giosuè, Giosuè la trasmise agli anziani e gli anziani ai profeti, e i profeti la trasmisero ai membri della Grande Assemblea. Questi ultimi solevano dire tre cose: "Siate cauto nel giudizio, educate molti discepoli e fate una siepe attorno alla Torah".


Fare una "siepe" attorno alla Torah significa radicalizzare i precetti, precisandone le modalità applicative alla luce di eventuali nuovi contesti. Vediamo pertanto come Gesù compie tale operazione utilizzando una tecnica rabbinica tipicamente farisaica: egli infatti non è contro di loro ma semmai contro alcuni loro eccessi, come nel caso della polemica per le spighe raccolte di Sabato (cfr. Mt 12,1-7).

 

Gesù radicalizza i precetti secondo la prassi rabbinica
Dalle fonti rabbiniche emerge che, quando si vuole radicalizzare un precetto, si utilizza solitamente la formula: "è stato detto... ma io vi dico". "E' stato detto...", è un passivo teologico che rimanda al Sinai o comunque alla Torah che la tradizione riconduce al medesimo, e "ma io vi dico..." non è una contrapposizione bensì una estensione nella prospettiva di una radicalizzazione, nel senso di: "è stato detto e, sulla base di questo, io aggiungo...". In questo modo l'insegnamento del maestro si colloca nel solco della tradizione facendo una "siepe" attorno alla Torah affinché possa essere realizzata nella vita in maniera sempre più radicale. Ecco allora che l'espressione di Gesù: "Avete inteso che fu detto... ma io vi dico..." , ricorrente più volte dopo aver ribadito la sua intenzione di non voler abolire la Torah ma di volerla compiere (cfr. Mt 5, 21-47), va intesa nello stesso modo, in quanto è finalizzata ad una perfezione che rimanda all'esortazione alla santità contenuta nel Levitico:


Siate voi dunque perfetti (santi) come è perfetto (santo) il Padre vostro celeste (Mt 5,48),


Sarete santi perché Io, il Signore Dio vostro, sono Santo (Lv 19,2).


Vediamo pertanto una breve sinossi che mostra quanto il modo di insegnare di Gesù testimoniato nel Vangelo di Matteo sia in linea con quello farisaico testimoniato dalla tradizione orale ebraica5:

 

Insegnamenti farisaici testimoniati dalla tradizione orale ebraica 

 Insegnamenti di Gesù testimoniati nel Vangelo di Matteo

"Voi avete udito che agli antichi fu detto: non commettere adulterio. Ma io vi dico che colui il quale guarda nella sua concupiscenza l'estremità del calcagno di una donna, colui è come se avesse fornicato con quella donna".
(Talmud Palestinese, Kallah, V)

"Avete inteso che fu detto: non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha commesso adulterio con lei nel suo cuore".
(Mt 5,27)

 

"Avete udito che 630 comandamenti furono rivelati a Mosè. Io però vi dico: non investigate la Torah, poiché così dice l'Eterno: cercate me e vivrete".
(Talmud Babilonese, Makkot, 24a)

"Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli".
(Mt 7,21)

"Voi sapete che nella Torah è detto: colui che sia colpevole rechi un sacrificio e sarà perdonato. Io però vi dico: Dio dice: il peccatore faccia il bene e sarà perdonato".
(Pesikta de Rav Kahana, 158b)

 

"Il giorno di Kippur6 procura il perdono solo per le trasgressioni commesse tra l'uomo e Dio; per le trasgressioni commesse tra uomo e uomo il giorno di Kippur procura il perdono solo se uno si è prima rappacificato con il suo fratello"
(Mishnah, Jomah VIII,9)

"Ma io vi dico… Se dunque presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono".
(Mt 5,22-24)

 

"I vostri maestri vi hanno enumerato tutti i comandamenti della Torah. Io però vi dico: l'opera dell'amore equivale a tutti i precetti della Torah".
(Tosefta Pe'ah, IV, 19)

"Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge (Torah) ed i Profeti".
(Mt 7,12)

 

Gesù, nella linea dei maestri come Hille, riassume la Torah nel comandamento dell'amore
Come indicato nell'ultimo parallelismo proposto, sia la tradizione rabbinica che Gesù insegnano che l'amore riassume tutti i precetti, è, per così dire, la "regola d'oro" per il credente, già attestata nel Levitico in riferimento all'amore del prossimo (cfr. Lv 19,18).
A tale proposito, il Talmud ha fissato quanto il modo di comportarsi del maestro Hillel, coevo a Gesù, sia sulla stessa linea di quest'ultimo, in quanto noto per la sua accoglienza e misericordia verso tutti a differenza di Shammai noto invece per la sua rigidità7 :


Una volta un pagano andò da Shammaj e gli disse: "Mi converto al giudaismo a condizione che tu mi insegni tutta la Torah mentre io sto su un piede solo".
Con un bastone in mano Shammaj lo cacciò subito.
Il pagano andò da Hillel e di nuovo espresse il suo desiderio: "Mi converto al giudaismo a condizione che tu mi insegni tutta la Torah mentre io sto su un piede solo".
Hillel lo accolse nel giudaismo e lo istruì in questo modo: "Quello che non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri. Questa è tutta la Torah. Il resto è commento. Va e studia!".


Ben si comprende allora perché Gesù, in linea con la tradizione ebraica, sottolinei anche l'importanza del mantenere uniti amore verso Dio e amore verso il prossimo, binomio inscindibile per l'ebreo fin dai tempi antichi, che Gesù mostra di conoscere nel momento in cui viene interpellato da un maestro del suo tempo (cfr. Mt 22,34-39)8.

 

Gesù, coerentemente con la tradizione ebraica, esorta ad essere pronti per il "regno dei cieli"
Se l'amore riassume tutti i precetti, e deve esprimersi sia nei confronti di Dio che del prossimo, è importante anche essere pronti per il "regno dei cieli", cioè per la dimensione escatologica che per l'ebreo significa venuta dei "tempi messianici" secondo la profezia di Isaia (cfr. Is 2,1-5). A tale proposito c'è un interessante parallelismo fra le fonti rabbiniche e il Vangelo di Matteo, dove sia i maestri di Israele che Gesù (cfr. Mt 22,1-14) utilizzano l'immagine del banchetto. Ecco la parabola rabbinica fissatasi nel Talmud9:

Rabbi Eliezer insegnava: "Convertiti un giorno prima della tua morte!".
I suoi discepoli gli domandarono: "Ma si può sapere in che giorno si muore?"
Rabbi Eliezer replicò: "Ragione di più per convertirsi già oggi; poiché si potrebbe morire anche domani. Così si dedica tutta la vita alla conversione. Anche Salomone intendeva questo quando nella sua saggezza diceva: "Siano sempre bianche le tue vesti e al tuo capo non manchi il profumo" (Qo 9,8).


Rabban Jochanan ben Zakkaj applicò a questo una parabola:
Questo è simile a un re che invitò i suoi servi a un banchetto, senza indicare l'ora esatta del convito. I servi prudenti si prepararono subito e attesero all'ingresso del palazzo. Pensavano che nel palazzo reale non mancasse nulla e che la porta potesse aprirsi ogni momento. I servi stolti invece continuarono il loro lavoro. Credevano che per un convito si dovessero prima fare i preparativi e ci fosse ancora tempo all'apertura della porta.
Improvvisamente il re richiese la presenza dei suoi servi. I servi prudenti entrarono con l'abito di gala, i servitori stolti con l'abito sporco.
Il re si rallegrò con i servi prudenti, ma si adirò con i servi stolti. Egli comandò: "Coloro che si sono preparati per il convito, si siedano per mangiare e bere. Quelli invece che non si sono cambiati d'abito per il banchetto stiano in piedi a guardare!"


Ritornando al compimento della Torah secondo le parole di Gesù dalle quali siamo partiti (cfr. Mt 5, 17-19), possiamo dire che, in ultima analisi, esso va inteso in riferimento al mistero pasquale di morte e resurrezione che in lui si realizza. Il suo insegnamento conferma le Scritture e la tradizione del popolo di Israele, mostrando come in lui si realizzano le promesse di Dio.
Sul versante storico siamo invece in attesa del dispiegarsi definitivo della salvezza che in lui si è compiuta, e siamo in attesa della "sua venuta" alla "fine dei tempi". Tale attesa ha una sua significativa relazione con quella del "tempi messianici" tipicamente ebraica: una storia dalla quale scompaiono il dolore, la violenza, il male e la morte come annunciato da Isaia (cfr. Is 2,1-5), a cui faranno seguito la resurrezione dai morti e il "mondo avvenire", cioè la "vita eterna".

 

LE RADICI EBRAICHE DEL "PADRE NOSTRO" CRISTIANO


Sempre nel Vangelo di Matteo (cfr. Mt 6,9-13), possiamo constatare che Gesù insegna ai suoi discepoli a pregare utilizzando formule liturgiche che appartengono alla tradizione del suo popolo10.
Lo schema seguente cerca di mostrare alcuni fra i parallelismi più significativi, tra i quali quelli con il Qaddish, la preghiera per la santificazione del Nome impronunciabile di Dio (JHWH) per rispettarne la trascendenza. Tutte le formule liturgiche ebraiche indicate sono tutt'ora in uso:

"Perché Tu sei nostro Padre…"

 

"Convertici, Padre nostro, alla Tua Torah".

Is 63,16 cf. Dt 32,6

 


Amidah (preghiera delle 18 benedizioni)

 

"Tu sei il Signore nostro Dio che sei in cielo e in terra".

Tefillah (preghiera)
del mattino

Che sei nei cieli

 

"Sia magnificato e santificato il Suo sacro Nome".

 

"Rimani con noi, sia magnificato e santificato il Tuo Nome in terra come viene santificato nel più alto dei cieli".

Qaddish (santificazione del Nome divino)

 


Qedushah (Sezione del Qaddish)

 

Sia santificato il Tuo Nome

 

"Possa stabilire il Suo Regno durante la vostra vita e durante i vostri giorni…".

Qaddish

Venga il Tuo regno

 

"…Come però è la Sua volontà in cielo, così sia fatta".

 

"Il Signore ha dato, il Signore ha tolto…".

"Che la Tua volontà sia di guarirmi, ma se la mia morte è stabilita da Te la accetterò con amore dalle Tue mani".

1Mac 3,60

 

 


Gb 1,21

 

Preghiera in punto di
morte

 

Sia fatta la Tua volontà, come in
cielo così in terra

 

"Non darmi né povertà né ricchezza, ma fammi avere il cibo necessario".

 

"O Dio nostro che stai nei cieli, dacci pane secondo la necessità dei nostri bambini".

Pro 30,8

 

 

 


Selichot (Preghiere penitenziali)

Dacci oggi il nostro pane quotidiano

 

"Perdona l'offesa al tuo prossimo, e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati".

 

"Se tu perdoni al tuo vicino, l'Unico (Dio) perdonerà te, ma se tu non perdoni il vicino, nessuno avrà pietà di te".

Sir 28,2

 

 

 

 

Midrash Tanchuma (commento rabbinico alla Genesi)

 

Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori

"Non abbandonarmi al potere del peccato, né al potere della colpa, né al potere della tentazione, né al potere della vergogna".

 

Talmud Babilonese, Berakhot 60B

 

E non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male

 

 

1 Cfr. Dichiarazione conciliare Nostra aetate n.4 e successivi interventi magisteriali
2 Per esempio: Shalom Ben Chorin, David Flusser, Pinchas Lapide, solo per citare i più noti in Italia.
3 Cfr. al riguardo: PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA, Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana, Libreria Ed. Vaticana, Città del Vaticano 2001.
4 Mishnah, 'Avoth I,1.

5 La maggior parte delle citazioni è ripresa da fonti talmudiche e midrashiche redatte posteriormente alla Mishnah, quindi posteriori anche alla redazione dei Vangeli; tuttavia le medesime riprendono tradizioni orali coeve al periodo di predicazione di Gesù.

6 E' il giorno del perdono, nel quale all'epoca del Tempio si offriva un sacrificio espiatorio per i peccati del popolo.

7 Talmud Babilonese, Shabbath 31a.
8 Per un approfondimento al riguardo si rimanda a: E.L.BARTOLINI, Amore per Dio e amore per il prossimo. Un binomio inscindibile nella tradizione ebraica, in AA. VV., Dio è amore, Paoline, Milano 2006, pp. 11-34.
9 Talmud Babilonese, Shabbath 153a.

10 Per un approfondimento al riguardo si rimanda a: M. BEUX JAGER, Padre Nostro. Una preghiera ebraica, Zamorani, Torino 2012.