lunedì 22 marzo 2021

UNA STRAGE DI CUI NON SI VEDE LA FINE

 Siria, un popolo sparpagliato in 130 Paesi del mondo e chi è rimasto non mangia frutta o carne da mesi


La Repubblica
14 MARZO 2021

Le organizzazioni umanitarie evocano anche oggi i 10 anni dall'inizio della guerra in Siria. Da Damasco, gli  sconvolgimenti e gli sfollamenti, vengono evocati dal WFP (il Programma Alimentare Mondiale), sottolineando come i siriani stiano vivendo le peggiori condizioni umanitarie dall’inizio della crisi. Solo nell’anno scorso - si legge nella nota diffusa - milioni di persone si sono avvicinate ancora di più alla fame. “Questo conflitto - ha detto Sean O’Brien, rappresentante e direttore WFP in Siria - ha avuto un costo tremendo sulla vita della popolazione siriana. Ogni giorno sempre più siriani precipitano nella povertà, le famiglie si trovano a dover fare scelte impossibili: avere cibo sulla tavola o ricevere le cure mediche di cui hanno bisogno, mandare i propri figli a scuola Senza una continua assistenza, queste famiglie, semplicemente, non possono sopravvivere”. Ti senti dire da genitori che non si mangia carne o frutta da mesi.
Lo shock della sterlina siriana. I siriani affrontano molteplici shock, incluso il collasso della sterlina siriana, il suo impatto sul prezzo dei beni di base, le conseguenze della crisi finanziaria in Libano, come anche le correnti ostilità e gli sfollamenti su ampia scala, con il Covid-19 che ha ulteriormente peggiorato la situazione della sicurezza alimentare. I prezzi del cibo sono aumentati di oltre il 200 per cento. Solo nell’ultimo anno, circa 4,5 milioni di persone sono precipitate nella fame e nell’insicurezza alimentare. Una verifica recente del WFP e dei suoi partner ha permesso di conoscere un dato terribile: circa il 60 per cento della popolazione non ha la certezza di nutrirsi regolarmente tutti i giorni, il doppio rispetto al 2018. La verifica ha evidenziato anche che quasi 1 milione e mezzo di persone non potrebbero sopravvivere senza l'assistenza alimentare assicurata dalle organizzazioni umanitarie.
Gli aiuti al gruppo più numeroso di rifugiati al mondo. Negli ultimi dieci anni, il WFP ha fornito, ogni mese, assistenza alimentare a crica 5 milioni di siriani nel paese, usando ogni mezzo disponibile per raggiungere le persone in stato di bisogno. L'Agenzia umanitaria sta, inoltre, fornendo assistenza ad oltre 1,5 milioni di rifugiati siriani nei paesi vicini di Turchia, Libano, Giordania, Iraq ed Egitto che, complessivamente, ospitano oltre 5,6 milioni di siriani. Si  tratta del gruppo più numeroso di rifugiati al mondo.
Sparpagliati in 130 Paesi del mondo. Sono 5.5 milioni i rifugiati siriani in oltre 130 paesi del mondo - segnala un documento dell'UNHCR, l'Agenzia Onu per i profughi. Il 70% di loro vive in condizioni di totale povertà, senza accesso al cibo, all'acqua e ai servizi basilari per la sopravvivenza. I soggetti più vulnerabili sono bambini e i ragazzi, il 45% dei rifugiati ha meno di 18 anni, 1.6 milioni di bambini rifugiati hanno meno di 10 anni, fra questi 1 milione è nato in esilio; un'intera generazione segnata che, oltre a soffrire la fame e il freddo, si vede spesso negato anche il diritto all'istruzione.
Le condizioni di chi è rimasto in Siria. All'interno dei confini siriani, poi, i bisogni umanitari restano enormi: 6.7 milioni gli sfollati interni, metà dei quali sono lontani dalle loro case da più di 5 anni; oltre 13 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria e protezione; 5.9 milioni di persone vivono in condizioni di emergenza abitativa. Drammatica anche la situazione sanitaria: soltanto il 58% degli ospedali e il 53% dei centri medici che svolgono servizi di base sono pienamente funzionanti. E comunque, quasi 9 siriani su 10 vivono sotto la soglia di povertà. UNHCR ribadisce l'urgenza di raccogliere fondi per i suoi interventi a sostegno dei rifugiati siriani. Nel 2020, abbiamo sostenuto quasi 800.000 persone in più attraverso l'assistenza economica diretta, per far fronte ai loro bisogni essenziali, ma serve un'azione decisiva, perché nel 2020 solo il 53% dei bisogni sono stati soddisfatti.

“Nessuna via d’uscita”: il racconto anno per anno con gli operatori di Medici Senza Frontiere

Dopo 10 anni di guerra in Siria circa 13 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria. Edifici e infrastrutture civili, compresi gli ospedali, sono stati attaccati ancora nel 2020. Migliaia di persone sono state uccise o ferite e centinaia di migliaia costrette a lasciare le loro case, facendo conquistare alla Siria il triste primato di paese con la più grande popolazione di sfollati interni al mondo, oltre 6 milioni. Oggi la crisi economica e la pandemia stanno ulteriormente deteriorando la situazione. Medici Senza Frontiere (MSF)dallo scoppio del conflitto opera in Siria direttamente, supportando ospedali e fornendo assistenza nei campi profughi, o da remoto supportando i medici siriani con donazioni di farmaci e consulenze.

2011: le proteste si trasformano in conflitto armato. Nel 2011, un gran numero di siriani scende in piazza per chiedere riforme democratiche. La rivolta si evolve rapidamente e si trasforma in conflitto, i siriani iniziano a lasciare le città per raggiungere zone diverse del Paese o per fuggire nei Paesi limitrofi. MSF inizia l’incessante richiesta di autorizzazione a lavorare nelle zone della Siria controllate dal governo, senza ottenerla, ma riesce a prestare supporto medico in altre aree della Siria. Anche nei Paesi vicini come il Libano e la Giordania, MSF supporta i siriani che necessitano di cure mediche e avvia progetti per i rifugiati in fuga. “Sono stato in Siria nel dicembre 2011 - Ettore Mazzanti, infermiere MSF - a pochi mesi dall’inizio del conflitto nella città di Homs. 
In emergenza ci si ingegna in tutti i modi per salvare vite e una delle cose che più mi è rimasta impressa, è la grande professionalità e creatività dei medici e tecnici che ho incontrato. Solo in Siria ho visto ambulanze a quattro posti e una sala operatoria sotterranea sotto un filare di meli in aperta campagna”.

2012: una guerra vera e propria. Nel 2012, il conflitto si intensifica e si trasforma in una guerra vera e propria, il numero di morti e feriti aumenta drasticamente in tutto il Paese. MSF apre ospedali nel nord della Siria in luoghi non convenzionali, tra cui ville, allevamenti di polli, scuole e scantinati, dopo la distruzione di numerose strutture sanitarie nel corso del conflitto. In questi ospedali, le équipe di MSF forniscono cure mediche di emergenza traumatologiche e chirurgia di guerra. Con l'aumento dei rifugiati siriani nei Paesi limitrofi, MSF amplia le sue attività in luoghi come la valle della Bekaa in Libano e i campi allestiti a Domeez, nel Kurdistan iracheno. “Nel 2012 ho lavorato nel Nord Ovest del paese in una sala operatoria allestita in una vecchia grotta prima usata per la conservazione delle mele sulle pendici di un colle - dice Paul McMaster, chirurgo di MSF  - l’abbiamo deumidificata e abbiamo creato una piccola area di triage di emergenza; in una tenda gonfiabile c’era la sala operatoria. Il luogo era pulito, sterile e c’era tutto il necessario anche per l’anestesia". .

2013: i bisogni dei siriani aumentano. Nel 2013, i siriani sono esposti non solo a livelli elevati di violenza, ma anche alle conseguenze di un sistema sanitario deteriorato. Con l’intensificarsi dei combattimenti nel Sud della Siria, MSF avvia un programma di chirurgia d’urgenza a Ramtha, nel Nord della Giordania, vicino al confine siriano, per assistere i feriti. Continua l’esodo di centinaia di migliaia di siriani e le nazioni vicine devono far fronte a un afflusso continuo di rifugiati. Alla fine del 2013, circa 1,5 milioni di siriani sono rifugiati. “Lavorare in Siria nel 2013 è stata una delle esperienze più intense durante questi anni di lavoro umanitario - dice Silvia Dallatomasina, medico chirurgo di MSF - avevamo installato un ospedale proprio vicino alla linea del fronte. Non dimenticherò mai la sofferenza della popolazione civile durante i bombardamenti e il numero di feriti che abbiamo assistito: intere famiglie, donne, bambini. Quello di MSF era anche l'unico ospedale che assisteva le donne durante il parto in una situazione dove anche il diritto a partorire in modo sicuro era negato"

2014: gli scontri mortali si intensificano. Nel 2014 la guerra diventa sempre più sanguinosa. Secondo una stima dell'ONU, le persone sfollate internamente sono 6,5 milioni, mentre quelle fuggite dalla Siria sono più di 3 milioni. La violenza, l'insicurezza, l'inasprimento degli assedi, l'aumento dei bombardamenti e gli attacchi alle strutture e agli operatori sanitari sono alcune delle sfide affrontate dalle équipe di MSF. A seguito del rapimento di 5 operatori, MSF interrompe le attività nelle zone controllate dal gruppo dello Stato Islamico e ritira il personale internazionale dal nord-ovest della Siria, ma ciò non limita la presenza in altre zone.

2015: aumentano enormemente gli sfollati. Nel 2015, il numero dei rifugiati siriani fuggiti dal Paese verso gli stati confinanti supera la soglia dei 4 milioni. A migliaia tentano la pericolosa traversata del Mediterraneo, mentre altri sei milioni di persone sono sfollate all’interno della Siria. Il conflitto ha causato la più grande crisi di sfollati dalla Seconda guerra mondiale. MSF aumenta le attività nel paese e avvia operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Il 2015 è caratterizzato da una violenza estrema e sono numerose le segnalazioni di attacchi chimici. Almeno 1,5 milioni di persone rimangono intrappolate in aree assediate senza accesso ad aiuti umanitari, assistenza sanitaria o evacuazione medica.

2016: una popolazione intrappolata. Nel 2016 continuano le tattiche di assedio, aumentano gli attacchi e i bombardamenti intensificati rendono ancora più grave la crisi umanitaria all’interno del Paese. L’accesso al cibo e ai servizi sanitari è estremamente difficile per molte persone, specialmente per quelle che vivono in luoghi sotto assedio. A dicembre il governo siriano riprende Aleppo Est, il luogo dove si commette ogni sorta di atrocità: è guerra d’assedio. Vengono distrutti ospedali, ci sono bombardamenti indiscriminati e un totale disprezzo delle regole della guerra. MSF supporta 8 ospedali di Aleppo Est, tutti colpiti dalle bombe. Nel 2016, 32 strutture mediche supportate da MSF sono state bombardate in 71 diverse occasioni. Nel frattempo, più Paesi confinanti con la Siria hanno chiuso i confini ai rifugiati.

2017: una corsa al territorio. Dopo un’importante offensiva militare su Raqqa, il gruppo dello stato islamico perde il controllo su vaste aree nel nord-est a favore delle forze democratiche siriane sostenute dagli Stati Uniti. A seguito dell’intensa offensiva, MSF cura centinaia di feriti di guerra e di persone ferite gravemente da trappole esplosive e da ordigni inesplosi lasciate nelle case distrutte. Nel frattempo, nel sud del paese, il governo siriano inizia a riconquistare territori nelle province di Dara', Quneitra e Suwayda. Questi mutamenti nelle dinamiche e nell’equilibrio di potere provocano l’interruzione delle attività di MSF in alcune aree. Sono 11 le strutture mediche supportate da MSF e colpite da bombe o proiettili in 12 attacchi mirati o indiscriminati.

2018: ondate di sfollati e ritorno. Gli intensi combattimenti danno origine a nuove ondate di sfollati a nord-ovest della Siria. Nel frattempo, nel Nord-Est, la gente sta facendo ritorno in città distrutte o piene di trappole esplosive e mine antipersona. Tra febbraio e aprile a Ghouta Est, nella periferia di Damasco, avviene uno dei bombardamenti più pesanti dall’inizio della guerra. Molte strutture sanitarie vengono colpite e circa 2.000 persone rimangono uccise durante l’offensiva, che si conclude con il controllo del sobborgo da parte del governo siriano. In molti luoghi, come Dar'a, Ghouta Est, Hama e Homs, MSF non è più in grado di continuare a lavorare, ma aumenta l’assistenza medica nel nord del Paese. “Autunno 2017 e ancora primavera 2018: colpi di pistola, esplosioni, mine - dice Simone Del Curto, anestesista di MSF - ricordo in particolare una ragazza di 20 anni, trasportata da Raqqa, ferita all’addome, al torace, incinta di sette mesi. Il bimbo morto per lo scoppio. Le abbiamo effettuato un taglio cesareo, un intervento addominale e un intervento toracico. La sua degenza è stata lunga, come erano lunghi i giorni dei combattimenti trascorsi a curare i feriti. ‘Potrò avere un figlio?’, la sua domanda, la sua speranza, la stessa di una Siria che nonostante tutto voleva ricominciare a vivere”.

2019: operazioni militari nel Nord. Nel 2019 il conflitto prosegue, interessando principalmente il nord della Siria. Centinaia di migliaia di persone sono sfollate a seguito di un’offensiva lanciata dalle forze governative siriane e dai loro alleati, in particolare la Russia, nella provincia di Idlib, l’ultima roccaforte dell’opposizione. La maggior parte dei nuovi sfollati si dirige verso zone dove non sono disponibili acqua potabile o cure mediche. Nel nord-est della Siria, MSF intensifica le attività mentre al campo di Al-Hol sopraggiunge un rapido afflusso di oltre 60.000 sfollati, la maggior parte dei quali proveniente dalle ultime roccaforti del gruppo IS del governatorato di Deir Ez-Zor. Nello stesso anno, l’esercito turco, assieme ai gruppi armati alleati di opposizione siriana, lancia l'operazione "Sorgente di pace", che mira a liberare le unità di protezione del popolo curdo da una striscia di terra lunga 30 km e larga 440 km lungo il confine turco. “A Sud della Siria, MSF non aveva accesso per motivi di sicurezza - ricorda Andrea Scali, capo progetto di MSF - tra il 2018 e il 2019 gestivamo il progetto da remoto, dalla vicina Giordania. Direttamente in contatto con tre ospedali, fornivamo aiuti logistici, finanziari e consulenze in telemedicina. La cosa più difficile è stata fare i conti con la nostra impotenza"

2020: offensiva militare, crisi economica e pandemia globale. Il 2020 inizia con la prosecuzione di una grande offensiva militare nel nord-ovest del Paese, che provoca lo sfollamento di circa 1 milione di persone. La pandemia di Covid-19 peggiora ulteriormente la situazione sanitaria già precaria. La malattia raggiunge Idlib, con la conferma del primo caso il 9 luglio. I primi casi di Covid-19 si verificano tra i medici accrescendo la preoccupazione dal momento che anche prima della pandemia le risorse erano già limitate. Nel frattempo, la crisi economica prosegue e la svalutazione senza precedenti della sterlina siriana si traduce nell'incapacità di accedere a beni di prima necessità come alloggio, cibo e assistenza sanitaria. I rifugiati in alcuni Paesi limitrofi vengono a loro volta colpiti dalla crisi economica nei Paesi ospitanti, come in Libano. Dopo nove anni di guerra, il sistema sanitario siriano è distrutto.

Marzo 2021. Un decennio dopo, il conflitto in Siria non è finito e la popolazione continua a soffrire. Attualmente, quasi 12 milioni di siriani, metà della popolazione prebellica, sono sfollati all’interno o fuori dai confini della Siria. Circa 5,6 milioni di rifugiati sono sparsi in tutto il mondo, la maggioranza dei quali in Turchia, Libano, Giordania, Iraq ed Egitto. Più di 6 milioni di persone (il numero più alto del mondo) sono sfollate internamente al paese, e la maggior parte di loro vive in condizioni precarie.