Siria, un popolo sparpagliato in 130 Paesi del mondo e chi è rimasto non mangia frutta o carne da mesi
La Repubblica
14 MARZO 2021
Le
organizzazioni umanitarie evocano anche oggi i 10 anni dall'inizio
della guerra in Siria. Da Damasco, gli sconvolgimenti e gli
sfollamenti, vengono evocati dal WFP (il Programma Alimentare Mondiale),
sottolineando come i siriani stiano vivendo le peggiori condizioni
umanitarie dall’inizio della crisi. Solo nell’anno scorso - si legge
nella nota diffusa - milioni di persone si sono avvicinate ancora di più
alla fame. “Questo conflitto - ha detto Sean O’Brien, rappresentante e
direttore WFP in Siria - ha avuto un costo tremendo sulla vita della
popolazione siriana. Ogni giorno sempre più siriani precipitano nella
povertà, le famiglie si trovano a dover fare scelte impossibili: avere
cibo sulla tavola o ricevere le cure mediche di cui hanno bisogno,
mandare i propri figli a scuola Senza una continua assistenza, queste
famiglie, semplicemente, non possono sopravvivere”. Ti senti dire da
genitori che non si mangia carne o frutta da mesi.
Lo
shock della sterlina siriana. I siriani affrontano molteplici shock,
incluso il collasso della sterlina siriana, il suo impatto sul prezzo
dei beni di base, le conseguenze della crisi finanziaria in Libano, come
anche le correnti ostilità e gli sfollamenti su ampia scala, con il
Covid-19 che ha ulteriormente peggiorato la situazione della sicurezza
alimentare. I prezzi del cibo sono aumentati di oltre il 200 per cento.
Solo nell’ultimo anno, circa 4,5 milioni di persone sono precipitate
nella fame e nell’insicurezza alimentare. Una verifica recente del WFP e
dei suoi partner ha permesso di conoscere un dato terribile: circa il
60 per cento della popolazione non ha la certezza di nutrirsi
regolarmente tutti i giorni, il doppio rispetto al 2018. La verifica ha
evidenziato anche che quasi 1 milione e mezzo di persone non potrebbero
sopravvivere senza l'assistenza alimentare assicurata dalle
organizzazioni umanitarie.
Gli aiuti al
gruppo più numeroso di rifugiati al mondo. Negli ultimi dieci anni, il
WFP ha fornito, ogni mese, assistenza alimentare a crica 5 milioni di
siriani nel paese, usando ogni mezzo disponibile per raggiungere le
persone in stato di bisogno. L'Agenzia umanitaria sta, inoltre, fornendo
assistenza ad oltre 1,5 milioni di rifugiati siriani nei paesi vicini di
Turchia, Libano, Giordania, Iraq ed Egitto che, complessivamente,
ospitano oltre 5,6 milioni di siriani. Si tratta del gruppo più
numeroso di rifugiati al mondo.
Sparpagliati
in 130 Paesi del mondo. Sono 5.5 milioni i rifugiati siriani in oltre
130 paesi del mondo - segnala un documento dell'UNHCR, l'Agenzia Onu per
i profughi. Il 70% di loro vive in condizioni di totale povertà, senza
accesso al cibo, all'acqua e ai servizi basilari per la sopravvivenza. I
soggetti più vulnerabili sono bambini e i ragazzi, il 45% dei rifugiati
ha meno di 18 anni, 1.6 milioni di bambini rifugiati hanno meno di 10
anni, fra questi 1 milione è nato in esilio; un'intera generazione
segnata che, oltre a soffrire la fame e il freddo, si vede spesso negato
anche il diritto all'istruzione.
Le
condizioni di chi è rimasto in Siria. All'interno dei confini siriani,
poi, i bisogni umanitari restano enormi: 6.7 milioni gli sfollati
interni, metà dei quali sono lontani dalle loro case da più di 5 anni;
oltre 13 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria e
protezione; 5.9 milioni di persone vivono in condizioni di emergenza
abitativa. Drammatica anche la situazione sanitaria: soltanto il 58%
degli ospedali e il 53% dei centri medici che svolgono servizi di base
sono pienamente funzionanti. E comunque, quasi 9 siriani su 10 vivono
sotto la soglia di povertà. UNHCR ribadisce l'urgenza di raccogliere
fondi per i suoi interventi a sostegno dei rifugiati siriani. Nel 2020,
abbiamo sostenuto quasi 800.000 persone in più attraverso l'assistenza
economica diretta, per far fronte ai loro bisogni essenziali, ma serve
un'azione decisiva, perché nel 2020 solo il 53% dei bisogni sono stati
soddisfatti.
“Nessuna via d’uscita”: il racconto anno per anno con gli operatori di Medici Senza Frontiere
Dopo
10 anni di guerra in Siria circa 13 milioni di persone hanno bisogno di
assistenza umanitaria. Edifici e infrastrutture civili, compresi gli
ospedali, sono stati attaccati ancora nel 2020. Migliaia di persone sono
state uccise o ferite e centinaia di migliaia costrette a lasciare le
loro case, facendo conquistare alla Siria il triste primato di paese con
la più grande popolazione di sfollati interni al mondo, oltre 6
milioni. Oggi la crisi economica e la pandemia stanno ulteriormente
deteriorando la situazione. Medici Senza Frontiere (MSF)dallo scoppio
del conflitto opera in Siria direttamente, supportando ospedali e
fornendo assistenza nei campi profughi, o da remoto supportando i medici
siriani con donazioni di farmaci e consulenze.
2011:
le proteste si trasformano in conflitto armato. Nel 2011, un gran
numero di siriani scende in piazza per chiedere riforme democratiche. La
rivolta si evolve rapidamente e si trasforma in conflitto, i siriani
iniziano a lasciare le città per raggiungere zone diverse del Paese o
per fuggire nei Paesi limitrofi. MSF inizia l’incessante richiesta di
autorizzazione a lavorare nelle zone della Siria controllate dal
governo, senza ottenerla, ma riesce a prestare supporto medico in altre
aree della Siria. Anche nei Paesi vicini come il Libano e la Giordania,
MSF supporta i siriani che necessitano di cure mediche e avvia progetti
per i rifugiati in fuga. “Sono stato in Siria nel dicembre 2011 - Ettore
Mazzanti, infermiere MSF - a pochi mesi dall’inizio del conflitto nella
città di Homs.
In emergenza ci si ingegna in tutti i modi per salvare
vite e una delle cose che più mi è rimasta impressa, è la grande
professionalità e creatività dei medici e tecnici che ho incontrato.
Solo in Siria ho visto ambulanze a quattro posti e una sala operatoria
sotterranea sotto un filare di meli in aperta campagna”.
2012:
una guerra vera e propria. Nel 2012, il conflitto si intensifica e si
trasforma in una guerra vera e propria, il numero di morti e feriti
aumenta drasticamente in tutto il Paese. MSF apre ospedali nel nord
della Siria in luoghi non convenzionali, tra cui ville, allevamenti di
polli, scuole e scantinati, dopo la distruzione di numerose strutture
sanitarie nel corso del conflitto. In questi ospedali, le équipe di MSF
forniscono cure mediche di emergenza traumatologiche e chirurgia di
guerra. Con l'aumento dei rifugiati siriani nei Paesi limitrofi, MSF
amplia le sue attività in luoghi come la valle della Bekaa in Libano e i
campi allestiti a Domeez, nel Kurdistan iracheno. “Nel 2012 ho lavorato
nel Nord Ovest del paese in una sala operatoria allestita in una
vecchia grotta prima usata per la conservazione delle mele sulle pendici
di un colle - dice Paul McMaster, chirurgo di MSF - l’abbiamo
deumidificata e abbiamo creato una piccola area di triage di emergenza;
in una tenda gonfiabile c’era la sala operatoria. Il luogo era pulito,
sterile e c’era tutto il necessario anche per l’anestesia". .
2013:
i bisogni dei siriani aumentano. Nel 2013, i siriani sono esposti non
solo a livelli elevati di violenza, ma anche alle conseguenze di un
sistema sanitario deteriorato. Con l’intensificarsi dei combattimenti
nel Sud della Siria, MSF avvia un programma di chirurgia d’urgenza a
Ramtha, nel Nord della Giordania, vicino al confine siriano, per
assistere i feriti. Continua l’esodo di centinaia di migliaia di siriani
e le nazioni vicine devono far fronte a un afflusso continuo di
rifugiati. Alla fine del 2013, circa 1,5 milioni di siriani sono
rifugiati. “Lavorare in Siria nel 2013 è stata una delle esperienze più
intense durante questi anni di lavoro umanitario - dice Silvia
Dallatomasina, medico chirurgo di MSF - avevamo installato un ospedale
proprio vicino alla linea del fronte. Non dimenticherò mai la sofferenza
della popolazione civile durante i bombardamenti e il numero di feriti
che abbiamo assistito: intere famiglie, donne, bambini. Quello di MSF
era anche l'unico ospedale che assisteva le donne durante il parto in
una situazione dove anche il diritto a partorire in modo sicuro era
negato"
2014:
gli scontri mortali si intensificano. Nel 2014 la guerra diventa sempre
più sanguinosa. Secondo una stima dell'ONU, le persone sfollate
internamente sono 6,5 milioni, mentre quelle fuggite dalla Siria sono
più di 3 milioni. La violenza, l'insicurezza, l'inasprimento degli
assedi, l'aumento dei bombardamenti e gli attacchi alle strutture e agli
operatori sanitari sono alcune delle sfide affrontate dalle équipe di
MSF. A seguito del rapimento di 5 operatori, MSF interrompe le attività
nelle zone controllate dal gruppo dello Stato Islamico e ritira il
personale internazionale dal nord-ovest della Siria, ma ciò non limita
la presenza in altre zone.
2015:
aumentano enormemente gli sfollati. Nel 2015, il numero dei rifugiati
siriani fuggiti dal Paese verso gli stati confinanti supera la soglia
dei 4 milioni. A migliaia tentano la pericolosa traversata del
Mediterraneo, mentre altri sei milioni di persone sono sfollate
all’interno della Siria. Il conflitto ha causato la più grande crisi di
sfollati dalla Seconda guerra mondiale. MSF aumenta le attività nel
paese e avvia operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Il 2015
è caratterizzato da una violenza estrema e sono numerose le
segnalazioni di attacchi chimici. Almeno 1,5 milioni di persone
rimangono intrappolate in aree assediate senza accesso ad aiuti
umanitari, assistenza sanitaria o evacuazione medica.
2016:
una popolazione intrappolata. Nel 2016 continuano le tattiche di
assedio, aumentano gli attacchi e i bombardamenti intensificati rendono
ancora più grave la crisi umanitaria all’interno del Paese. L’accesso al
cibo e ai servizi sanitari è estremamente difficile per molte persone,
specialmente per quelle che vivono in luoghi sotto assedio. A dicembre
il governo siriano riprende Aleppo Est, il luogo dove si commette ogni
sorta di atrocità: è guerra d’assedio. Vengono distrutti ospedali, ci
sono bombardamenti indiscriminati e un totale disprezzo delle regole
della guerra. MSF supporta 8 ospedali di Aleppo Est, tutti colpiti dalle
bombe. Nel 2016, 32 strutture mediche supportate da MSF sono state
bombardate in 71 diverse occasioni. Nel frattempo, più Paesi confinanti
con la Siria hanno chiuso i confini ai rifugiati.
2017:
una corsa al territorio. Dopo un’importante offensiva militare su
Raqqa, il gruppo dello stato islamico perde il controllo su vaste aree
nel nord-est a favore delle forze democratiche siriane sostenute dagli
Stati Uniti. A seguito dell’intensa offensiva, MSF cura centinaia di
feriti di guerra e di persone ferite gravemente da trappole esplosive e
da ordigni inesplosi lasciate nelle case distrutte. Nel frattempo, nel
sud del paese, il governo siriano inizia a riconquistare territori nelle
province di Dara', Quneitra e Suwayda. Questi mutamenti nelle dinamiche
e nell’equilibrio di potere provocano l’interruzione delle attività di
MSF in alcune aree. Sono 11 le strutture mediche supportate da MSF e
colpite da bombe o proiettili in 12 attacchi mirati o indiscriminati.
2018:
ondate di sfollati e ritorno. Gli intensi combattimenti danno origine a
nuove ondate di sfollati a nord-ovest della Siria. Nel frattempo, nel
Nord-Est, la gente sta facendo ritorno in città distrutte o piene di
trappole esplosive e mine antipersona. Tra febbraio e aprile a Ghouta
Est, nella periferia di Damasco, avviene uno dei bombardamenti più
pesanti dall’inizio della guerra. Molte strutture sanitarie vengono
colpite e circa 2.000 persone rimangono uccise durante l’offensiva, che
si conclude con il controllo del sobborgo da parte del governo siriano.
In molti luoghi, come Dar'a, Ghouta Est, Hama e Homs, MSF non è più in
grado di continuare a lavorare, ma aumenta l’assistenza medica nel nord
del Paese. “Autunno 2017 e ancora primavera 2018: colpi di pistola,
esplosioni, mine - dice Simone Del Curto, anestesista di MSF - ricordo
in particolare una ragazza di 20 anni, trasportata da Raqqa, ferita
all’addome, al torace, incinta di sette mesi. Il bimbo morto per lo
scoppio. Le abbiamo effettuato un taglio cesareo, un intervento
addominale e un intervento toracico. La sua degenza è stata lunga, come
erano lunghi i giorni dei combattimenti trascorsi a curare i feriti.
‘Potrò avere un figlio?’, la sua domanda, la sua speranza, la stessa di
una Siria che nonostante tutto voleva ricominciare a vivere”.
2019:
operazioni militari nel Nord. Nel 2019 il conflitto prosegue,
interessando principalmente il nord della Siria. Centinaia di migliaia
di persone sono sfollate a seguito di un’offensiva lanciata dalle forze
governative siriane e dai loro alleati, in particolare la Russia, nella
provincia di Idlib, l’ultima roccaforte dell’opposizione. La maggior
parte dei nuovi sfollati si dirige verso zone dove non sono disponibili
acqua potabile o cure mediche. Nel nord-est della Siria, MSF intensifica
le attività mentre al campo di Al-Hol sopraggiunge un rapido afflusso
di oltre 60.000 sfollati, la maggior parte dei quali proveniente dalle
ultime roccaforti del gruppo IS del governatorato di Deir Ez-Zor. Nello
stesso anno, l’esercito turco, assieme ai gruppi armati alleati di
opposizione siriana, lancia l'operazione "Sorgente di pace", che mira a
liberare le unità di protezione del popolo curdo da una striscia di
terra lunga 30 km e larga 440 km lungo il confine turco. “A Sud della
Siria, MSF non aveva accesso per motivi di sicurezza - ricorda Andrea
Scali, capo progetto di MSF - tra il 2018 e il 2019 gestivamo il
progetto da remoto, dalla vicina Giordania. Direttamente in contatto con
tre ospedali, fornivamo aiuti logistici, finanziari e consulenze in
telemedicina. La cosa più difficile è stata fare i conti con la nostra
impotenza"
2020:
offensiva militare, crisi economica e pandemia globale. Il 2020 inizia
con la prosecuzione di una grande offensiva militare nel nord-ovest del
Paese, che provoca lo sfollamento di circa 1 milione di persone. La
pandemia di Covid-19 peggiora ulteriormente la situazione sanitaria già
precaria. La malattia raggiunge Idlib, con la conferma del primo caso il
9 luglio. I primi casi di Covid-19 si verificano tra i medici
accrescendo la preoccupazione dal momento che anche prima della pandemia
le risorse erano già limitate. Nel frattempo, la crisi economica
prosegue e la svalutazione senza precedenti della sterlina siriana si
traduce nell'incapacità di accedere a beni di prima necessità come
alloggio, cibo e assistenza sanitaria. I rifugiati in alcuni Paesi
limitrofi vengono a loro volta colpiti dalla crisi economica nei Paesi
ospitanti, come in Libano. Dopo nove anni di guerra, il sistema
sanitario siriano è distrutto.
Marzo
2021. Un decennio dopo, il conflitto in Siria non è finito e la
popolazione continua a soffrire. Attualmente, quasi 12 milioni di
siriani, metà della popolazione prebellica, sono sfollati all’interno o
fuori dai confini della Siria. Circa 5,6 milioni di rifugiati sono
sparsi in tutto il mondo, la maggioranza dei quali in Turchia, Libano,
Giordania, Iraq ed Egitto. Più di 6 milioni di persone (il numero più
alto del mondo) sono sfollate internamente al paese, e la maggior parte
di loro vive in condizioni precarie.