mercoledì 26 maggio 2021

COMMENTO ALLA LETTURA BIBLICA DI DOMENICA 30 MAGGIO 2021

GUARDARE AVANTI COME FACEVA GESU'

Matteo 28,16-20
16 Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. 17 Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. 18 E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. 19 Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, 20 insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». 

La storia di questo testo
Questi cinque versetti che concludono il Vangelo di Matteo sembrano scolpiti sulla pietra. Essi, per la loro perentorietà e per la loro enfasi, spesso hanno prestato il fianco ad interpretazioni trionfalistiche. Questa pagina fu usata per legittimare la "missione" in tutto il mondo come progetto risalente a Gesù. Una lettura istituzionale ed arrogante ne fece quasi un manifesto per "la conversione del mondo". Ma queste righe sono totalmente prodotto della comunità e del redattore del Vangelo di Matteo. Esse non furono mai pronunciate da Gesù, completamente estraneo ad una visione di "evangelizzazione universale" con i colori del trionfalismo.
L'evangelista coniò queste versetti enfatici per esortare la sua comunità a guardare avanti, nonostante la scarsità dei risultati e le enormi difficoltà della testimonianza.
Questo brano, dunque, è una pagina esortativa che l'evangelista scrive e, per dare forza al suo messaggio, mette sulla bocca di Gesù. 
Quando dal piccolo gruppo dal quale proviene il Vangelo di Matteo si passò alla grande chiesa dei secoli successivi, questi versetti furono usati per autorizzare la conquista cristiana del mondo. Anzi, essi legittimarono la teoria della esclusione dalla salvezza di quanti non accogliessero la predicazione 
cristiana e soprattutto non si lasciassero inglobare nella istituzione ecclesiastica: un delirio mille miglia lontano dal pensiero del profeta di Nazareth.
Il sogno di cristianizzare tutto il mondo costituì nei secoli la più seducente tentazione della grande chiesa. Si noti che tutto veniva messo sul conto di Gesù, facendo di lui il fondatore e il timoniere del transatlantico 
ecclesiastico.
Vi parrà strana questa mia insistenza sulla  necessità di interpretare storicamente i brani biblici, ma, senza questo lavoro rigoroso, si tradisce il messaggio biblico e si cade nella prigione dogmatica.

NESSUNA TRIADE DIVINA

Questi versetti, attraverso un altro travisamento gerarchico, 
 non a caso sono riportati nella liturgia cattolica di oggi come prova biblica del dogma della Trinità che fu stabilito nel Concilio di Costantinopoli nel 381. Ovviamente, come molti esegeti e teologi hanno ampiamente dimostrato, nella Bibbia non c'è traccia alcuna di una dottrina trinitaria. I testi che vengono citati a riprova sono letti in chiave dogmatica. Il tema trinitario è stato al centro di parecchi scritti della mia giovinezza (" Il vento di Dio", "L'ultima ruota del carro"…..) in cui ho fornito una dettagliata bibliografia di oltre 300 studi, facendo riferimento alle ricerche di Schillebeekx, Kung, Vigil, Johnson…. 
Non si tratta di testi che definiscono Dio, ma di un linguaggio simbolico che si prefigge di illustrare l'azione con cui Dio si rende presente alle Sue creature.
Il catechismo cattolico ufficiale, dal paragrafo 232, parla dell'essere trinitario di Dio come se le avessero fatto la fotografia. Si tratta di umorismo catechistico che da secoli i 
teologi hanno demolito, ma che la gerarchia non ha il coraggio di depennare.

UNA POSSIBILE LETTURA SIMBOLICA 
Se si esce da una lettura dogmatica e fondamentalista che fa di Dio tre persone uguali e distinte, è possibile valorizzare il simbolo trinitario. Il Dio biblico non è solipsista, chiuso nella sua torre d'avorio. E' un Dio che suscita amore e scatena la vita. Questo è, nel linguaggio del tempo, il significato dell'immagine del Padre. Anche la metafora del "figlio di Dio" è estremamente significativa. Questo Gesù, chiamato figlio di Dio, porta un titolo che indica la sua funzione di profeta e testimone di Dio. Tale titolo non allude mai nei due Testamenti biblici ad una natura divina (sul piano ontologico).
Non meno efficace è la metafora del "vento-spirito" per dirci che Dio non è lontano, ma è presenza e forza che ci spinge verso il bene. 
Letto in chiave simbolica, il linguaggio trinitario non compromette la fede in un solo Dio, ma ce lo fa conoscere nel Suo amoroso agire verso le creature. L'unico Dio, quello che Gesù adorava e pregava, viene presentato a noi come un Dio vivo che accompagna i nostri passi. Egli in Gesù ci indica il sentiero e nello "Spirito Santo" ci garantisce il Suo soffio, la Sua vicinanza che ci sospinge a percorrere il cammino della fede.

UN'OTTICA DIVERSA
Non si tratta allora di una "fotografia di Dio", di una matematica teologica. Si tratta invece di una ambigua formulazione antica della fede che, letta in chiave simbolica, può ancora parlare ai nostri cuori. Anche noi, come il gruppo di Matteo, abbiamo bisogno di ripeterci ogni giorno che Dio è amore (=Padre), che non ci lascia brancolare nel buio( ecco Gesù come via, come direzione di marcia) e ancora ci spinge perché riusciamo a camminare secondo il Vangelo assecondando il Suo soffio vitale ( ecco la metafora dello Spirito santo).
Ma è ovvio che ogni cristiano è tenuto a credere a Dio e al Suo amore, ma le formule teologiche possono cambiare con il tempo e non sono vincolanti. Posso benissimo credere in Dio ed essere un discepolo/a di Gesù anche senza sentirmi vincolato alla dottrina trinitaria. Le dottrine teologiche non sono la fede, ma dei modi provvisori per esprimerla. Farne degli idoli dogmatici è una deviazione pericolosa.

SONO CON VOI TUTTI I GIORNI....
La comunità di Matteo mette sulla bocca di Gesù un caldo invito ad avere fiducia. Per l'evangelista la fiducia riposta in Gesù aiutava la comunità a fare come il nazareno, a comportarsi come lui, a fare completo affidamento in Dio. Questo è il messaggio:
anziché imprigionarsi nella nostalgia o rinchiudersi nel piccolo gruppo, la testimonianza della nostra fede ci spinge a guardare
le strade del mondo non da una finestra protetta, ma ad entrare
nel cammino comune e accidentato di questa umanità.
Il messaggio di Gesù resta con noi solo se lo incarniamo dalla parte precisa  dei più deboli. Poco si può fare; ma quel poco ognuno/a di noi è chiamato a farlo. Altrimenti facciamo tanta dottrina cristiana senza vita cristiana.