sabato 5 giugno 2021

 La storia di un libro


Valerio Gigante, su  Adista numero 20, nella accurata recensione del mio libro "Senza chiedere permesso", ha citato proprio in questi giorni un mio scritto di venti anni fa che portava lo stesso titolo e mi suscitò non pochi guai e richiami.

Quel lungo scritto molto articolato e pubblicato in "Quaderni di Viottoli", concludeva le mie riflessioni con una proposta ed una esortazione:


"Aavanti senza bussare, avanti senza bussare.

Perché le nostre strade diventino comunicanti occorre, a mio avviso, evitare una trappola. Occorre evitare di chiedere permesso, di chiedere l'autorizzazione e la benedizione alla "chiesa del bussate e vi sarà chiuso".

Finché gay e lesbiche, divorziati/e, separati/e, conviventi, oppure preti che incontrano un amore continueranno a chiedere il permesso di vivere le proprie esperienze alla chiesa-gerarchia, forse non nascerà molto di nuovo.

Continuare a bussare alla porta della chiesa-gerarchia per chiedere di entrare e per ottenere almeno un posticino all'ombra ad occhi bassi e tenendo il fiato per non disturbare nessuno, significa bussare alla porta sbagliata e compiere un'operazione da schiavi/e.

In tal caso, continuando a chiedere il patentino alle gerarchie, siamo noi che non abbiamo liberato la nostra coscienza e, anziché praticare un dignitoso confronto, ricadiamo nella grave malattia dell'obbedienza ecclesiastica a qualunque prezzo.

La porta della chiesa cristiana è aperta da Dio, come ci ha insegnato Gesù: "Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto" (Matteo 7,7-8).

Se vogliamo usare questa metafora della porta, dobbiamo ricordarci che l'unica porta alla quale i credenti devono bussare è la porta di Dio".


Dal febbraio 2001 ho continuato a cantare questa canzone e oggi il coro si è arricchito di molte voci.

Franco Barbero