mercoledì 29 settembre 2021

               I Giusti dell'islam

"Quello che non si sa è che tra le migliaia di nomi censiti in modo rigoroso e riconosciuti con una cerimonia pubblica a Yad Vashem, figurano anche quelli di settanta musulmani.
Persone che - in nome di valori islamici – si diedero da fare per salvare la vita ad alcuni ebrei durante la persecuzione nazista. Con questo loro gesto hanno ricordato che la frase del Tałmud: «Chi salva una vita salva il mondo intero», compare anche nel Corano. Oggi, però, sono i più dimenticati tra i Giusti, perché politicamente scorretti sia per tanti ebrei sia per tanti arabi. Sono infatti un invito ad andare oltre le generalizzazioni facili nella percezione dell'altro e delle sue aspirazioni. Alcuni anni fa Giorgio Bernardelli, per conto del PIME, ha pubblicato un testo dove racconta la storia di loro.
Sono sessantatrè gli islamici albanesi che hanno salvato numerosi ebrei, ospitandoli nelle loro case in Albania; nel 1943 furono le stesse autorità che non consegnarono le liste degli ebrei ai nazisti. «La grande maggioranza di coloro che ospitarono gli ebrei in Albania lo fece con la convinzione, che per un buon musulmano fosse un dovere assistere e salvare coloro che avevano cercato rifugio nel loro Paese, perché ingiustamente perseguitati». Anche in Bosnia ci furono islamici che salvarono la vita di ebrei, come Zejneba Hardaga insieme al marito Mustafa, a Sarajevo, che abitando proprio di fronte al quartier generale della Gestapo avvisavano gli ebrei ogni volta che uscivano le camionette per una retata. Gli Hardaga fecero di più, infatti aprirono anche le porte di casa all'ebreo Yossef Kabilio, dicendogli: «Voi siete nostri fratelli. Questa è casa vostra». Oppure la storia del Console turco a Rodi, Selahattin Ulkumen, che nel 1944 grazie a uno stratagemma riuscì a salvare 42 famiglie ebree. Il Console pagò a caro prezzo il suo atto di coraggio: i tedeschi, accortisi di essere stati presi in giro, bombardarono la sua casa, ferendo gravemente la moglie, la quale in seguito alle ferite morì.
Insomma, musulmani che in nome della loro fede e della loro umanità che dalla fede scaturisce non si sono voltati dall'altra parte quando hanno visto il dolore, non sono stati indifferenti a quanto succedeva a ebrei riconosciuti e presi in carico nella loro sofferenza. Musulmani capaci di quella «banalità del bene» che racconta, in modo esemplare e oltre ogni stereotipo, quanto ogni fede sappia custodire, nonostante le contraddizioni storiche e le smentite di tanti, il senso di buono e di vero a custodia dell'umano di tutti".

Daniele Rocchetti, Servizio della parola n°529, pag 148