lunedì 18 ottobre 2021

AVVIATO IL SINODO DELLE GRANDI SPERANZE

Luigi Sandri, vaticanista

L'Adige.

È partita un’iniziativa-chiave del pontificato in atto che, se fiorirà, determinerà una svolta profonda nella strutturazione storica della Chiesa cattolica romana: l’avvio virtuale dell’Assemblea generale del Sinodo dei vescovi che si celebrerà, in realtà, nel 2023, ma che in questi due anni di preparazione dovrebbe arricchirsi degli apporti dell’intero “popolo di Dio” per affrontare le sfide dell’evangelizzazione all’alba del XXI secolo.

Senza entrare nel dettaglio del “che fare?”, Francesco ha indicato alcune prospettive di fondo: “Fare Sinodo – ha detto, parlando ieri nella basilica vaticana – è scoprire con stupore che lo Spirito Santo soffia in modo sempre sorprendente, per suggerire percorsi e linguaggi nuovi. È un esercizio lento, forse faticoso, per imparare ad ascoltarci a vicenda, tutti i battezzati, evitando risposte artificiali e superficiali… Papa, vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi, sorelle e fratelli laici, noi, comunità cristiana, siamo disposti all’avventura del cammino o, timorosi delle incognite, preferiamo rifugiarci nelle scuse del ‘non serve’ o del ‘si è sempre fatto così’?”.

Per ottenere tale risultato, Bergoglio ha cambiato profondamente l’architettura del prossimo Sinodo, dedicato proprio a definire l’identikit stesso di tale Assemblea (germinalmente creata da Paolo VI nel 1965, nel clima del Concilio Vaticano II): da domenica prossima, i vescovi di tutto il mondo dovranno organizzare le rispettive diocesi in modo da ascoltare i loro fedeli, anche quelli che non frequentano molto le parrocchie, per sentire i loro “desiderata”.
 Questo ascolto durerà sei mesi: dopo di che ogni Conferenza episcopale farà una sintesi delle varie proposte. Poi, a livello continentale, le Conferenze faranno la sintesi dei loro contributi. Infine, nell’ottobre del ’23 si celebrerà a Roma il Sinodo vero e proprio.
Dunque ci si aspetta che, dalla base ai vertici (semplice gente battezzata, diaconi, presbìteri, vescovi), arrivino le proposte che infine il Sinodo finale vaglierà. In questa procedura, per ora, non è affatto chiaro se, tra due anni, anche le donne potranno o no votare; in altre parole, se, accanto ai “padri”, ci saranno anche le “madri”. Nel Sinodo sull’Amazzonia del 2018 il papa aveva rifiutato di far votare le donne sul documento finale che raccoglieva le “raccomandazioni” dell’Assemblea. 

Già l’altro giorno, sempre prospettando il prossimo appuntamento, il pontefice aveva precisato: “Ribadisco che il Sinodo non è un parlamento, o un’indagine sulle opinioni; esso è un momento ecclesiale, e il protagonista del Sinodo è lo Spirito Santo”. E poi: “Siamo costretti a registrare il disagio e la sofferenza di tanti operatori pastorali, degli organismi di partecipazione delle diocesi e delle parrocchie, delle donne che spesso sono ancora ai margini». 

La parola, ora, alle diocesi cattoliche del mondo: esse – circa tremila – potranno svuotare o, invece, inverare, il sogno di Francesco. Vietate le furbizie per mantenere uno status quo non oltre tollerabile.