domenica 5 giugno 2022

La Terza Guerra mondiale in pezzi

MALI

Il 5 aprile Human Rights Watch ha denunciato il massacro di almeno 300 civili a Moura. Secondo l'ong, la strage è stata perpetrata dall'esercito maliano supportato dai mercenari russi della Wagner, legati a doppio filo al regime di Putin. Vittima la comunità nomade peul, accusata di sostenere la milizia islamista radicale Gsim (Gruppo di sostegno all'Islam e ai musulmani). Il governo del Mali rivendica i successi della sua guerra ai gruppi islamisti, ma secondo Amnesty International le vittime sono per lo più civili, mentre il Gsim piazza duri colpi contro l'esercito. La situazione nel Paese africano è grave dal 2012, dopo il colpo di Stato e l'avanzata del Movimento Nazionale di Liberazione dell'Azwad e degli islamisti. Nel 2013 venne chiesto l'intervento militare della Francia, con l'Opération Serval, supportata dalla comunità internazionale, ma finita nel 2014 con pochi risultati. Questa guerra spiega molto della situazione di tanti Paesi in Africa. «Nella lotta al terrorismo, usare solo l'opzione militare, senza lavorare a quelle radici che lo alimentano, non basta, anzi, produce danni», commenta Mario Raffaelli, per anni presidente dell'ong Amref. «Le situazioni di povertà e le fratture sociali finiscono per diventare i bacini dove i fondamentalisti vanno ad alimentare le loro fila. Senza una mediazione politica e un intervento economico massiccio, non si uscirà da questa situazione». Quando invece la società civile «è adeguatamente supportata, com'è accaduto in Kenya e in Mozambico, trova le risorse per impedire che tutto precipiti».

ETIOPIA

Il conflitto scoppiato tra le forze governative e i ribelli del Fronte popolare per la liberazione del Tigrai-Tplf è iniziato nel 2020, quando è stato rifiutato il programma di riforme del presidente Ahmed. Il Tigrai, la regione più settentrionale dell'Etiopia, è insorto e Addis Abeba ha lanciato un'operazione militare contro i ribelli. Un fiasco totale che ha portato le forze tigrine ad arrivare a pochi chilometri dalla capitale, che non è caduta solo per l'arrivo di armamenti sofisticati dagli Emirati Arabi Uniti, dalla Cina, dall'Iran e dalla Turchia, insieme al personale in grado di gestirli. Tutti Paesi timorosi di un possibile rovesciamento del governo, visti i legami economici che intrattengono con Addis Abeba. L'uso indiscriminato dei droni da parte dell'aviazione etiope ha permesso di contrastare facilmente le forze del Tplf, ma ha provocato anche stragi civili: dall'inizio di quest'anno sono almeno 108 le vittime innocenti. Un rapporto di Amnesty International ha denunciato le violenze.

Christian Elia MILLENNIUM maggio 2022