venerdì 22 luglio 2022

 SEMPRE PIÙ FUORI DAL REALE

Il mondo odierno è molto povero di sguardo e di voce. Esso non ci guarda, né si rivolge a noi. Perde qualsiasi alterità. Lo schermo digitale che definisce la nostra esperienza del mondo ci protegge dalla realtà. Il mondo diventa irreale, viene derealizzato e disincarnato. L’ego che va potenziandosi non si lascia più toccare dall’Altro: si limita a specchiarsi sul dorso delle cose.

   Il fatto che l'Altro scompaia è davvero un evento tragico. Eppure si compie in maniera così impercettibile che non ne siamo nemmeno consci. L'Altro come mistero, l’Altro come sguardo, l’Altro come voce scompare. Privato della propria alterità, l'Altro si degrada al livello di oggetto disponibile, da consumare La scomparsa dell'Altro riguarda anche il mondo delle cose, che smarriscono il proprio peso specifico, la propria vita, la propria cocciutaggine.

   Se il mondo è unicamente costituito da oggetti disponibili e consumabili, non possiamo entrarvi in relazione. Non è neppure possibile instaurare una relazione con le informazioni. Ogni relazione presuppone un interlocutore autonomo, una reciprocità, un tu. Quando parla il tu, non ha un qualcosa, non ha nulla. Ma è in relazione». Un oggetto disponibile e consumabile non un tu, bensì un Es. La mancanza di relazione e di legame provoca una crescente povertà di mondo. Basta il diluvio di oggetti digitali a innescare una perdita di mondo. Lo schermo è assai povero di mondo e realtà.

   Senza un interlocutore, senza un tu non facciamo che girare intorno a noi stessi. La depressione è povertà di mondo a livelli patologici, e la digitalizzazione contribuisce a diffonderla. Le infosfere acuiscono la nostra autoreferenzialità. Sottomettiamo ogni cosa, ai nostri bisogni. Ma basterebbe una rianimazione dell'Altro per liberarci da questa povertà di mondo.

Byung Chul Han, “Le non cose”, ed. Einaudi, 2022, pp. 67-68