SEMPRE PIÙ FUORI DAL REALE
Il
mondo odierno è molto povero di sguardo e di voce. Esso non ci
guarda, né si rivolge a noi. Perde qualsiasi alterità. Lo schermo
digitale che definisce la nostra esperienza del mondo ci protegge dalla realtà.
Il mondo diventa irreale, viene derealizzato e disincarnato. L’ego che va
potenziandosi non si lascia più toccare dall’Altro: si limita a specchiarsi sul
dorso delle cose.
Il fatto che l'Altro scompaia è
davvero un evento tragico. Eppure si compie in maniera così impercettibile che
non ne siamo nemmeno consci. L'Altro come mistero, l’Altro come sguardo, l’Altro
come voce scompare. Privato della propria alterità, l'Altro si degrada al livello
di oggetto disponibile, da consumare La scomparsa dell'Altro riguarda anche il
mondo delle cose, che smarriscono il proprio peso specifico, la propria vita,
la propria cocciutaggine.
Se il mondo è unicamente costituito da
oggetti disponibili e consumabili, non possiamo entrarvi in relazione.
Non è neppure possibile instaurare una relazione con le informazioni.
Ogni relazione presuppone un interlocutore autonomo, una reciprocità,
un tu. Quando parla il tu, non ha un qualcosa, non ha nulla. Ma è in relazione».
Un oggetto disponibile e consumabile non un tu, bensì un Es. La mancanza di
relazione e di legame provoca una crescente povertà di mondo. Basta il diluvio di
oggetti digitali a innescare una perdita di mondo. Lo schermo è assai povero di
mondo e realtà.
Senza un interlocutore, senza un tu
non facciamo che girare intorno a noi stessi. La depressione è povertà di mondo
a livelli patologici, e la digitalizzazione contribuisce a diffonderla. Le
infosfere acuiscono la nostra autoreferenzialità. Sottomettiamo ogni cosa, ai
nostri bisogni. Ma basterebbe una rianimazione dell'Altro per liberarci
da questa povertà di mondo.
Byung Chul Han, “Le
non cose”, ed. Einaudi, 2022, pp. 67-68