lunedì 8 gennaio 2007

CARRIERA DI UN ARCIVESCOVO

“Il capo della chiesa cattolica polacca era una spia comunista”: questa in buona sostanza è la notizia che il 5 e il 6 gennaio ha fatto il giro del mondo. Il vaticano ha cercato di mettere il silenziatore alla libera circolazione di questa notizia.

La Repubblica di domenica 7 gennaio commenta così:

“Questa domenica sarà il giorno più lungo della Chiesa polacca, la sua prova più difficile dalla fine del comunismo. Tra polemiche, contestazioni e dubbi monsignor Stanislaw Wielgus - il presule che ha confessato il suo passato di informatore della polizia segreta del vecchio regime - s’insedierà quale nuovo arcivescovo di Varsavia, con la tradizionale cerimonia dell’Ingresso solenne nella cattedrale. Il fedeli e la società intera sono divisi.

Per la prima volta in diciassette anni di libertà, la Polonia orfana di papa Wojtyla fa i conti con i compromessi nascosti tra un mondo religioso e la dittatura della guerra fredda. ‘E’ la crisi più grave per la Chiesa polacca’, scrive nell’editoriale di prima pagina persino Dziennik, quotidiano conservatore. Le opposizioni liberaldemocratica e postcomunista, l’opinione pubblica, i media progressisti, non solo soli nei loro dubbi. Il dolore è diffuso.

Per la prima volta la nomina di un nuovo vescovo della capitale non sarà semplice gioia nella fede. ‘E’ un momento drammatico per l’arcidiocesi di Varsavia, e non solo per lui’, dice un influente cattolico democratico, l’avvocato Wieslaw Chrzanowski, ‘e i prossimi mesi e forse anni saranno difficile per lui e per i fedeli’ ”.

Tutti giochi sembravano fatti. La bolla ufficiale del papa era stata letta: “Roma ha parlato: ogni discussione è finita”. Invece, un po’ per ragioni politiche e un po’ per l’opposizione di molti fedeli che hanno visto come imperdonabile ambiguità questa nomina ad arcivescovo di una spia del passato regime, il vaticano si è visto costretto a far marcia indietro, ad esigere le dimissioni dell’arcivescovo Wielgus.

Vorrei proporre tre riflessioni.

1) Tutto sommato, questo arcivescovo è la figura che esce più dignitosamente dalla scena. Ha riconosciuto i suoi errori pubblicamente e si mette da parte. In questo momento lo percepisco come uno “dalla parte dei vinti”.

2) Ma chi esce a pezzi da questa triste vicenda è il papa Benedetto XVI. Dettagliatamente informato, pur in presenza di una consistente resistenza di molti vescovi polacchi, ha voluto testardamente decidere questa nomina da solo. Ha dovuto rimangiarsi la decisone nel giro di pochi giorni.

Siamo in presenza di vertici vaticani in totale confusione. Un papa, che deve fare e comunicare quattro diverse versioni dell’infausto discorso di Ratisbona, non è certo un esempio di chiarezza. Ma, in questo caso, proprio il papa successore di Wojtyla dimostra una ignoranza della realtà politica, culturale ed ecclesiale della Polonia inescusabile perché poteva avvalersi di consiglieri bene informati.

Davvero Benedetto XVI non ne azzecca una. Prigioniero dei suoi miti (la sacralità della famiglia) e delle sue ossessioni (la sessualità e il relativismo), vive tra mitrie, madonne, sacri paramenti, polsini d’oro, incensi e liturgie solenni... ma resta chiuso nella sua torre, non capito soprattutto nella sua chiesa. Per moltissimi fedeli è sempre di più un estraneo e lontano gerarca, una statua di ghiaccio, un disco che ripete sempre le stesse parole.

Ebbene, quest’uomo dal sorriso spento, mi fa persino tenerezza. Forse presto troverà il coraggio di fare come monsignor Wielgus, di rassegnare le dimissioni a tornare ai suoi studi? Penso che potrebbe essere capace di farlo per il bene della chiesa.

3) Ma tutta questa vicenda riapre una porta di speranza nelle chiese locali diocesane. D’ora in poi possono tornare in vigore la responsabilità e la libertà dei credenti di rifiutare un vescovo che sia ritenuto inidoneo al ministero. Anzi, questo evento può esprimere l’esigenza che i ministri non vengano imposto dall’esterno, ma scelti in accordo con la chiesa locale e poi, successivamente, dalla stessa chiesa locale. Su questa possibilità occorre riflettere ed agire a partire dalle singole comunità.

Insomma avevano ragione gli antichi: la storia insegna. A noi tocca saperne raccogliere le lezioni.

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