Siamo davvero malmessi - tanto per cominciare con una nota di allegria - se persino Repubblica, un quotidiano di qualità, domenica 8 luglio a pagina11 comincia con due erroracci di latino: un "at" al posto di un "ad" e un "effendetur" al posto di un "effundetur", con altrettante traduzioni errate nelle righe sottostanti. Questo mi rimanda ai tempi lontani in cui usavo la matita rosso-blu.
Sul motu proprio del papa ho già scritto e tornerò più diffusamente. Ma qui voglio esprimere una riflessione diversa e più preoccupata.
Il papa, forte di un consenso enorme ai vertici e alla base, va per la sua strada. Non stupiscono più di tanto nè le decisioni di papa Ratzinger nè la grande galassia dei cattolici tradizionalisti e dei loro alleati.
Tutto questo è risaputo e i singoli documenti pontifici sono legati da un profondo filo conduttore comune: promuovere la chiesa cattolica come unità governata centralmente da Roma, sotto la guida di una autorità sacra e compatta.
Dove sta, a mio avviso, il vero problema? Anche coloro che non condividono tutta questa operazione di restaurazione, alla fine concludono: "obbediremo al papa per il bene comune della chiesa".
Ecco dove sta la inguaribile patologia cattolica, il vero problema. Esiste una incapacità radicale di disobbedire con una coscienza serena e motivata.
Non si è in grado di sottrarsi all'ideologia dell'ubbidienza ecclesiastica senza sensi di colpa. Troppo "capaci di obbedienza", molti cattolici democratici che in questi giorni hanno avanzato le loro riserve, non arrivano ad una tranquilla disobbedienza.
A mio avviso, non è solo una particolare e ben nota teologia della cosiddetta comunione ecclesiale a comandare queste obbedienze.
E' determinante una educazione alla minorità nella chiesa per cui, chi per un verso chi per un altro, convergono tutti nell'obbedienza o entusiasta o sofferta, ma comunque accettata e praticata.
Una famiglia di obbedienti è strutturalmente malata e non educa alla libertà. Quando impareremo che si può amare la propria chiesa anche senza obbedire al papa?
Forse c'è dell'altro che è peggio. Qualcuno ha paura di uscire dai ranghi e di perdere il riconoscimento ufficiale?
Sul motu proprio del papa ho già scritto e tornerò più diffusamente. Ma qui voglio esprimere una riflessione diversa e più preoccupata.
Il papa, forte di un consenso enorme ai vertici e alla base, va per la sua strada. Non stupiscono più di tanto nè le decisioni di papa Ratzinger nè la grande galassia dei cattolici tradizionalisti e dei loro alleati.
Tutto questo è risaputo e i singoli documenti pontifici sono legati da un profondo filo conduttore comune: promuovere la chiesa cattolica come unità governata centralmente da Roma, sotto la guida di una autorità sacra e compatta.
Dove sta, a mio avviso, il vero problema? Anche coloro che non condividono tutta questa operazione di restaurazione, alla fine concludono: "obbediremo al papa per il bene comune della chiesa".
Ecco dove sta la inguaribile patologia cattolica, il vero problema. Esiste una incapacità radicale di disobbedire con una coscienza serena e motivata.
Non si è in grado di sottrarsi all'ideologia dell'ubbidienza ecclesiastica senza sensi di colpa. Troppo "capaci di obbedienza", molti cattolici democratici che in questi giorni hanno avanzato le loro riserve, non arrivano ad una tranquilla disobbedienza.
A mio avviso, non è solo una particolare e ben nota teologia della cosiddetta comunione ecclesiale a comandare queste obbedienze.
E' determinante una educazione alla minorità nella chiesa per cui, chi per un verso chi per un altro, convergono tutti nell'obbedienza o entusiasta o sofferta, ma comunque accettata e praticata.
Una famiglia di obbedienti è strutturalmente malata e non educa alla libertà. Quando impareremo che si può amare la propria chiesa anche senza obbedire al papa?
Forse c'è dell'altro che è peggio. Qualcuno ha paura di uscire dai ranghi e di perdere il riconoscimento ufficiale?
Nessun commento:
Posta un commento