domenica 25 novembre 2007

IN MORTE DI MARCO

Cinquantadue anni. Muore dopo anni di lunghe sofferenze. Era un uomo conosciuto, specialmente nell’ambiente dei soggetti tossicodipendenti.

Da molti anni non usava più sostanze, ma il suo corpo portava le conseguenze delle devastazioni del passato.

Non ha voluto che al funerale fosse portato in chiesa. E’ toccato a me ricordarlo brevemente al cimitero durante un funerale rigorosamente civile.

Sconfina nel ridicolo la mania di tessere elogi a chi muore. Marco non amava la retorica. Molto meglio ricordarlo con le sue virtù e le sue contraddizioni.

Io ricordo Marco con la capacità di ridere delle sue miserie. Così non si fissava in esse e riusciva più facilmente a comunicare con le debolezze altrui. Non si poneva come una vittima. Sapeva, in sostanza, collocare le sue sofferenze in un contesto più ampio e ridimensionarle. Una capacità rara e preziosa.

Un altro ricordo di Marco non voglio tralasciare. La sua casa è stata una “casa di accoglienza” per molti amici e amiche in difficoltà. Marco è stato una persona accogliente. Aprire la propria casa non è cosa da poco conto. Marco lo faceva con semplicità, con disponibilità concreta.

Mi viene alla mente il brano del Vangelo di Matteo 25 che parafraserei così: “Non avevo una casa e tu mi hai accolto. Ero in mezzo ad una strada e tu mi hai dato casa”.

Marco non era un uomo di chiesa. Più volte mi manifestò che in chiesa si sentiva a disagio. Per lui Dio era una presenza difficile da decifrare, ma riusciva a percepirlo dietro le pagine del Vangelo.

La fede per lui si era come concentrata nel tentativo di essere solidale. Penso che per lui, uomo accogliente, sia vera la parola del Vangelo: “Vieni benedetto nella casa del Padre mio. Adesso sono io che ti accolgo”.

Ho terminato questo ricordo invitando chi si sentiva di farlo a rivolgersi a Dio con la preghiera del Padre nostro.

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