Commento alla lettura biblica - domenica 16 marzo 2008
Matteo 26,14–27,66
La domenica delle Palme in molte celebrazioni è dedicata al silenzioso ascolto del lungo racconto della “passione” di Gesù. Questa scelta mi sembra saggia e feconda.
Spero che ognuno/a di noi possa, nei giorni della settimana, rileggere personalmente o in gruppo o in famiglia questa pagina dell’evangelo che comprende i capitoli 26 e 27 del Vangelo di Matteo.
Non voglio rompere questo silenzio che apre alla meditazione se non con una breve considerazione storico-teologica.
Gesù non ha espiato i nostri peccati, non è morto per riconciliarci con un Dio offeso dai nostri errori come vittima di espiazione. Tutte queste sono costruzioni teologiche interne ad una cultura che ha segnato un po’ tutte le tradizioni religiose antiche e che si è riflesso anche nei testi biblici.
Gesù è giunto a questo “processo”, alla sua condanna perché si è sbilanciato, perché ha preso posizione contro i signori della religione e i signori del quotidiano. Il suo stile di vita, le sue amicizie pericolose, il suo messaggio sovvertitore non potevano essere tollerati dai padroni del vapore.
Gesù non ha fatto l’equilibrista, il diplomatico. Gesù è oggi la “crisi” delle chiese cristiane che in larga misura continuano a parlare di poveri e ai poveri e poi stanno saldamente legate alle caste dominanti.
Ma il discorso non finisce qui. Infatti ciascuno/a di noi è sollecitato a domandarsi se la sua vita è sbilanciata sul terreno della solidarietà
In Spagna, come in Italia, in America Latina come in Africa la “grande chiesa” vive in pieno tradimento del Vangelo.
Abbiamo la possibilità finalmente di capire che vangelo e chiesa istituzionali sono spesso agli antipodi, ma soprattutto siamo invitati a guardare dove oggi ci sono i nuovi crocifissi, per la miseria, la violenza, la tortura, la mancanza di libertà.
Non possiamo certo lasciarci prendere da un insano delirio di onnipotenza sovversiva, ma possiamo portare qualche piccolo mattone alla costruzione di realtà solidali.
Dove continua la passione, lì deve guardare il nostro occhio e lì possono muoversi le nostre mani per costruire piccoli percorsi di liberazione.
Il punto sta proprio nella decisione dei passi quotidiani in quella direzione più che nel gesto “eroico” di qualche momento.
Se ci chiudiamo nella nostra tranquillità per non vedere la passione che continua abbiamo già scelto di essere dalla parte dei crocifissori.
Gesù, nella piccolezza della sua vita quotidiana, aveva tentato di scegliere ogni giorno la compagnia degli appiedati, dei meno fortunati. Sono le scelte maturate nel tempo che lo hanno reso fedele fino in fondo al suo impegno di testimone del sogno di Dio.
Questo potrebbe essere il forte invito che ci proviene dal Vangelo.
Matteo 26,14–27,66
La domenica delle Palme in molte celebrazioni è dedicata al silenzioso ascolto del lungo racconto della “passione” di Gesù. Questa scelta mi sembra saggia e feconda.
Spero che ognuno/a di noi possa, nei giorni della settimana, rileggere personalmente o in gruppo o in famiglia questa pagina dell’evangelo che comprende i capitoli 26 e 27 del Vangelo di Matteo.
Non voglio rompere questo silenzio che apre alla meditazione se non con una breve considerazione storico-teologica.
Gesù non ha espiato i nostri peccati, non è morto per riconciliarci con un Dio offeso dai nostri errori come vittima di espiazione. Tutte queste sono costruzioni teologiche interne ad una cultura che ha segnato un po’ tutte le tradizioni religiose antiche e che si è riflesso anche nei testi biblici.
Gesù è giunto a questo “processo”, alla sua condanna perché si è sbilanciato, perché ha preso posizione contro i signori della religione e i signori del quotidiano. Il suo stile di vita, le sue amicizie pericolose, il suo messaggio sovvertitore non potevano essere tollerati dai padroni del vapore.
Gesù non ha fatto l’equilibrista, il diplomatico. Gesù è oggi la “crisi” delle chiese cristiane che in larga misura continuano a parlare di poveri e ai poveri e poi stanno saldamente legate alle caste dominanti.
Ma il discorso non finisce qui. Infatti ciascuno/a di noi è sollecitato a domandarsi se la sua vita è sbilanciata sul terreno della solidarietà
In Spagna, come in Italia, in America Latina come in Africa la “grande chiesa” vive in pieno tradimento del Vangelo.
Abbiamo la possibilità finalmente di capire che vangelo e chiesa istituzionali sono spesso agli antipodi, ma soprattutto siamo invitati a guardare dove oggi ci sono i nuovi crocifissi, per la miseria, la violenza, la tortura, la mancanza di libertà.
Non possiamo certo lasciarci prendere da un insano delirio di onnipotenza sovversiva, ma possiamo portare qualche piccolo mattone alla costruzione di realtà solidali.
Dove continua la passione, lì deve guardare il nostro occhio e lì possono muoversi le nostre mani per costruire piccoli percorsi di liberazione.
Il punto sta proprio nella decisione dei passi quotidiani in quella direzione più che nel gesto “eroico” di qualche momento.
Se ci chiudiamo nella nostra tranquillità per non vedere la passione che continua abbiamo già scelto di essere dalla parte dei crocifissori.
Gesù, nella piccolezza della sua vita quotidiana, aveva tentato di scegliere ogni giorno la compagnia degli appiedati, dei meno fortunati. Sono le scelte maturate nel tempo che lo hanno reso fedele fino in fondo al suo impegno di testimone del sogno di Dio.
Questo potrebbe essere il forte invito che ci proviene dal Vangelo.
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