mercoledì 30 aprile 2008

MI SARETE TESTIMONI

Commento alla lettura biblica - domenica 4 maggio 2008

Gli undici apostoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo"
(Matteo, 28, 16-20).

Nel mio primo libro ho già trattato, o Teofilo, di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio fino al giorno in cui, dopo aver dato istruzioni agli apostoli che si era scelti nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo.
Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre "Quella, disse, che voi avete udito da me. Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni". Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: "Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?". Ma egli rispose: "Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra". Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poichè essi stavano fissando il cielo mentre egli se n'andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono loro e dissero: "Uomini di Galilea, perchè state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui lo avete visto andare in cielo" (Atti 1, 1-11).


Due letture bibliche molto note vengono oggi proposte alla nostra meditazione. Le accomuna il fatto che ormai i discepoli del nazareno degli anni 85-90 hanno maturato il convincimento che il messaggio di Gesù va annunciato e testimoniato "fino alle estremità della terra", a "tutte le nazioni".


Un quadro significativo

Gesù che sale al cielo è un dipinto teologico di grande efficacia. La funzione di questo quadro immaginifico è preziosa ed espressiva. La Bibbia ci ricorda altri rapimenti in cielo (quello di Elia e tanti altri negli scritti apocrifi) per esprimere un pensiero forte: il profeta di Dio, il Suo messaggero ha compiuto la sua missione e ora "torna" presso Dio che invierà ai discepoli forza dall'alto perchè possano proseguire la missione del maestro e profeta ora assente.

La fede aiuta i discepoli a ritrovare Gesù oltre la sua assenza fisica e così a continuare a vivere in comunione con lui. Ancora una volta la Scrittura ci vuole parlare di Gesù come si parla di un vivo, non di un personaggio del passato di cui faremo ritualmente memoria.

Ora è tempo di rendere operante questa consapevolezza e di proseguire la sua opera nel mondo. Matteo lo scrive per la sua comunità e vale anche per noi.

Lo stesso messaggio è contenuto in questo "andate dunque" del vangelo di Matteo. Rinsaldata la fede dei cuori, occorre riprendere fiato per il cammino, lasciarsi invadere dalla forza dello Spirito di Dio.

Penso, ora che per me gli anni sono molti e si avvicina il "tempo dell'ascensione", che ognuno di noi ritorna al Padre rimettendo fiduciosamente nelle Sue mani quel poco che abbiamo potuto operare come testimoni del regno di Dio. La fiducia nel Dio che ci accoglie al nostro "ritorno" tra le Sue braccia, mi invita ad amare questi giorni, con la pochezza di ciò che la mia vita rappresenta, sapendo che nulla va perduto dei nostri precari e contradditori tentativi di seguire le orme di Gesù.

So, o Dio, che c'è una "casa" in cui mi aspetti con il Tuo perdono, il Tuo amore, il Tuo abbraccio. So che Tu cerchi di valorizzare tutto ciò che le Tue creature tentano di fare sul sentiero del Tuo regno. Come hai accolto Gesù, così accoglierai ciascuno e ciascuna di noi.

Testimoniare e/o battezzare?

Le poche righe che concludono il vangelo di Matteo segnalano anch'esse una apertura universalistica verso la quale si sta orientando questo gruppo di credenti.

Certo, commetteremmo una imperdonabile ingenuità se pensassimo che qui abbiamo la "registrazione" delle parole di Gesù. Non possiamo nemmeno escludere che questi versetti siano l'aggiunta di un autore un po' successivo, quando ormai la comunità si era ben strutturata anche sul piano liturgico-battesimale.

Detto quasi di passaggio, come annotazione storica assai significativa, leggendo le Scritture abbiamo certamente constatato che mentre in Matteo si parla di un battesimo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, nel libro degli Atti degli Apostoli si parla del battesimo "nel nome di Gesù Cristo" (2, 38 e 10, 48). Una sana libertà liturgica che contrasta con la attuale uniformità che priva le singole comunità del genio creativo ... Siamo noi oggi che abbiamo l'ossessione dell'uniformità, che vogliamo livellare tutto. (Quando recentemente ho battezzato una donna di 25 anni, abbiamo scelto di battezzare nel nome di Gesù).

Oggi mi sembra utile mettere in tensione questa polarità: testimoniare e/o battezzare? Penso che le due cose non si escludano a vicenda, ma siamo reduci e tuttora molto interni ad una concezione "sacramentalista" e dottrinaria della fede.

Ridonare alla testimonianza il primo posto significa non mettere al centro l'ossessione della verità e non fondare la comunità sulla ritualità. La chiesa, prima di essere comunità dei sacramenti, è comunità di testimonianza. Possiamo precisare che i riti non hanno il loro senso compiuto se non conducono alla testimonianza del vangelo nella vita quotidiana di ciascuno di noi.

Dalla conquista alla testimonianza

Ancora un pensiero. La traduzione precisa del versetto 19 suona così: "Andate dunque e rendete discepoli tutti i popoli, battezzandoli ...". Una interpretazione che purtroppo ha prevalso per secoli aveva portato le chiese cristiane a spingersi nel mondo con una mentalità espansionistica, di conquista. La "missione", così intesa, faceva coincidere l'estensione della chiesa, il regno di Dio e la salvezza.

Si è arrivati a pensare che "fuori dalla chiesa non c'è salvezza": vero e proprio delirio teologico di onnipotenza salvifica.

Oggi, per dono di Dio, è avvenuta una svolta radicale. La "missione cristiana" almeno in parte si è purificata da questa mania annessiva, da questa ideologia della colonizzazione e si esprime nella realtà della testimonianza.

Oggi le chiese cristiane stanno imparando a riconoscere che le vie di salvezza sono molte e che Dio è ben più grande del cristianesimo perchè nessuna manifestazione di Dio esaurisce tutto Dio.

Oggi nessuno di noi proporrebbe ad un ebreo, ad un islamico, ad un induista di farsi cristiano, ma cerca semplicemente di dare a questo fratello, a questa sorella la testimonianza della propria fede in Dio sulla strada indicata da Gesù e contemporaneamente cerca di ricevere dalle loro vite la testimonianza della loro fede.

Ovviamente, non è ancora questo il pensiero teologico di Ratzinger o il pensiero politico di Bossi e Alemanno. Loro pensano ancora, per diversi motivi, che la nostra religione o la nostra cultura siano lo "spazio più alto". Questi politici poi usano la religione, come si è visto dai telegrammi ufficiali inviati al papa, per coprire le loro ideologie razziste.

Ma, guardando con fiducia al futuro e ai sentieri abramitici che solcano il nostro presente, sta maturando una nuova consapevolezza.

Ciascuno di noi è chiamato a "convertirsi" dentro il proprio cammino. Noi cristiani abbiamo spesso pensato che "conversione" significasse entrare a far parte della stessa "religione". Ora stiamo comprendendo che la conversione avviene dentro ogni cammino di fede e non designa il passaggio da una religione all'altra. Ciò va detto, fatta sempre salva la libertà di Dio di "chiamare" le persone in modi per noi sconosciuti.

Mentre cerchiamo di riscoprire la novità di Dio e di percorrere le vie del mondo con l'evangelo nel cuore, pronti a rendere conto della speranza che è in noi, è bello sapere che Gesù in qualche modo ci accompagna perchè Dio lo ha reso vivo e "parlante" per le nostre vite.

Questa è la promessa che l'evangelo di Matteo depone nel profondo dei nostri cuori. Possiamo fidarci ed affidarci.

Forse, in questi giorni, mentre le chiese cristiane vengono progressivamente messe a nudo nelle loro miserie e nelle loro ambiguità, Dio vuole ricondurci allo scarno e gioioso annuncio dell'Evangelo.

Forse il passaggio potrebbe essere questo: l'indebolimento del "cristianesimo" perchè torni a parlare al cuore degli uomini e delle donne il Vangelo del regno di Dio, ora oscurato da noi cristiani e dalle nostre istituzioni ecclesiastiche.

Tutto viene da Dio

E' davvero piena di fede l'espressione messa sulla bocca di Gesù al versetto 18: "Ogni potere mi è stato dato". Dunque Gesù è ben consapevole che tutto ciò che è presente in lui, tutto ciò che ha fatto, tutto ciò che ha insegnato, tutto ciò che egli è e può fare, tutto ciò che può "trasmettere" ai discepoli non è farina del suo sacco, ma gli è stato dato da Dio.

Ancora una volta Gesù, nell'atto di sospingere i discepoli nello spazio ampio del mondo con l'invito a predicare la "lieta novella" del regno di Dio, ricorda che tutto viene da Dio. Egli è solo il testimone, l'esecutore di una "ordine" superiore, il depositario di doni e di "poteri" che vengono da Dio. Il Vangelo di Matteo, come ci spiegano chiaramente alcuni studiosi della Bibbia, ci presenta Gesù come il plenipotenziario di Dio.

Una lezione davvero preziosa per le chiese cristiane e per ciascuno/a di noi. Quando siamo tentati di pavoneggiarci in qualunque modo o per una qualsiasi ragione, faremmo bene a ricondurci nell'ottica di Gesù: "Se ho qualcosa, l'ho ricevuta. Posso solo ringraziare".

E allora ... viviamo la nostra vita sapendo congiungere, con grande semplicità di cuore, il nostro impegno e il dono di Dio.

Se valorizzeremo di più tutte le vie di Dio, tutte le strade che Egli apre nei cuori degli uomini e delle donne, sarà più felice e più concorde il cammino del mondo. Possiamo così seminare piccoli semi di giustizia e di pace.

Forse per questo Gesù ci ripete ancora: "Andate ... ".

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