La Corte Suprema dello Stato del Massachussets il 18 novembre 2007 ha dichiarato che “non esistono ragioni costituzionalmente adeguate per negare il matrimonio civile delle coppie dello stesso sesso” legittimando la disposizione di licenze matrimoniali a coppie omosessuali.
Così de iure e di fatto si riconoscono gli stessi diritti civili in campo matrimoniale per coppie etero e omosessuali.
Ciò che più è in questione è la parità dei diritti: diritti, dignità, laicità. Ovviamente l’area cattolica-conservatrice non è l’unica in Italia ad opporsi. Sono critici anche molti cittadini dell’area radicale-soggettivistica che teme così la rimessa al centro del modello familiare classico.
Il fatto che il riconoscimento dei legami tra persone omosessuali crei una nuova entità legale non sembra affatto una cosa da nulla.
A chi, poi, cova il timore, anche comprensibile, di un ritorno al conformismo di coppia… si può ricordare che per riflettere e accogliere sulla propria miglior vita, la condizione minima è poter partire da una situazione di pari opportunità.
Poi la domanda “vuoi sposarmi?” a livello civile deve essere necessariamente preceduta da “puoi sposarmi?”.
E’ ovvio che una legge non ci dispensa dal fatto che al primo posto stanno gli affetti e i progetti, né può limitare o imporre un cammino unico ed obbligatorio della propria soggettività:
“Ovviamente non si può ritenere che questa sia la strada che tutti debbano imboccare, perché non esiste una strada maestra per la realizzazione di sé: ciascuno ha diritto alla propria individuazione, che sia singola, in coppia, plurima. Bisogna ripetere che il “dono ambivalente della legittimazione” serve a tutelare un diritto, non a sancire un obbligo, a dare diritti a chi non ne ha, non a toglierne a chi ne ha” (Stefano Cò in L’invito n° 210, Trento 2008).
Dalla stessa rivista trarrò nelle prossime settimane una documentazione sulla genitorialità omosessuale.
Così de iure e di fatto si riconoscono gli stessi diritti civili in campo matrimoniale per coppie etero e omosessuali.
Ciò che più è in questione è la parità dei diritti: diritti, dignità, laicità. Ovviamente l’area cattolica-conservatrice non è l’unica in Italia ad opporsi. Sono critici anche molti cittadini dell’area radicale-soggettivistica che teme così la rimessa al centro del modello familiare classico.
Il fatto che il riconoscimento dei legami tra persone omosessuali crei una nuova entità legale non sembra affatto una cosa da nulla.
A chi, poi, cova il timore, anche comprensibile, di un ritorno al conformismo di coppia… si può ricordare che per riflettere e accogliere sulla propria miglior vita, la condizione minima è poter partire da una situazione di pari opportunità.
Poi la domanda “vuoi sposarmi?” a livello civile deve essere necessariamente preceduta da “puoi sposarmi?”.
E’ ovvio che una legge non ci dispensa dal fatto che al primo posto stanno gli affetti e i progetti, né può limitare o imporre un cammino unico ed obbligatorio della propria soggettività:
“Ovviamente non si può ritenere che questa sia la strada che tutti debbano imboccare, perché non esiste una strada maestra per la realizzazione di sé: ciascuno ha diritto alla propria individuazione, che sia singola, in coppia, plurima. Bisogna ripetere che il “dono ambivalente della legittimazione” serve a tutelare un diritto, non a sancire un obbligo, a dare diritti a chi non ne ha, non a toglierne a chi ne ha” (Stefano Cò in L’invito n° 210, Trento 2008).
Dalla stessa rivista trarrò nelle prossime settimane una documentazione sulla genitorialità omosessuale.
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