Carissimo,
ho letto con interesse le due lettere che mi hai fatto giungere. Io valorizzo molto il lavoro di Travaglio e Gabanelli, ma le cose che mi scrivi sono ugualmente importanti e degnissime di attenzione. Bisogna proprio difendere il lavoro dei tanti "piccoli" perché è lì che si verifica se cresce la libertà e se cresce il rispetto delle persone e del loro lavoro che è prezioso non perché è ogni giorno in prima pagina. Quanto cammino dobbiamo fare per dare a ciascuno il suo, per fare spazio reale alle singole persone. Grazie delle considerazioni.
Metterò sul blog queste due "lettere aperte" che non sono contro nessuno, non certamente contro Travaglio e Gabannelli, ma possono contribuire alla crescita comune nella stima reciproca e nel senso critico.
Un abbraccio
don Franco
Caro Franco,
le tue parole ci hanno fatto bene, com'era prevedibile, e ci spingono a cercare quei sentieri di cui parli con intelligenza (se poi avremo le energie per percorrerli, questo si vedrà).
Leggendo di quei bravi giornalisti a 900 euro al mese mi è venuto in mente il caso di Paolo Barnard (ti allego due lettere interessanti), che dimostra, se ce ne fosse bisogno, che tutti (o quasi) abbiamo qualche scheletro nell'armadio, anche la brava Gabanelli di Report.
Avant'ieri abbiamo avuto l'occasione di incontrare Giovanni Impastato a Viareggio per un progetto sulla legalità (parolaccia di questi tempi!). Ad un certo punto alcuni degli intervenuti dell'ARCI hanno parlato dei loro rapporti con Travaglio: è stato unanime il giudizio di arroganza... e sulla retorica violenta e offensiva di Grillo non è il caso di fare commenti...!!!
Purtroppo il vuoto lasciato per incapacità o altri motivi peggiori, dalla politica nell'informazione (o controinformazione come si diceva una volta) è grande ed alcuni spazi sono stati riempiti da questi presenzialisti populisti, e molti in buona fede, scontrandosi con l'arroganza del potere, si attaccano a quello che possono, al poco che trapela dalla "marmellata" che ha coperto tutto.
I tanti "piccoli" che lavorano per un mondo più giusto e vivibile, difficilmente riescono a far giungere il loro lavoro attraverso le barriere di un'informazione mondializzata e monopolizzata, specialmente in Italia.
Sarebbe bellissima utopia (non ideologia utopica!) poter fare un elenco delle tante persone che producono democrazia nei tanti cosiddetti palazzi e poter fare in modo che le loro storie siano conosciute: senza di esse saremmo certamente in condizioni assai peggiori.
Un saluto di pace.
Moreno
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Paolo Barnard: «Lettera aperta a Marco Travaglio sulla libertà»
29 Aprile 2008
Caro Travaglio,
io ho le prove che tu non sei libero. Non mi dilungo, te le espongo in breve e ti assicuro che non sto parlando del fatto che, ad esempio, tu ti rifiuti di parlare di temi come il Signoraggio bancario, nonostante esso sia una piaga aberrante artificiosamente inflitta alla vita di ogni singolo italiano, che ne paga un prezzo altissimo.
No, Marco, parlo di altro. Tu non sei libero perché tu oggi sei una Star; perché sei in prima serata TV ogni settimana e proprio nel luogo dove secondo te “…chi non ha il guinzaglio in questo momento non lavora e chi ci lavora in un modo o nell’altro un suo guinzaglio ce l’ha”; perché sei lì anche tu, col trucco di scena, con i riflettori sparati su di te, col megaschermo dietro le spalle che amplifica il tuo verbo; perché giri l’Italia fra il tripudio dei fans club, che ti adorano; perché sei un’Icona.
Tutto questo è Potere, è meravigliosamente forte, è oppio. Una volta assaporato, non se ne può più fare a meno. E allora Marco, quando dovesse capitarti di scorgere qualcosa che non va, e proprio nelle strutture che ti garantiscono quel Potere, quell’inebriante vivere, quel tuo oppio, e intendo una stortura, magari proprio del marcio, un’omertà, o la negazione di un qualsiasi principio morale o di un diritto, tu che faresti Marco? Lo denunceresti? Spareresti cioè un siluro alla base stessa delle fonti della tua inebriante fama? Li manderesti a gambe all’aria assieme a gran parte del tuo status di celebrity? Cioè svergogneresti e denunceresti chi ti trasmette e il loro megaschermo?
Chi ti pubblica ogni parola senza fiatare? Chi ti amplifica nelle piazze dei centomila? Chi ti fornisce il tuo oppio? Oppure chiuderesti un occhio? E magari anche tutti e due? Perché lo sai bene come reagirebbero alla tua denuncia: sarebbe rancore, veleno, isolamento per te, cellulari che non ti rispondono più, inviti che non ti arrivano più, amici che, ops, non ci sono più, il tuo volto che scompare dagli schermi e dalla memoria.
Te lo dico io, caro Marco: tu li chiuderai gli occhi. E sai perché? Perché una volta assaporata la fama, lo stradom, e cioè il Potere, non se ne può più fare a meno. Dall’oppio non ci si stacca, dal Potere neppure. Tu non torni Guarino, Staiano, Ferrieri, e cioè uno per cui la TV è un oggetto del salotto, spenta più spesso che no, e non un palcoscenico fondamentale. Tu non torni uno da serate con 23 spettatori a chiacchierare pacatamente di un libro da 2000 copie se va bene, forse due autografi alla coppia di pensionati all’uscita. Tu non potresti più oggi vederti oscurato a 360 gradi e sepolto nella dimenticanza del grande pubblico. Non ce la faresti. E allora ti chiuderai gli occhi all’occorrenza, eccome che li chiuderai, e non sei più libero.
Io non so se ti è già capitato di abdicare così alla tua libertà e alla missione di libero informatore; forse sì, forse non ancora. Ma ti porto un esempio dove questo è già accaduto, accaduto a una persona a te vicina, che tu stimi, a un’altra ‘paladina’ della libera informazione a mezzo stardom: Milena Gabanelli. Come te lanciata da quell’emittente pubblica dove, secondo le tue stesse parole, “ci può essere qualcuno che ha il guinzaglio ed è pure bravo, è difficile, ma non è escluso; la regola è comunque che ciascuno deve essere controllabile e ciascuno deve essere prevedibile, ciascuno deve avere qualcuno che garantisce per lui altrimenti sulla base delle proprie forze e delle proprie gambe lì dentro non ci si entra”.
Come te adorata, presente sulle riviste patinate, premi a profusione, fama, tanta… oppio. Ebbene quando nel 2004 Milena Gabanelli si trovò a dover scegliere fra l’adesione al principio sacro della difesa della libertà di informazione, con i rischi tremendi che essa comportava per la sua fulgida carriera, o la difesa di quest’ultima, ella chiuse entrambi gli occhi, senza esitazione, né rimorso, né patema alcuno. E gettò alle ortiche la sua missione di ‘paladina’ del coraggio televisivo, per assecondare proprio le fonti del suo Potere, della sua celebrità, del suo oppio. In collusione con l’editore RAI, partecipò a uno dei peggori casi di Censura Legale che si ricordi, e ancora oggi vi partecipa, ovvero un colpo al cuore della libertà d’informazione in questo Paese. Proprio lei.
Concludo Marco. Con dei nomi e tre domande.
Ivan Illich, Noam Chomsky, Howard Zinn, John Pilger, Rachel Corrie… Giovanni Ruggeri, Giorgio Ambrosoli, Corrado Staiano, Ilaria Alpi, Peppino Impastato… Li hai mai visti in prima serata RAI, CBS o FOX, ogni giovedì, tutto l’anno, primo piano, trucco di scena, megaschermo alle spalle? Sono mai sopravvissuti per 20 anni in RAI, CBS o FOX, scalando i gradini della carriera per poi posizionarsi in prima serata sei mesi all’anno, pubblicità e inserzionisti al seguito, editoriali su riviste di prestigio? Hanno mai tuonato dalle piazze di Roma, New York o Los Angeles, al culmine di tourné teatrali con biglietti prezzati alla Rolling Stones, e fulmineamente impacchettate in Dvd, libri, compilations, pronta vendita su carta di credito? Sono mai stati tutto questo, Ivan Illich, Noam Chomsky, Howard Zinn, John Pilger, Rachel Corrie, Giovanni Ruggeri, Giorgio Ambrosoli, Corrado Staiano, Ilaria Alpi, Peppino Impastato?
No. Il coraggio di chi è veramente libero porta altrove, lo si trova altrove, mai lì dove sei tu. Pensaci Marco.
Cordialmente,
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Alex Zanotelli su Paolo Barnard e la censura legale
28 Febbraio 2008
Rimango esterrefatto per quanto è avvenuto al giornalista Paolo Barnard abbandonato a sé stesso dalla RAI e dalla stessa Milena Gabanelli, la conduttrice di Report. Ho sempre ammirato il lavoro giornalistico di Paolo Barnard. Penso che le sue puntate su Report siano le più belle del giornalismo italiano.
Ora Paolo Barnard è stato portato in tribunale per la puntata (Little Pharma & Big Pharma) del 11/10/2001 e ripetuta, su richiesta del pubblico, il 15 /02/ 2003. Per quella inchiesta la RAI e la Gabanelli furono citati in giudizio il 16/11/2004. Nonostante le assicurazioni da parte della RAI, Paolo Barnard è ora abbandonato al suo destino. Questo è un comportamento a dir poco criminoso. E questo non solo perché tocca a Paolo Barnard, ma perché vengono così messi a tacere tanti giornalisti che troveranno così sempre più difficile fare giornalismo serio.
So che sempre più telegiornali sia della Rai che di Berlusconi escono con notizie decurtate dagli uffici Affari Legali delle rispettive aziende. Questo anche per la stampa e radio.
Chiedo che gli editori difendano i loro giornalisti che rischiano per il pubblico interesse, e che si impegnino a togliere le clausole di manleva dai contratti che gli stessi giornalisti sono obbligati a firmare.
Questo bavaglio ha e avrà sempre più potere paralizzante sulla denuncia dei misfatti italiani a mezzo stampa o Tv.
Questa è una lotta per la libertà di stampa, colonna portante di qualsiasi democrazia.
ho letto con interesse le due lettere che mi hai fatto giungere. Io valorizzo molto il lavoro di Travaglio e Gabanelli, ma le cose che mi scrivi sono ugualmente importanti e degnissime di attenzione. Bisogna proprio difendere il lavoro dei tanti "piccoli" perché è lì che si verifica se cresce la libertà e se cresce il rispetto delle persone e del loro lavoro che è prezioso non perché è ogni giorno in prima pagina. Quanto cammino dobbiamo fare per dare a ciascuno il suo, per fare spazio reale alle singole persone. Grazie delle considerazioni.
Metterò sul blog queste due "lettere aperte" che non sono contro nessuno, non certamente contro Travaglio e Gabannelli, ma possono contribuire alla crescita comune nella stima reciproca e nel senso critico.
Un abbraccio
don Franco
Caro Franco,
le tue parole ci hanno fatto bene, com'era prevedibile, e ci spingono a cercare quei sentieri di cui parli con intelligenza (se poi avremo le energie per percorrerli, questo si vedrà).
Leggendo di quei bravi giornalisti a 900 euro al mese mi è venuto in mente il caso di Paolo Barnard (ti allego due lettere interessanti), che dimostra, se ce ne fosse bisogno, che tutti (o quasi) abbiamo qualche scheletro nell'armadio, anche la brava Gabanelli di Report.
Avant'ieri abbiamo avuto l'occasione di incontrare Giovanni Impastato a Viareggio per un progetto sulla legalità (parolaccia di questi tempi!). Ad un certo punto alcuni degli intervenuti dell'ARCI hanno parlato dei loro rapporti con Travaglio: è stato unanime il giudizio di arroganza... e sulla retorica violenta e offensiva di Grillo non è il caso di fare commenti...!!!
Purtroppo il vuoto lasciato per incapacità o altri motivi peggiori, dalla politica nell'informazione (o controinformazione come si diceva una volta) è grande ed alcuni spazi sono stati riempiti da questi presenzialisti populisti, e molti in buona fede, scontrandosi con l'arroganza del potere, si attaccano a quello che possono, al poco che trapela dalla "marmellata" che ha coperto tutto.
I tanti "piccoli" che lavorano per un mondo più giusto e vivibile, difficilmente riescono a far giungere il loro lavoro attraverso le barriere di un'informazione mondializzata e monopolizzata, specialmente in Italia.
Sarebbe bellissima utopia (non ideologia utopica!) poter fare un elenco delle tante persone che producono democrazia nei tanti cosiddetti palazzi e poter fare in modo che le loro storie siano conosciute: senza di esse saremmo certamente in condizioni assai peggiori.
Un saluto di pace.
Moreno
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Paolo Barnard: «Lettera aperta a Marco Travaglio sulla libertà»
29 Aprile 2008
Caro Travaglio,
io ho le prove che tu non sei libero. Non mi dilungo, te le espongo in breve e ti assicuro che non sto parlando del fatto che, ad esempio, tu ti rifiuti di parlare di temi come il Signoraggio bancario, nonostante esso sia una piaga aberrante artificiosamente inflitta alla vita di ogni singolo italiano, che ne paga un prezzo altissimo.
No, Marco, parlo di altro. Tu non sei libero perché tu oggi sei una Star; perché sei in prima serata TV ogni settimana e proprio nel luogo dove secondo te “…chi non ha il guinzaglio in questo momento non lavora e chi ci lavora in un modo o nell’altro un suo guinzaglio ce l’ha”; perché sei lì anche tu, col trucco di scena, con i riflettori sparati su di te, col megaschermo dietro le spalle che amplifica il tuo verbo; perché giri l’Italia fra il tripudio dei fans club, che ti adorano; perché sei un’Icona.
Tutto questo è Potere, è meravigliosamente forte, è oppio. Una volta assaporato, non se ne può più fare a meno. E allora Marco, quando dovesse capitarti di scorgere qualcosa che non va, e proprio nelle strutture che ti garantiscono quel Potere, quell’inebriante vivere, quel tuo oppio, e intendo una stortura, magari proprio del marcio, un’omertà, o la negazione di un qualsiasi principio morale o di un diritto, tu che faresti Marco? Lo denunceresti? Spareresti cioè un siluro alla base stessa delle fonti della tua inebriante fama? Li manderesti a gambe all’aria assieme a gran parte del tuo status di celebrity? Cioè svergogneresti e denunceresti chi ti trasmette e il loro megaschermo?
Chi ti pubblica ogni parola senza fiatare? Chi ti amplifica nelle piazze dei centomila? Chi ti fornisce il tuo oppio? Oppure chiuderesti un occhio? E magari anche tutti e due? Perché lo sai bene come reagirebbero alla tua denuncia: sarebbe rancore, veleno, isolamento per te, cellulari che non ti rispondono più, inviti che non ti arrivano più, amici che, ops, non ci sono più, il tuo volto che scompare dagli schermi e dalla memoria.
Te lo dico io, caro Marco: tu li chiuderai gli occhi. E sai perché? Perché una volta assaporata la fama, lo stradom, e cioè il Potere, non se ne può più fare a meno. Dall’oppio non ci si stacca, dal Potere neppure. Tu non torni Guarino, Staiano, Ferrieri, e cioè uno per cui la TV è un oggetto del salotto, spenta più spesso che no, e non un palcoscenico fondamentale. Tu non torni uno da serate con 23 spettatori a chiacchierare pacatamente di un libro da 2000 copie se va bene, forse due autografi alla coppia di pensionati all’uscita. Tu non potresti più oggi vederti oscurato a 360 gradi e sepolto nella dimenticanza del grande pubblico. Non ce la faresti. E allora ti chiuderai gli occhi all’occorrenza, eccome che li chiuderai, e non sei più libero.
Io non so se ti è già capitato di abdicare così alla tua libertà e alla missione di libero informatore; forse sì, forse non ancora. Ma ti porto un esempio dove questo è già accaduto, accaduto a una persona a te vicina, che tu stimi, a un’altra ‘paladina’ della libera informazione a mezzo stardom: Milena Gabanelli. Come te lanciata da quell’emittente pubblica dove, secondo le tue stesse parole, “ci può essere qualcuno che ha il guinzaglio ed è pure bravo, è difficile, ma non è escluso; la regola è comunque che ciascuno deve essere controllabile e ciascuno deve essere prevedibile, ciascuno deve avere qualcuno che garantisce per lui altrimenti sulla base delle proprie forze e delle proprie gambe lì dentro non ci si entra”.
Come te adorata, presente sulle riviste patinate, premi a profusione, fama, tanta… oppio. Ebbene quando nel 2004 Milena Gabanelli si trovò a dover scegliere fra l’adesione al principio sacro della difesa della libertà di informazione, con i rischi tremendi che essa comportava per la sua fulgida carriera, o la difesa di quest’ultima, ella chiuse entrambi gli occhi, senza esitazione, né rimorso, né patema alcuno. E gettò alle ortiche la sua missione di ‘paladina’ del coraggio televisivo, per assecondare proprio le fonti del suo Potere, della sua celebrità, del suo oppio. In collusione con l’editore RAI, partecipò a uno dei peggori casi di Censura Legale che si ricordi, e ancora oggi vi partecipa, ovvero un colpo al cuore della libertà d’informazione in questo Paese. Proprio lei.
Concludo Marco. Con dei nomi e tre domande.
Ivan Illich, Noam Chomsky, Howard Zinn, John Pilger, Rachel Corrie… Giovanni Ruggeri, Giorgio Ambrosoli, Corrado Staiano, Ilaria Alpi, Peppino Impastato… Li hai mai visti in prima serata RAI, CBS o FOX, ogni giovedì, tutto l’anno, primo piano, trucco di scena, megaschermo alle spalle? Sono mai sopravvissuti per 20 anni in RAI, CBS o FOX, scalando i gradini della carriera per poi posizionarsi in prima serata sei mesi all’anno, pubblicità e inserzionisti al seguito, editoriali su riviste di prestigio? Hanno mai tuonato dalle piazze di Roma, New York o Los Angeles, al culmine di tourné teatrali con biglietti prezzati alla Rolling Stones, e fulmineamente impacchettate in Dvd, libri, compilations, pronta vendita su carta di credito? Sono mai stati tutto questo, Ivan Illich, Noam Chomsky, Howard Zinn, John Pilger, Rachel Corrie, Giovanni Ruggeri, Giorgio Ambrosoli, Corrado Staiano, Ilaria Alpi, Peppino Impastato?
No. Il coraggio di chi è veramente libero porta altrove, lo si trova altrove, mai lì dove sei tu. Pensaci Marco.
Cordialmente,
Paolo Barnard
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Alex Zanotelli su Paolo Barnard e la censura legale
28 Febbraio 2008
Rimango esterrefatto per quanto è avvenuto al giornalista Paolo Barnard abbandonato a sé stesso dalla RAI e dalla stessa Milena Gabanelli, la conduttrice di Report. Ho sempre ammirato il lavoro giornalistico di Paolo Barnard. Penso che le sue puntate su Report siano le più belle del giornalismo italiano.
Ora Paolo Barnard è stato portato in tribunale per la puntata (Little Pharma & Big Pharma) del 11/10/2001 e ripetuta, su richiesta del pubblico, il 15 /02/ 2003. Per quella inchiesta la RAI e la Gabanelli furono citati in giudizio il 16/11/2004. Nonostante le assicurazioni da parte della RAI, Paolo Barnard è ora abbandonato al suo destino. Questo è un comportamento a dir poco criminoso. E questo non solo perché tocca a Paolo Barnard, ma perché vengono così messi a tacere tanti giornalisti che troveranno così sempre più difficile fare giornalismo serio.
So che sempre più telegiornali sia della Rai che di Berlusconi escono con notizie decurtate dagli uffici Affari Legali delle rispettive aziende. Questo anche per la stampa e radio.
Chiedo che gli editori difendano i loro giornalisti che rischiano per il pubblico interesse, e che si impegnino a togliere le clausole di manleva dai contratti che gli stessi giornalisti sono obbligati a firmare.
Questo bavaglio ha e avrà sempre più potere paralizzante sulla denuncia dei misfatti italiani a mezzo stampa o Tv.
Questa è una lotta per la libertà di stampa, colonna portante di qualsiasi democrazia.
Alex Zanotelli
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