mercoledì 9 luglio 2008

I DISERBANTI SONO PERICOLOSI

Commento alla lettura biblica - domenica 13 luglio 2008

Un`altra parabola espose loro così: "Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l`una e l`altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio" ( Matteo 13, 24-30).


Questa parabola, nella tradizione cristiana, ha alle spalle una storia piuttosto strana e fuorviante.
Già presso i padri dei primi secoli, con un utilizzo del testo assai improprio, il campo seminato con buona semente era identificato con la chiesa e il nemico che seminava zizzania era raffigurato ora nel giudaismo, ora negli appartenenti ai culti pagani, ora negli “eretici”, cioè in quei cristiani che dissentivano dalle opinioni dogmatiche.
Non è impossibile che anche la “comunità” mista di Matteo, composta di credenti interni all’ebraismo e di persone provenienti dal paganesimo, avesse qualche volta sperimentato la tentazione di dividersi in buoni e cattivi proprio al suo interno o, almeno, rispetto al mondo circostante.
Ma la parabola va ricondotta il più possibile al suo contesto originario. Gesù non parlava della chiesa: essa non era nei suoi pensieri e nei suoi progetti. Non ha mai pensato di fondare una nuova religione o una chiesa. Gesù viveva, operava, credeva e predicava da ebreo, da profeta ebraico del regno di Dio. A lui interessava che gli uomini e le donne del suo popolo e del suo tempo si aprissero al regno di Dio, avessero fiducia in Dio in modo da poter trasformare le loro esistenze quotidiane.

Ecco il quadro

Il campo del mondo e il campo del regno di Dio non sono realtà separate. Il realismo della parabola non ci permette di vedere o solo il buon seme o solo la zizzania. I quadri si susseguono: due semine e due seminatori e poi due germinazioni, quella del grano e quella della zizzania.
Al “come mai?” segue la seconda domanda: “Che cosa facciamo?”. Il dialogo tra padrone e servitori drammatizza la scena fino all’ordine di non raccogliere l’erbaccia per non sradicare il grano: “Lasciate che l’uno e l’altra crescano insieme fino alla mietitura”. Allora la zizzania andrà nel fuoco e il grano nel granaio…

L’ideologia della perfezione

La nostra vita si svolge tutta tra grano e zizzania. La prima tentazione da superare sta proprio in questa illusione di poter collocare noi stessi dalla parte del grano e così sistemare gli altri, i diversi da noi, nel capitolo delle erbacce o credere di poter estirpare in noi ogni ombra, ogni zizzania.
La parabola parla di una convivenza insopprimibile, di una certa temporanea inseparabilità. Non c’è soltanto in queste righe l’appello sapienziale a lasciare a Dio l’ultima parola, ma qualcosa di più difficile: “Come posso essere uno zelante operaio nel campo del regno di Dio senza diventare un fanatico, un furioso estirpatore?”.
Il teologo Eugen Drewermann scrive: “Nel nostro cuore umano possono esserci molti piccoli mali, e molto è causato da disattenzione, negligenza, ignoranza, forse anche da cattiva volontà. Ma non c’è sventura che imperversi nella storia umana in modo così terribile e crudele come la fanatica volontà di fare il bene a tutti i costi, come questo sforzo di ripulire la storia umana e tutta la natura da ogni elemento negativo. È a questo atteggiamento da asceti, da angeli caduti…che dobbiamo il tremendo ingranaggio sanguinario dell’ideologia… E nel nome della purezza che vengono messe in piedi le inquisizioni” (Quando il cielo tocca la terra, pag. 37). Il rischio di diventare gente che sparge diserbanti nel giardino dell’anima è reale per ciascuno di noi. Come possiamo nutrire una profonda passione per il Vangelo, la giustizia e la solidarietà senza diventare acidi ed ostili alla vita? Chi abbraccia l’ideologica perfezionistica distrugge tutto, sradica… Un mondo puro non esiste da nessuna parte. Bisogna fare i conti con questa “realtà creaturale” fatta di mille colori, di luci e di ombre, dentro e fuori di noi. Il problema vero è come fare ad acquisire la pazienza di lasciar crescere, senza sentirci i salvatori.

Una conseguenza falsa

Dunque…fidiamoci di Dio e lasciamo che le cose vadano come vanno… Questa potrebbe essere una lettura funesta, falsa, deresponsabilizzante della parabola. Potrebbe, tutto sommato condurci ad un accettazione rassegnata del male.
No, non stravolgiamo la parabola. Essa presuppone che noi impariamo, restando zelanti operai nel campo a “sopportare”, a non lasciarci deprimere e scoraggiare dalla presenza del male, a forgiare in noi questa capacità di reggere lo scandalo della pesante compresenza della zizzania, dell’ingiustizia, della violenza… Siamo mille miglia lontani dall’invito alla rassegnazione. Oggi occorre perseverare perché solo Dio, a Suo tempo, farà la separazione tra grano ed erbacce. Questa è la vera grande fatica del vivere dentro la storia senza cercare nicchie di illusoria perfezione. Questa sapienza del regno di Dio crea in noi uno “sguardo” pieno di fiducia e di tenerezza verso le nostre e altrui contraddizioni.
L’importante, perché la zizzania arretri, è far crescere il grano per ridurre lo spazio delle erbacce.

La beffa

Sono tornati a casa dopo il loro viaggio di svago i signore del G8.
I problemi urgono e loro…si danno delle “scadenze ravvicinate”. Entro il 2050 bisognerà aver cominciato a porsi i problemi dell’inquinamento, dell’acqua, della fame. Anzi…per loro è troppo presto.
Ma credono che siamo fessi… Nessuno sa prevedere quale sarà la situazione tra dieci anni e loro parlano del 2050. A questi bisogna prendere le impronte, non ai rom.

Nessun commento: