mercoledì 30 luglio 2008

LA RIVOLUZIONE

Commento alla lettura biblica - domenica 3 agosto 2008

Udito ciò, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto. Ma la folla, saputolo, lo seguì a piedi dalle città. Egli, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si accostarono i discepoli e gli dissero: "Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perchè vada nei villaggi a comprarsi da mangiare". Ma Gesù rispose: "Non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare". Gli risposero: "Non abbiamo che cinque pani e due pesci!". Ed egli disse: "Portatemeli qua". E dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla. Tutti mangiarono e furono saziati; e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini (Matteo, 14, 13-21).


Nessuno si spaventi: rivoluzione mi pare davvero la parola più appropriata per cercare di interpretare questa pagina del Vangelo. Può essere successo che anche per noi, avendola letta, sentita e ascoltata mille volte, essa sia diventata quasi insignificante, irrilevante.

Spesso la predicazione cristiana riesce a rendere incolori le pagine più pittoresche e a rendere insapori anche i "piatti biblici" più appetitosi. Sappiamo bene che il vangelo non ha qui lo scopo di farci la cronaca esatta di quel pomeriggio in cui Gesù incontrò questa folla.

La struttura del messaggio sovversivo di queste righe ha un punto di partenza: Gesù "ebbe compassione". Nel linguaggio biblico significa che Gesù si coinvolse visceralmente, non si mise semplicemente a deplorare i responsabili della fame del popolo, ad analizzare il fenomeno, a invitare alla pazienza. No, Gesù si sentì partecipe della loro condizione.

Ecco la prima "struttura profonda" della rivoluzione di cui oggi come ieri abbiamo bisogno. Bandire da noi l'indifferenza a livello personale e comunitario.

Questa è la testimonianza bruciante dei profeti e di Gesù di Nazareth che noi cristiani non abbiamo ancora metabolizzato. Ogni giorno c'è la "passione" dei più deboli, l'emarginazione degli stranieri, la violenza contro le donne e gli omosessuali, la persecuzione dei rom ... e le nostre chiese "discorrono", promulgano documenti ...

Non siamo "comunità di compassione". Mettiamoci pure tutti davanti a questa constatazione, non per colpevolizzarci, ma per convertirci ai piccoli, possibili passi di condivisione.

Il regno di Dio accade quando io mi apro concretamente a questo "noi". Qui sta oggi la prima rivoluzione ...

Dove trovare il pane?

Il pane e il companatico ci sono: eccome. Ce n'è in abbondanza Tant'è che quando ognuno ha tirato fuori le scorte che teneva solo per sè o ha fatto fiorire nel suo cuore la decisione di condividere, se ne sono avanzate dodici ceste, dice il vangelo nel suo linguaggio simbolico.

Il vero problema non è ciò che manca: è ciò che non si divide. La scomoda verità che il vangelo rivela è che i doni di Dio, i frutti della terra, i beni per la vita delle creature, ci sono e sono abbondanti. Solo lo sciupio, l'incuria, l'accumulo e l'avidità rendono impossibile la gioia del regno di Dio su questa terra: "Tutti mangiarono e furono sazi e si portarono via, dei pezzi avanzati, dodici ceste piene".

La proposta di Gesù non ha perso per nulla la sua attualità e, si noti, la sua efficacia.

Guardiamo le nostre città. Si popolano di case lussuose e spesso vuote, mentre cresce il numero di chi è senza casa o vive in catapecchie fatiscenti.

Il silenzio della nostra chiesa (che festeggia il papa in vacanza a Bressanone con enormi spese per garantirgli serenità) è un messaggio chiaro: non ha il coraggio di vivere questa proposta e di presentare questa "provocazione".

Non è tollerabile una chiesa in cui si distribuiscono milioni di ostie, di particole, ma dove non si condivide radicalmente la storia dei crocifissi, degli ultimi. La messa diventa così un teatrino spiritualistico senza rimando alla vita concreta.

"Alzati gli occhi al cielo"

Voglio partire dalla mia vita quotidiana, dall'esigenza della mia conversione. Dove troverò la forza perchè il mio pane, il mio tempo, ciò che ho e ciò che posso si dividano? Lo imparo ancora da Gesù.

Per lui, come era nella fede del suo popolo, alzare gli occhi al cielo significava riconoscere i doni che Dio ci fa e ritrovare il loro significato, la loro destinazione comunitaria. Nello stesso tempo, alzare gli occhi al cielo significava anche attingere da Dio la forza per condividere, per spezzare la catena dell'egoismo.

Aiutami, o Dio

Sento dentro di me, come fuoco dentro le mie arterie, la lotta tra l'egoismo e la condivisione.
Ho bisogno, o Dio, del Tuo aiuto ogni giorno perchè ogni giorno bisogna scegliere la strada da percorrere e quella da evitare.

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