giovedì 4 settembre 2008

IL DIFFICILE SENTIERO DEL PERDONO

Commento alla lettura biblica - domenica 7 settembre 2008

Se il tuo fratello commette una colpa, và e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello, se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perchè ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano. In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo. In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perchè dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro. (Matteo 18, 15-20).


Un divario

Chi di noi ha nel cuore le sublimi parole di Gesù, testimoniate dai Vangeli, sul perdono senza misura, leggendo questi versetti riceverà una doccia fredda. Gli sembrerà di scendere dalla punta più alta di un grattacielo allo scantinato più buio. Questa "reazione" è ben comprensibile e poggia sulla constatazione del tutto evidente del profondo "scarto" tra la predicazione di Gesù, che apre l'orizzonte di un perdono accordato settanta volte sette e la pratica concreta del gruppo che sta dietro l'evangelo di Matteo.

E' importante constatare questo divario e tenere aperto questo orizzonte sconfinato che ci indica la direzione verso la quale dobbiamo ostinatamente puntare.

Lo stesso scandalizzato stupore ho provato per anni leggendo la prima lettera di Paolo ai Corinzi, quando l'apostolo invita la comunità a "togliere di mezzo" un fratello per i suoi comportamenti disonesti. Solo così, sostiene Paolo, egli potrà essere salvato "nel giorno del Signore".

Quando leggo e commento questo capitolo 5 della sopracitata lettera, sento una levata interiore di scudi contro il Paolo autoritario, inclemente ...

Insomma, Matteo e Paolo non ci sembrano in continuità con Gesù, la sua prassi e il suo insegnamento. L'osservazione ha le sue ragioni e può essere vera in qualche misura. Tale disagio va notato e valorizzato.

Però ...

Intanto sarebbe utile, anzi è necessario contestualizzare adeguatamente i brani e allora, leggendoli dentro più delineati contorni storici, certi contesti di emergenza (come nella lettera di Paolo) spiegano molte cose. Paolo da Efeso vede sfaldarsi la comunità da lui fondata e le notizie allarmanti appena ricevute lo sconvolgono. Le sue parole provengono da una esasperazione profonda.

Per Matteo valgono, essendo il gruppo interno alla tradizione giudaica, le disposizioni del Levitico, le regole qumramiche e sinagogali.Già inscrivere l'esperienza del perdono in un percorso con determinate regole e tappe può sembrare tagliare le ali, soffocare l'impeto del cuore e spegnere il soffio di Dio. Anche questa osservazione ha del vero e fa i conti con una reale difficoltà e una aperta provocazione.

Però, dopo questi 35 anni vissuti come presbitero della mia comunità (un periodo troppo lungo, in cui cerco progressivamente di farmi piccolo lasciando posto e spazio ad altri), mi rendo conto che, senza mai abbandonare gli orizzonti dell'utopia del perdono sconfinato, occorre trovare e percorrere i sentieri possibili per la nostra fragilità umana.

I piccoli passi

Chi non parla dall'esterno, ma dall'interno di un quotidiano vissuto comunitario, sa che, a volte, le indicazioni di Matteo possono già essere significative, maturanti, addirittura molto impegnative, a patto che restino aperte al superamento.

Questa sollecitudine dell'andare (...) a cercare il fratello o la sorella, questa presa di iniziativa non è cosa di poco conto. E' molto più facile e diffuso che si aspetti che sia l'altro a fare il primo passo, tanto più se si ritiene di essere stati offesi. Così pure il fatto di parlargli chiaro personalmente esprime un comportamento maturo e delicato veramente fraterno. Il concorso di altri due o tre esprime il rafforzamento della premura.

Questo coinvolgimento e allargamento a due o tre testimoni non può anche far sentire l'affetto, l'interessamento e la premura della comunità? Poi c'è il terzo passaggio: coinvolgi tutta la comunità. Certo, si può leggere in questo percorso un freddo regolamento, ma si può, invece, vedere una comunità che, prima di dichiarare la propria incapacità e di abbandonare questa sollecitudine, mette in atto tutti i tentativi di cui è capace per ricostruire un ponte con questo fratello o questa sorella.

Anch'io trovo gelida la conclusione: "ma se non ascolterà nemmeno l'assemblea, sia per te come il pagano e il pubblicano". Vi si può avvertire il retrogusto di una scomunica o di una rottura delle relazioni, ma anche la presa d'atto dei limiti dei propri tentativi personali e comunitari e, tutto sommato, il rispetto della decisione del fratello di non lasciarsi più coinvolgere. Il nostro perdono non è onnipotente, miracoloso, non arriva a tutto e a tutti.

Difendo l'imperfezione

Forse vi sembrerà una lettura, una esegesi al ribasso, una interpretazione incline alla mediocrità. Penso, al contrario, che si tratti di una interpretazione rigorosamente fedele al testo e preziosa per la nostra vita personale e comunitaria.

Certo, si può fare più e meglio. Si può arrivare a perdonare settanta volte sette, ma io nella mia lunga esperienza di vita e di ministero ho constatato che il percorso di Matteo è già un buon cammino. Soprattutto è molto concreto.

Certo perfezionismo cristiano, che tutto e tutti perdona a cuor leggero, mi ha sempre lasciato il sospetto di uno spiritualismo o di un ascetismo ambiguo. Preferisco il cammino dei piccoli passi, concreti, compiuti responsabilmente e talvolta faticosamente.

Soprattutto un cammino sempre aperto all'ulteriorità per cui chi oggi è per me, usando il linguaggio evangelico, il pagano o il pubblicano, può essere domani il fratello con cui cammino mano nella mano.

Solo accogliendo la lezione dell'amore perdonante e smisurato di Dio, di cui ci parlerà la parabola che leggeremo domenica 14 settembre, siamo spinti a rompere le nostre "misure" e a convertirci ad un perdono fuori misura. Questa è la dilatazione del nostro cuore, la guarigione dalla sclerocardia, la conversione ad un amore più grande al quale Dio ci invita sulla strada di Gesù.

Dio è l'unico che non chiude mai la porta del perdono. Egli ci cerca, ci viene incontro in ogni nostro smarrimento. Bisogna partire dal Suo amore, non dalla nostra presunta virtù.

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