Delia Vaccorello su L'Unità del 22 dicembre sottolinea l'importante svolta che si è verificata all' ONU nonostante il Vaticano.
Un passo in avanti di portata storica è stato compiuto il 18 dicembre all'ONU. La proposta di depenalizzazione universale degli atti omosex presentata il 18 dicembre letta, dalla delegazione argentina, ha battuto la controproposta. I numeri parlano chiaro: 66 gli Stati che hanno aderito, 58 quelli che hanno firmato la controproposta letta dalla delegazione siriana, silenzio da parte degli altri stati (sono 192 in tutto). Particolare la posizione del Vaticano. Il giorno 18 non si schiera, mentre Monsignor Migliore, osservatore permanente, dichiara che la Santa Sede apprezza l'impegno contro le discriminazioni ai danni delle persone omosex contenuto nella proposta approvata all'ONU. Ma il giorno dopo sull'Osservatore romano compare un editoriale che rimprovera al documento di avere come ultima finalità quella di annullare le differenze tra uomo e donna, di legittimare le unioni gay e di mettere a rischio persino la "libertà religiosa". Nel mirino del Vaticano ci sono i concetti di orientamento sessuale e di identità di genere. Quest'ultimo distingue il genere dal sesso alla nascita (esempio nasci maschio, ma non ti senti tale) e sottolinea che l'identità di genere è data dal senso di appartenenza che un individuo prova nei confronti di un genere o di un altro, a prescindere dai genitali. È il nodo alla base della transessualità.
La giornata del 18 ha visto la soddisfazione di chi lotta per i diritti. Stefano Fabeni di Global Rigts dichiara: "Possiamo dire che per la prima volta nella storia delle Nazioni Unite, nell'ambito dell'Assemblea generale che è un organo politico, nel quale il riconoscimento dei diritti umani è reso più complesso dagli interessi geopolitici degli stati membri, più di un terzo dei paesi del pianeta ha riconosciuto che i diritti delle persone lesbiche, gay, bisex e trans, sono diritti umani".