sabato 3 gennaio 2009

UN VOLUME DELUDENTE

MAURIZIO GRONCHI, Trattato su Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, Queriniana, Brescia 2008, pagg. 1088, euro 65.
Il libro, la cui lettura può costituire per molti una sfida sul piano della "voluminosità" e del prezzo, rappresenta un po' il tentativo di "sistematizzare" a mo' di trattato gli studi cristologici e soteriologici dell'Autore.
Nel risvolto di copertina viene presentato così: "Il presente trattato ha il pregio della chiarezza espositiva, accompagnata dalla ricchezza delle informazioni: chi lo accosta trova tutto il necessario per comprendere luoghi, tempi, formule, visioni; nulla deve essere cercato in altri testi. Il percorso di apprendimento è pertanto facilitato: il lettore viene guidato alla conoscenza della riflessione dei secoli passati e degli ultimi decenni, sì da acquisire gli elementi per dare la sua risposta sia alla domanda originaria sia alle provocazioni che l'attuale congiuntura presenta, in particolare quelle che vengono dal pluralismo religioso" (ivi, terza di copertina).
Mai credere ai risvolti di copertina, mi consigliava un mio vecchio professore. Aveva ragioni da vendere. Come per altri libri, per farcene un'idea "ragionata", bisogna avere la pazienza e il gusto della lettura integrale. Mi ci sono accinto, nonostante questa indecente presentazione, e ho letto il "trattato" dalla prima all'ultima riga. Pagina dopo pagina non riuscivo a credere ai miei occhi. Dove l'Autore affronta questioni di esegesi e di ermeneutica ci si trova di fronte al teologo dogmatico di nuovo stampo che si illude di prendere sul serio i dati e i metodi della ricerca.
A pagina 55 ho provato il primo sussulto: "Secondo un primo criterio, detto principio della doppia irriducibilità, si può considerare autentico ciò che non si lascia adattare nè al pensiero giudaico nè alle concezioni della comunità posteriore; in altre parole, si accede all'autenticità di un dato evangelico quando questo non può essere dedotto nè dal giudaismo nè ascritto al protocristianesimo". Dopo centinaia di studi, comparsi anche in Italia sulla ebraicità di Gesù, questo criterio che Gronchi mette al primo posto va attentamente "sorvegliato".
Come ci ricordano Schussler Fiorenza, Scillebeeckx, Sonders, Pesce, Barbaglio, Flusser, Charlesworth, Kung, Rendtorff, Vouga, Vermès, Calimani, Patterson, Hick, Knitter, Borg, Crosan, Theissen, Haight e molti altri studiosi, questo metodo può servire a volte a mettere in luce talune peculiarità di Gesù, ma non evidenzia ciò che lo situa nel suo ambiente, lo accomuna ad esso. Il limite costitutivo di questo criterio sta nel fatto che esso rischia di sottovalutare o negare, di regola, a Gesù ciò che ha in comune con il giudaismo e/o con il "movimento cristiano" delle origini.
Tutta la parte dedicata al contesto dell'evento Gesù è un modesto lavoro compilatorio dove l'Autore manca anche del minimo accesso al "mondo religioso" del nazareno. Si rimane perplessi al solo pensiero che questo sbrodolato bignami possa essere un testo, anzi l'unico testo, in mano a studenti di teologia (ricordate il risvolto di copertina in cui si afferma che nulla deve essere cercato in altri testi?).
Il nostro Autore si dimostra generoso a modo suo con l'ebraismo: "senza voler cancellare la Tòrah (sic!), Gesù manifesta che definitiva e rilevante per la salvezza è l'accoglienza del regno di Dio " (pag. 127). Si leggono davvero con pena crescente queste pagine, ma quando ci si inoltra nel processo storico la compilazione diventa sempre più uno scritto a tesi. La rilettura dei grandi concili è così scarsamente ancorata ai dati storici, culturali, filosofici, linguistici e politici da sembrare una storia a lieto e sicuro fine dogmatico. Sembra una epica ed una epopea della verità cattolica.
Per chi (vi supplico!) non si limita a questo libro, ma possiede almeno una ottantina di studi sulla storia dei concili e della loro interpretazione, le vicende attraverso le quali si arriva alle formulazioni di Nicea, Costantinopoli, Efeso e Calcedonia hanno ben altri risvolti e percorsi. Ma devi letteralmente attaccarti alla sedia per non cadere tramortito quando si arriva alle pagine sul pluralismo religioso, sulle "cristologie nel contesto femminile", sulle odierne cristologie contestuali. La preoccupazione evidente di ricondurre tutto al pensiero del magistero ufficiale cattolico impedisce al nostro Autore di prendere sul serio l'oggetto della sua ricerca.
Chi di noi "naviga" da almeno quarant'anni nell'oceano delle teologie della liberazione (Sobrino, Vigil, Boff, Tamayo, Barros, Tamez,...a partire dagli anni di Gonzales Ruiz, Metz e Diez-Alegria) avverte puzza di curia romana in queste pagine in cui l'Autore, certamente con ottime intenzioni e grande dispendio di energie, si trova come un pesce che cerchi di scalare le Alpi o di attraversare il Sahara. La totale "esternità-estraneità" del nostro Autore gli impedisce di raccogliere la densità e la fedeltà evangelica di questi percorsi. Pensate che non si fa nemmeno cenno all'opera di Padre Tissa Balasuriya.
Da pagina 1003 al termine don Maurizio Gronchi cerca di precisare e sintetizzare la sua ricerca: "Come abbiamo già altrove ricordato si tratta di "far valere la storia di Gesù come forma effettuale della verità ontologica di Dio", in modo da comprendere reciprocamente "la verità teologica di Gesù e la verità cristologica di Dio" e... "in questa direzione va la ricerca di una ontologia trinitaria" (pag. 1037). In questo Gesù che "esce fuori, oltrepassa e trascende la sua stessa ebraicità" (pag. 1041) "emerge come pienamente svelato e comunicato l'essere di Gesù come l'essere di Dio" (pag.1033).
Ecco allora che, in questa sistematizzazione totalmente interna, addomesticata e funzionale ad una visione dogmatica, "Gesù si pone dentro ed oltre ogni esperienza religiosa" (pag. 1029). Egli "è autore della mediazione universalizzante che sospinge a convergere verso la "via" che è Cristo poichè da lui, Spirito Creatore, vengono le differenze, ed a lui, "ricapitolatore", vengono ricondotte in unità " (pag. 1031). La "destinazione ultima" (pag. 1035) di ogni altra via religiosa è al cristianesimo che poi, citando il magistero della Dominus Jesus , trova la sua pienezza e la sua integralità solo nel cattolicesimo.
Pagine di una oggettiva arroganza che "nel pregiudizio dogmatico, purtroppo possono fluire anche dalla penna di un uomo mite ancora interno alla ideologia e alla favola di un magistero infallibile. Dimenticavo! Quando si parla di Trinità, in queste pagine non troverete nè Serveto, nè i sociniani, nè Giorgio Biandrata, nè Ochino, nè Vermigli...Anche questo ha dell'incredibile, ma che cosa non si mette in soffitta per aderire al dogma? Per un teologo cattolico deporre gli occhiali dogmatici per mettersi quelli storici e biblici è un'operazione difficile sul piano culturale e psicologico e, ancor più, pericolosa sul piano professionale.
Non avrei creduto che oggi fosse ancora possibile pubblicare un volume come questo osando presentarlo come "nuovo corso di teologia sistematica". Davvero il Concilio è alle spalle e l'uso dei metodi storici e critici viene emarginato. L'Autore è testimone diligente di un epoca in cui l'obbedienza all'autorità istituzionale per molti teologi e operatori pastorali è più importante del rigore e del coraggio della ricerca. In sostanza si tratta del catechismo di Pio X rivestito di eleganti panni teologici.
Lo riconosco: anch'io cinquant'anni fa mi ritrovavo su queste posizioni. Scrivo queste note nella notte tra Natale e Santo Stefano quando da poco ho terminato la lettura di un volumetto "L'uomo Gesù" che segnalerò fra pochi giorni. Bisogna ritornare a Gesù, l'ebreo di Galilea, alla sua umanità, alla sua fede, alla missione che Dio gli ha assegnato. Per liberarsi dalla prigione del dogma mi sono servite soprattutto tre cose nella mia vita: studiare molto, cercare ogni giorno di stare concretamente e non solo idealmente da parte degli ultimi e delle ultime, pregare Dio assiduamente.
Ma non sbagliamo obiettivo: non "spariamo" a cuor leggero contro le formulazioni dei Concili. Assumiamoci piuttosto la responsabilità di riformulare nel nostro tempo, nella prassi e nelle parole, il messaggio di quella creatura di Dio che è Gesù di Nazareth, il profeta di Israele, il maestro delle nostre vite, la via che conduce al Padre. Di lui mi sono innamorato, di lui cerco di diventare discepolo, ma so che Dio è più grande di Gesù e che molte sono le vie di salvezza, anche senza alcun riferimento al nazareno.

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