giovedì 26 febbraio 2009

DAL DESERTO AI VILLAGGI

Commento alla lettura biblica - domenica 1° marzo 2009

Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva:”Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel vangelo”(Marco 1, 12-15).


Gesù, nei versetti precedenti del racconto di Marco, ha deciso di scendere nelle acque del Giordano per farsi battezzare da Giovanni. Si riconosce come uomo peccatore, bisognoso di conversione, e si mette decisamente alla scuola del Battista. Il cielo che si apre sopra di lui è il segnale, nel linguaggio biblico, del fatto che il nazareno lentamente capisce che Dio lo chiama per una missione profetica particolare a favore del suo popolo, delle “pecore sperdute”.

Ed ecco la svolta: appena davanti a Gesù si profila l’orizzonte della sua missione profetica (Marco è veloce …. e ce lo presenta subito adulto e in azione!), compaiono il deserto, la tentazione, l’avvio della sua predicazione.

Mentre Luca e Matteo si soffermano a lungo sulle “tentazioni” di Gesù prendendole a prestito dal Pentateuco, cioè dalle prove che Israele incontrò nel suo cammino verso la libertà, Marco dipinge un quadro con rapide pennellate.

Contro corrente

Per Marco era talmente ovvio che Gesù aveva dovuto affrontare tante prove per compiere il suo cammino di fedeltà a Dio, che lo segnala quasi di passaggio. Si può crescere davvero da persona libera senza incontrare difficoltà e opposizioni?

Appartandosi (ecco il senso del deserto) Gesù si concentra sull’essenziale, guarda in profondità dentro il proprio cuore, si rivolge a Dio per attingere luce e forza. Ha davanti a sé il fatto che il suo amato maestro, il Battezzatore, è stato arrestato. Il nazareno non è un ragazzotto ingenuo. Conosce la storia del suo popolo e le vicende dei profeti, uomini osteggiati e contro corrente; per giunta finiti male. Ecco la comparsa di satana. Oggi noi sappiamo bene dagli studi storici e letterari che non esiste nessun demonio, nessun satana. Il diavolo è un immaginario antico per esprimere la prova, la difficoltà, la seduzione del male, le “tentazioni” che dobbiamo affrontare per non arrenderci al qualunquismo, alla superficialità, alla paura, all’egoismo.

Qualche volta qualche prete che ha cessato di documentarsi (e dovrebbe cambiare lavoro) tuona dal pulpito e parla del diavolo come fosse un essere reale, il tentatore …. Nella superstizione cattolica, diffusa da Radio Maria e autorizzata dalle gerarchie, si parla ancora a volte della presenza del diavolo.

Ma, lasciamo da parte queste barzellette, che rendono ridicola certa teologia cristiana, è importante familiarizzare con questo Gesù storico che, come ciascuno e ciascuna di noi, nel suo cammino di umanità e di fede, ha dovuto fare i conti con tante difficoltà interiori ed esteriori, con le sue paure e con l’opposizione dei poteri.

Quando Marco scrive, aveva alle spalle la conoscenza di quel Gesù che i discepoli avevano conosciuto come un “uomo di Dio”, un profeta, che non si era arreso “né a satana né alle fiere”, per dirla con questo linguaggio simbolico così espressivo ed efficace.

Quando nel corso degli studi storici e biblici sono riuscito a fare mia la conoscenza, sempre parziale, di questo Gesù nuovo, “tentato”, cioè alle prese -anche lui - con la difficoltà di amare e di perseverare con coraggio, ho archiviato il Gesù che volava come spirito celestiale attraversando tutte le difficoltà come un essere superiore. Per me questa “scoperta”, che mi ha reso Gesù compagno di viaggio, ha inciso profondamente nel mio percorso di fede.

E gli angeli lo servivano

Nel linguaggio immaginifico questi angeli sono il simbolo della vicinanza di Dio. Dunque questo Gesù, fragile, osteggiato, apertamente contro corrente … dove aveva trovato la forza per andare fino in fondo nel suo cammino di fedeltà a Dio e agli oppressi?

Come aveva potuto la vita del profeta di Nazareth, con il suo messaggio radicale, infuocato, sovversivo, liberatorio e quindi “pericoloso” e sospettato, proseguire con coerenza senza arrendersi o cadere nello scoraggiamento? In qualche modo, dentro il turbinio della vita come nei momenti di solitudine e di “ritiro” dalla folla, Gesù aveva maturato sempre più lucidamente la coscienza del suo rapporto “sorgivo” con Dio. Per Gesù non si è mai trattato dello sforzo titanico di costruirsi una spiritualità o una statura da eroe. Gesù ha fondato la sua vita sulla fiducia in Dio, come albero che mette le sue radici dove scorre l’acqua che dà vita.

Martedì ho compiuto 70 anni. Se penso alla mia piccola vita di uomo senza nulla di grande, di prete vecchio e fragile, di persona che non ha mai compiuto nulla di vistoso, sono pieno di gratitudine a Dio anche solo per il fatto che non ho voltato completamente le spalle al Vangelo.

Come avrei potuto innamorarmi di Gesù se non avessi preso coscienza che Dio mi è stato vicino?

La vita è piena di gioie e di affanni, di fragilità e di audacie … Gesù ci testimonia la sua fiducia in Dio, alimentata alle sorgenti della preghiera e delle scritture. E’ il soffio di Dio che ha “sospinto Gesù nel deserto” e lo ha accompagnato. Può farlo anche per noi.

“Si recò nella Galilea”

Anche se aveva davanti agli occhi la strada “pericolosa” e la sorte amara del Battista, “satana e le fiere” non lo spaventano. Gesù si butta nelle strade della Palestina, anzi nei sentieri dei villaggi, e dà avvio alla sua predicazione. Anche qui Gesù è il nostro maestro di vita. L’ora che stiamo vivendo nel mondo, in Italia e in questa chiesa è davvero stretta nella morsa del “satana vaticano” e delle “fiere di un governo fascista”. Eppure bisogna andare dove ferve la vita con le sue contraddizioni, i suoi abissi di ingiustizia e di discriminazione, le sue lotte e le sue speranze.

Il “regno di Dio” quando irrompe in noi, quando non gli impediamo di crescere, ci porta alla concretezza del quotidiano, fuori dai recinti del sacro, dove regnano i principi astratti e le obbedienze focalizzanti.

Il “regno di Dio” soffia “dentro il vento della vita”. “Satana e le fiere”, per riprendere il linguaggio simbolico di Marco, sono sempre in agguato per ricondurci alla paura o all’obbedienza. Ma rassegnarsi al loro potere, rimanerne prigionieri, lasciarci riacciuffare dalle paure, spegne in noi la gioia della vita, confonde la fede con l’ideologia religiosa dominante e ci fa diventare girini prigionieri della palude ecclesiastica.

Ti prego

Insegnami, o Dio,
a concentrarmi sull’essenziale.
Anch’io piccola creatura,
posso gettare semi di giustizia
nella terra del quotidiano.
Dentro e oltre le oscurità
che sembrano bloccare ogni sogno,
insegnami a vedere
i raggi di sole
che si fanno strada
verso di noi.