giovedì 16 aprile 2009

PACE A VOI

Commento alla lettura biblica - domenica 19 aprile 2009

La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!». Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome (Giovanni 20, 19-31).


Se riusciamo a deporre gli occhiali del dogma e ad andare oltre una lettura fondamentalistica, qui troviamo un annuncio straordinariamente liberatorio. Sulla bocca di colui che è stato crocifisso e che Dio ha risvegliato ad una vita nuova risuona tre volte la parola pace. Sì, Dio nonostante tutti i nostri rifiuti, ci dona l'assicurazione del Suo perdono, del Suo amore.

Ce lo dice attraverso Gesù che diventa davvero il testimone di quell'amore con cui Dio accoglie tutti e non esclude nessuno. Chi, come i discepoli, poteva aspettarsi una rampogna per aver abbandonato Gesù nell'ora della passione, sente crescere nel suo cuore la gioia di essere in pace con Dio, di vivere nel Suo abbraccio.

Gli occhi della fede

A noi piacerebbe tanto poter avere le prove "visive" , quasi fotografiche, della resurrezione di Gesù. Invece le cosiddette "apparizioni" non sono dei resoconti di cronaca, ma dei racconti teologici. Esse non riportano degli eventi visti con gli occhi della carne, ma sono la testimonianza di fede delle prime comunità.

Certo, Gesù é realmente risorto, ma egli é stato visto non con gli occhi della carne, ma con quelli, molto più penetranti, della fede. Questi racconti delle "apparizioni" sono costruiti e composti per noi perché siamo invitati a credere, a fidarci di Dio e di quello che egli ha operato in Gesù, senza vedere. Questa é la "beatitudine" che l'evangelo annuncia: "beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno" (20, 29).

La pagina del Vangelo di Giovanni, che ora abbiamo letto, non ci parla tanto di un tempo in cui ci furono persone fortunate come Tommaso che poterono toccare con mano il Risorto e poi tutte le nostre generazioni che avrebbero la difficile sorte di credere senza vedere. L'episodio di Tommaso é piuttosto una costruzione narrativa che ci riporta ad un dato molto reale. E' una pagina di altissima e preziosa teologia, che contiene un messaggio straordinariamente limpido ed efficace.

Lentamente

Tommaso é la personificazione della nostra "fatica di credere", della nostra difficoltà di affidarci all'azione di Dio e alla parola di Gesù. Per quanto Gesù avesse detto e ripetuto ai discepoli che Dio non lo avrebbe dimenticato nella morte, essi impiegarono probabilmente parecchio tempo a far riemergere con chiarezza la memoria di queste parole di Gesù.

I Vangeli contraggono i tempi e ci fanno subito giungere alla meta, alla conclusione. Come quando Gesù chiama Pietro e Andrea alla sequela ed essi subito lo seguono, così qui tutto sembra compiersi in un baleno. La realtà é stata certamente meno rapida: avranno pur dovuto parlarne con moglie e figli prima di mettersi al seguito di Gesù.

Così é nel caso della risurrezione: essa é stata accolta come realtà profonda e, quindi, vista con gli occhi della fede, molto più lentamente. Le composizioni letterarie, cioé i quadri pittorici della risurrezione, svolgono la funzione di dirci dov'é giunto alla fine il cuore dei discepoli e delle donne, ma ci portano forse troppo velocemente al traguardo facendoci saltare alcuni passaggi, alcune tappe.

Il racconto della incredulità di Tommaso ci aiuta a colmare i tempi che vanno dall'incredulità, al dubbio, alla fede. Il percorso di Tommaso é, in qualche modo, il cammino di ciascuno/a di noi. Qui lo si intravede. Questa é la "chiamata" che Dio ci rivolge: il passaggio alla fiducia. Tutta l'esperienza cristiana deve fare i conti con la "tentazione di Tommaso" , quella di credere solo a ciò che si vede e si tocca, ma la fede é in un'altra direzione: anzi é un'altra dimensione. Credere nel Risorto, aver fiducia che Dio continua ad operare in mille modi la risurrezione nel mondo di oggi significa "scommettere" ben oltre ciò che si vede e si tocca.

Ciò che si tocca e si vede dappertutto é il potere onnipresente del denaro, del mercato, delle multinazionali. Eppure noi siamo chiamati/e a credere nel regno di Dio che viene ed é già in mezzo a noi. Ciò che si vede é il trionfo della potenza militare. Eppure noi siamo chiamati/e a credere che sono beati i miti, i nonviolenti. Ciò che trionfa é la menzogna telediffusa, invasiva, suadente. Eppure noi siamo chiamati/e a credere nella forza disarmata della verità del Vangelo. La fede é una chiamata sulla strada della più assoluta inevidenza.

Educarci alla fede

Ma la leggenda teologica dell'apparizione a Tommaso ci può anche educare alla "misericordia", nel senso che ci evidenzia quanto Gesù abbia insieme capito e contrastato il bisogno dei segni, il bisogno di toccare. Gesù spesso si é trovato a dover educare l'interlocutore, tentato di fermarsi al dato materiale, evidente. Gesù, in questo brano di costruzione teologica, é colui che capisce la debolezza di Tommaso, la corregge e addita una strada diversa. Anche quando i discepoli si sono dimostrati sordi e ciechi al suo insegnamento, Gesù non si é stancato di loro. Li ha corretti, amati, aiutati a crescere.

La comunità cristiana anche oggi, alle prese con mille difficoltà e mille deviazioni, può leggere questo brano anche per imparare quel dialogo interno, franco e coraggioso, che offre a ogni persona la possibilità e il tempo di crescere e di riorientare la propria vita. Anche quando tutte le porte sono chiuse (come ripete Giovanni ai versetti 19 e 27), anche quando le possibilità di cambiamento sembrano sbarrate e impossibili, la parola di Gesù può fare breccia nei nostri cuori. La partita non é mai chiusa e può riaprirsi ad ogni istante della nostra vita.

La strada nella fede-fiducia in Dio si riapre... L'immagine di Gesù che, come dicevamo da bambini, passa attraverso il buco della serratura, è la testimonianza di quell'amore con cui Dio, attraverso Gesù e in mille modi, cerca i nostri cuori e vuole riaprire un dialogo con noi.

Noi purtroppo ci troviamo spesso a vivere in una chiesa in cui ci sono troppe porte chiuse, con troppi "guardiani" che usano le chiavi quasi solo per chiudere. In questo contesto molti pastori della nostra chiesa farebbero bene a riascoltare l'ammonizione evangelica:" Guai a voi ... perché avete portato via la chiave della conoscenza: voi non ci siete entrati e l'avete impedito a quelli che avrebbero voluto entrare" (Luca 11,52 e Matteo 23, 13-14).

Ma l'espressione fa esplodere la speranza: se anche un ministro della chiesa sbarra le porte ad un gay, ad una lesbica, ad un separato, ad una divorziata, ad un prete sposato... l'azione di Dio non si ferma e il messaggio di Gesù può penetrare anche " a porte chiuse".

Gesù trasparenza di Dio

L'esclamazione di Tommaso "Mio Signore e mio Dio" è significativa, ma va ben compresa. Anche se l'ultimo redattore del Vangelo di Giovanni, distanziandosi nettamente ed infelicemente da tutte le altre Scritture, talvolta tinge di colori quasi divini la figura di Gesù, in contrasto con la realtà del nazareno, qui l'espressione non intende confondere Gesù e Dio. Piuttosto Gesù è visto come la Sua epifania, la Sua rivelazione.

Gesù, il Risorto è la "trasparenza" di Dio, cioè lascia trasparire ciò che Dio ha operato in lui dandogli una vita oltre la morte. Il volto di Gesù riflette l'amore, l'azione, il messaggio di Dio. Egli, in questa espressione, viene associato a Dio per dirci che la vita di Gesù, le sue parole e le sue opere, sarebbero inspiegabili senza l'intervento di Dio.

Il Vangelo ci dice che solo Dio è la "spiegazione" della vita di Gesù. Solo Dio può aprire, attraverso Gesù e il suo messaggio, anche le porte più sbarrate. Gesù ci rimanda sempre a lui, Dio suo e Dio nostro.

La chiesa della paura

Hanno ragioni da vendere tutti coloro che sottolineano che la nostra chiesa purtroppo non educa al coraggio, ma insinua paura, tante paure. A volte i cosiddetti "pastori" sembrano ossessionati dai "lupi" e vedono pericoli, peccati, errori da ogni parte. Addirittura mettono a Dio dei panni da far paura, da creare la paura di Dio. Spesso anch'io mi soffermo su questa pesante realtà. Ma bisogna pure cantare un'altra canzone: ciascuno di noi ha nella chiesa e nel mondo una sua personale, indeclinabile responsabilità. Bisogna dirselo chiaramente.

Una fede adulta non può scaricare tutto sui "vizi" o i deficit dell'apparato istituzionale. "Vieni e seguimi" è detto a ciascuno di noi. Diventare personalmente responsabili è il passo decisivo oggi in una chiesa che è prigioniera di se stessa, sella sua immagine, dei suoi dogmi. In questi giorni ricordiamo la morte di don Primo Mazzolari avvenuta 50 anni fa. Ha saputo essere un cristiano e un prete libero e difforme. Non nasce nulla di nuovo se siamo pecore belanti tutte in fila come soldatini.

Tommaso, a modo suo, ha avuto il coraggio di esporsi con una sua posizione personale. Se amiamo la chiesa e ancor più il Vangelo forse questa è la stagione per tentare strade nuove, per osare parole nuove, per celebrazioni nuove della nostra fede. Le pigrizie altrui non scusano le mie. Spesso siamo un po' tutti specialisti nel cercarci degli alibi per non assumerci le nostre responsabilità. Se faccio la mia parte, forse qualche altro più facilmente trarrà uno stimolo, ma intanto la vita quotidiana è il luogo della mia risposta a Dio, ai fratelli e alle sorelle.