venerdì 10 aprile 2009

RICEVO DA PADRE FABRIZIO VALLETTI

Qualcuno mi ha chiesto quale è il mio pensierino pasquale quest’anno….

 

Sempre di più ho coscienza del passaggio che nella vita può realizzarsi dalla condizione di dolore a quella di gioia, dalla oscurità della paura e della debolezza alla luce della speranza. E’ il quotidiano immergermi nel vissuto di tante persone, che non vivono la sicurezza del lavoro o la serenità della famiglia e degli affetti, che mi fa provare   un essenziale bisogno di libertà interiore, per inventare un sincero modo di farmi partecipe, per esprimere una solidarietà non formale, ma incarnata nel condividere il dolore e la certezza di una liberazione.

 

Immagino che un sentimento simile si debba provare nel momento in cui ci si trova di fronte alla fine della vita, un traguardo naturale che si vorrebbe sempre più lontano, ma che per molti è presente quando si sfida la violenza e l’assurda malizia di una umanità sbagliata. Allora capisco quel sentimento di liberazione che l’amore per una causa giusta può alimentare, fino a divenire forza straordinaria che rompe la logica della morte ed apre all’eterno, come vera dimensione della stessa natura umana. Proprio di fronte a questa dimensione che non è virtuale, ma pagina quotidiana della storia che viviamo, capisco il senso della vita che Cristo Gesù  ha svelato con la sua dimensione di eterno e quindi di risorto, proprio quando si è lasciato schiacciare dall’odio di chi lo doveva riconoscere, ma per ottusa malizia, sacrale e di potere, non ha colto la sua vera natura.

 

Oggi è la stessa umanità, nella dimensione personale e planetaria, che non viene riconosciuta da chi per sete di potere e di prestigio pretende di dettare le leggi del gioco nazionale ed internazionale degli interessi vitali e della stessa sopravvivenza. I segnali di tale violenta sopraffazione sono evidenti ed i più deboli, persone o interi popoli, ne soffrono le drammatiche conseguenza. L’uomo viene annullato di fronte al sacro valore del denaro e del potere.  Ancora una volta ci si trova nel mezzo di un “passaggio” da compiere, di una pasqua da vivere e realizzare, nella consapevole e responsabile accettazione di una lotta in cui si può perdere il potere e la ricchezza, ma non si può rinunciare a quella libertà dello spirito che è denuncia dell’ingiustizia e difesa dell’ultimo.   Al potente ed ai potenti di turno si può con serenità affermare che non ci interessano i loro macchinosi e spettacolari enunciati di bene, quando sono viziati dall’interesse personale e di parte.  Ancora più chiaro è il desiderio di libertà da quelle strettoie che hanno anche il sapore ideologico di servirsi di  categorie religiose, per affermare una presunta verità, quando manca la spirituale propensione alla misericordia, all’ascolto ed al dialogo.

 

Tempo di pasqua vuole  anche essere respiro di luce e di semplice ricerca di ciò che, in ogni tempo, ci può avvicinare alla dimensione dell’eterno come vittoria su ogni ristrettezza che ha sapore di morte.  La persona del Gesù pieno di attenzione ai più sofferenti non si può confondere con gli apparati e con le cerimonie che distraggono dall’immediata esperienza di un amore condiviso proprio con chi non può offrirti  che il suo dolore e il suo desiderio di liberazione. La sete di risurrezione ce la portiamo dentro, come vittoria  su un modo di vivere che nega l’amore e che ci vorrebbe divisi e in conflitto. E’ quello Spirito, patrimonio di ciascuno, che non inventiamo noi, né tocca a noi difendere, perché si afferma da solo, essendo principio e fine del nostro stesso essere e della nostra felicità da lui stesso donata e voluta. Ciao!