giovedì 2 luglio 2009

GESU': FIGLIO, FRATELLO E ZIO

Commento alla lettura biblica - domenica 5 luglio 2009

1 Partito quindi di là, andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono. 2 Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? 3 Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui. 4 Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». 5 E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. 6 E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando. (Mc 6, 1-6)

Chi ha in testa il Gesù divinizzato, onnipotente, celestiale del catechismo e di certe interpretazioni delle formule conciliari, davanti a questi versetti deve o chiudere gli occhi o chiamare il 118 o aprirsi ad una nuova visione di Gesù. Eccolo nella sua città natale. Lì ci sono la madre, i fratelli e le sorelle. Matteo 13, 55 lo definisce "il figlio dell'artigiano". Luca 4,22 lo definisce "il figlio di Giuseppe". Dunque questa pagina, presente in tutti i vangeli compreso Giovanni (4, 43-46), ci regala un quadro di famiglia. Forse è questo il passo decisivo per innamorarci di Gesù: farlo uscire dalle nebbie dogmatiche e cercarlo nella sua piccola storia umana. Non è un Dio travestito da uomo, ma è totalmente e solamente un uomo che Dio ha scelto per farne, per noi cristiani, il Suo testimone per eccellenza, la Sua manifestazione più fedele, la Sua "icona". Questo significa la metafora "figlio di Dio". Per noi Gesù non è un semplice profeta, ma il profeta che incarna le "scelte" di Dio.

Purtroppo questo Gesù in carne e ossa è stato cancellato e la sua "eliminazione" è avvenuta con tanti successivi passaggi. La leggenda teologica della verginità di Maria fu ben presto interpretata come verginità biologica, fisica e i fratelli e le sorelle di Gesù ci furono presentati come cugini... Quante fantasie sono poi state aggiunte sulla verginità e sulla "illibatezza fisica" di Maria da quando la sessualità fu vista come una sozzura: "Per chi ha letto le elucubrazioni che nei secoli i "padri" e gli scrittori "sacri" hanno fatto sul concepimento e sul parto di Maria, spesso invereconde oltre che assurde, è bello intravedere attraverso la voce di Matteo e di Marco queste sorelle di Gesù, giovani donne sane, mamme di bimbi vivaci cui Gesù, lo zio, chissà quante volte ha arruffato con la mano i capelli" (Maria Caterina Jacobelli).

Il quadro delle origini del movimento di Gesù ci è stato travisato e tramandato in una forma astratta che ha permesso ai funzionari del sacro e ai gestori dell'azienda ecclesiastica di confezionare un profilo di Gesù tranquillizzante, buono per tutti gli usi, funzionale all'ordine costituito, un Gesù imbalsamato, aureolato, buonista, chiesastico. Le condanne che la gerarchia cattolica ha inflitto a tutti i biblisti e gli storici che hanno rifiutato questa negazione del Gesù storico, dimostrano a chiare lettere che si ha paura di questo Gesù di Nazareth concreto e si continua a confezionare e presentare un essere celestiale fatto di due nature. Il Gesù dei dogmi è del tutto addomesticabile e nel quarto secolo volerà così in alto da diventare la seconda persona della trinità. Il mito è pericoloso quando lo si usa per cancellare la storia.

Ecco l'operazione semplice e difficile: restituire Gesù alla terra, alla sua terra. Spero che durante l'estate possiate e vogliate leggere le belle opere di Barbaglio, Ortensio da Spinetoli, Pesce, Pagola, Salas, Vigil...La fede di Gesù è nota, si è sviluppata, è cresciuta non in un clima rarefatto, sociale, sacerdotale, ma in quella piccola borgata, in quella numerosa e chiassosa famiglia. E' dentro questa "normalità", dentro questa piccola esistenza quotidiana che Gesù ha scoperto la sua vocazione profetica. Ed è così anche per noi: la fede non ci solleva su nuvolette celestiali o in zone appartate. Essa, al contrario, ci immerge nella realtà, è un cammino di immersione. La stessa sequela di Gesù, che è la modalità concreta della nostra fede, non ha senso se non è un riorientamento della nostra vita quotidiana. Credo, amico lettore e amica lettrice, che tu forse ora comprendi più profondamente la mia insistenza sulla riscoperta del Gesù storico, la sua fede in Dio, la sua prassi d'amore, il suo impegno per la giustizia, per la vedova, l'orfano, lo straniero.

Se si va a Dio, per noi cristiani/e, attraverso Gesù, allora è chiaro che tutto l'armamentario burocratico-gerarchico, tutti i san Gennaro e le madonne loquaci e lacrimanti, perdono significato. Chi ha interesse a mantenere il popolo di Dio denutrito di proteine bibliche e quindi sottomesso, non vede di buon occhio il Gesù storico. Permettimi una digressione. Quanto è bella la figura di Maria, madre di una numerosa famiglia, sposa di Giuseppe, tormentata da questo figlio che le sembrava "troppo" inquieto, che si metteva su una strada pericolosa. Non è la verginità, ma la sua maternità che la rende donna tra le donne, madre che non sa che pesci pigliare con questo figlio innamorato di Dio...e insieme "imprudente", che non sa mordersi la lingua. E poi... dopo tutto il dolore della crocifissione, eccola nel cenacolo pronta a fidarsi di Dio e a diventare discepola del suo caro Gesuino che non aveva mai ascoltato i suoi richiami alla "prudenza" e che un giorno se ne era andato di casa come uno fuori di sè (Marco cap. 3).

Non si tratta di "ciucciarci" e di inghiottire un'ostia la domenica, ma di operare oggi storicamente, di amare oggi "la vedova, l'orfano e lo straniero", per dirla nel linguaggio biblico. Fissare lo sguardo su Gesù ci aiuta da accrescere la nostra fiducia in Dio, a liberarci da tutti i faraoni, a diventare uomini e donne della solidarietà. Questo significa "mangiare il suo corpo e bere il suo sangue": si tratta di fare nostre le sue scelte, averle fatte diventare "nutrimento" per la nostra vita.

La sorpresa

Ancora una annotazione. A Gesù i suoi compaesani non tributano onore; non gli danno una medaglia e non gli erigono un monumento. I profeti non fanno i personaggi, non fanno gli eroi, non danno spettacolo. Fanno di tutto per non farsi riconoscere. E' successo anche a me: ho vissuto vicino a dei profeti e non li ho riconosciuti, se non quando erano già morti. Forse dobbiamo tutti imparare e diventare attenti alla "profezia vicina", non spettacolare. Sovente essa veste i panni di una quotidianità poco appariscente. Ma credo che per Gesù e per  profeti di tutti i tempi il rifiuto ricevuto in patria sia diventato l'occasione per "andare altrove", per scoprire altri orizzonti, per testimoniare ad altri. Una porta chiusa si è trasformata in un portone aperto. Non è il riconoscimento che conta, ma la testimonianza. Vale anche per ciascuno di noi: non sono i riconoscimenti ufficiali che convalidano la nostra fede. Non è l'approvazione del parroco o il riconoscimento del papa che conta per un teologo, una teologa, un separato, una convivente, una coppia omosessuale. E' la vita vissuta nell'amore solidale sulla strada di Gesù. Anzi, i riconoscimenti puzzano e imprigionano. A volte sono il segno che ci siamo adattati al potere.