lunedì 17 agosto 2009

“MIO PAPA’ E VESCOVO”

Riporto questa breve intervista ancora da La Stampa del 2 agosto.

 

Don Antonio Mazzi, fondatore dei centri di volontariato "Exodus", perché ha deciso di accogliere nelle sue comunità i figli dei preti?

"Lo faccio in memoria di Giorgio, figlio di un prete, che si è suicidato dopo che per cinque anni ho provato a prendermi cura di lui. sono centinaia in Italia i figli di sacerdoti italiani e anche di vescovi stranieri. Hanno problemi indicibili, si sentono "frutto del peccato". Nessuno si occupa di loro, è abominevole che le colpe dei padri ricadano sui figli. Finora la Chiesa li ha ignorati, gli assistenti sociali non li hanno mai capiti".

 

Perché ora il Vaticano si occupa di questo universo sommerso?

"E' un passo avanti positivo. Finalmente. Io ne ho presi diversi in comunità perché ci si occupa dei figli dei sieropositivi, dei carcerati, degli immigrati clandestini ma non di quelli di sacerdoti che continuano a svolgere il loro ministero. Sono ragazzi fragilissimi, abbandonati a loro stessi e trovano sbarrate tutte le porte non appena provano a chiedere un minimo diritto".

 

È un fenomeno diffuso?

"Sì, molto più di quanto si pensi. Ci sono anche figli di vescovi. Vivono nell'ombra ed è giusto e sacrosanto che adesso l'istituzione ecclesiastica si preoccupi di offrire minime garanzie almeno patrimoniali. Intanto noi già li prendiamo in casa, gli offriamo un lavoro, una prospettiva di vita per impedire che sprofondino nella disperazione, nell'abbandono.

(Gia. Gal.)