Non si tratta di una previsione, ma solo di un auspicio, un desiderio, un sogno forse.
Nel sec. XII i Vendicosi si riunirono in una setta segreta che la storia, diventata leggenda, identificò come i Beati Paoli. Lo scopo era quelle di raddrizzare i torti che le fasce più deboli della popolazione dovevano subire. Il solo storico che si occupò di quel fenomeno significativo dello spirito genuinamente siciliano, fu Francesco Maria Emanuele Gaetani marchese di Villabianca, nel XVIII secolo; ma la memoria popolare ne ricorda bene le gesta.
Si volle anche attribuire ai beati Paolo la prima formazione di quella che sarebbe stata la mafia, ma si tratta di una mezza verità, contraddetta, oggi, dalla reale consistenza dell'attuale mafia, che è proprio quella che opera per commettere i torti e non certo per combatterli.
La mafia perse presto l'originario spirito rivendicativo dei diritti dei più deboli, per affiancarsi al potere dei ricchi aristocratici, specialmente con l'annessione della Sicilia alla Savoia, con la piratesca spedizione dell'avventuriero Garibaldi.
Anche Buscetta cercò di salvare la faccia tentando di identificarsi nella prioritaria immagine di una mafia "pulita", ma già quando il fenomeno mafioso aveva ampiamente dimostrato di avere superato il Rubicone che divideva, contrapponendole, le classi.
In una delle sue tante deposizioni affermò:
«La mafia non è nata adesso, viene dal passato. Prima c'erano i Beati Paoli che lottavano coi poveri contro i ricchi [ ]: abbiamo lo stesso giuramento, gli stessi doveri».
Peraltro già ai tempi dell'inchiesta sull'uccisione di Joe Petrosino era emerso che alcune organizzazioni legate alla malavita si erano impadronite del mito dei Beati Paoli intesi come una sorta di Robin Hood siciliani, riunendosi negli stessi luoghi in cui, secondo dicerie popolari, nel passato si riunivano i membri di tale setta, vera o leggendaria che fosse (cfr. G. Montemagno, Luigi Natoli e I Beati Paoli, Palermo, Flaccovio, 2002, pp. 51-53).
Oggi la mafia si identifica sempre più con la politica, mentre la politica si serve della mafia per consolidare il proprio potere.
Mafia e politica rappresentano, oggi, mandanti ed esecutori materiali dei torti che subisce l'intera Sicilia.
Per questo la politica, specialmente questa politica attuale, non combatterà mai la mafia, così come la mafia resterà al servizio di questa politica per ottenerne la legittimazione.
Cos'altro è lo scudo fiscale che permette il rientro in Italia del denaro sporco, frutto dei traffici illeciti (droga, armi, prostituzione, pizzo, ricatti, truffe, ) se non una palese legittimazione dei reati ?
La mafia non si combatte legalizzando i reati e facendoli scomparire dalle pagine del Codice Penale, come è accaduto con il falso in bilancio, depenalizzato con conseguente assoluzione di Berlusconi da quei reati "per sopravvenuta modifica delle leggi".
Oggi la depenalizzazione riguarda l'evasione fiscale, i traffici illeciti che producono illeciti profitti,
le grandi opere con cemento depotenziato, il traffico di armi ed esplosivi barattati con la droga afgana dentro una ignobile guerra.
Tornerà l'originaria aspirazione dei Beati Paoli di raddrizzare i torti con lo spirito di giustizia che oggi viene negato e sopraffatto dal malaffare difeso e sostenuto dalle istituzioni ?
Rosario Amico Roxas