domenica 22 novembre 2009

UNA STORIA E UNA POESIA

 
«Nel 1976, anno in cui la RAI fu divisa, fui diviso anche io dalle mie mani e dalle mie gambe per il morbo di Buerger. Da quel momento il mio rapporto con gli altri e con i fatti cominciò ad essere diverso, a cambiare a mano a mano che il mio cammino, faticoso su una sedia a rotelle, si addentrava in una maggiore e più profonda comprensione di una parola che, fino ad allora, avevo raramente incontrato: emarginazione.
Fui costretto, così, ad incontrare anche la stupidità, l'indifferenza, la superficialità degli uomini per tutte le cose che non toccano personalmente. Fin dal giorno in cui, guardando il mio corpo, ebbi l'impulso, violento e disperato, di cercare la morte, mi chiesi: «Sono stato anche io come loro?». Lo ero stato, e da allora il mio lavoro, i miei servizi che facevo, furono tesi alla comprensione e ai modi di comunicare agli altri quelle sensazioni che avrebbero doburo suggerire una difficile reazione e un ancor più difficile comportamento: la solidarietà».


Amore è sorridere a un bambino

Amore è la felicità di un altro

Amore è accarezzare il fuoco

Amore è credere la morte un gioco

Amore è stringersi in silenzio

Amore è regalare un sogno

Amore è respirare la tua pelle

Amore è guardare un cieco negli occhi

Amore è sentire i tuoi passi tra la folla

Amore è aspettarsi il domani

Amore è ricordare un nome del passato

Amore è raccontare un segreto

Amore è fare la rivoluzione

Amore è accettare un addio

Amore è lasciarsi andare

Amore è aiutarmi a morire

(Enzo Aprea)

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