Ascoltiamo questa storia narrata su L'Unità di venerdì29 gennaio.
C'è la Fiat, e c'è il resto d'Italia. Rinaldo Gianola racconta una storia di cui si parla pochissimo: quella dell'Omsa di Faenza. «Omsa, che gambe», ricordate le gemelle Kessler? Oggi la fabbrica di calze è del gruppo Golden Lady, leader mondiale nel settore. Il gruppo va bene, fa profitti, ha la leadership del mercato, una proprietà familiare solida. Però lo stabilimento di Faenza chiude. Non perché non funzioni: per spostare la produzione in Serbia dove gli operai costano meno. Qui, nella Romagna una volta modello e avamposto d'Italia, le operaie guadagnano 1000 euro al mese, le nuove 900. Gli operai serbi 300. Qualche tempo fa i serbi non hanno ricevuto il cedolino, il direttore dello stabilimento è stato malmenato dai lavoratori inferociti. Persino con la delocalizzazione bisogna usare qualche cautela. Le dipendenti della Omsa (320 donne su 350) presidiano la fabbrica giorno e notte. Si stanno organizzando a turni per il mese di febbraio. Nel tempo che resta si riorganizzano la vita. Daniela Ghiselli, da 25 anni in fabbrica, separata, un figlio di 18, ha annunciato ai genitori il suo rientro nella casa dove è stata bambina. «Torno dai miei. Sono gli unici che possono aiutarmi. Gli unici su cui posso contare». Lo stato sociale sono, a cinquant'anni, mamma e papà.
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