giovedì 11 febbraio 2010

LA STRADA SEMPRE APERTA

17 Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, 18 che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti. 19 Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti. 20 Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. 21 Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. 22 Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo. 23 Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti. 24 Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. 25 Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete. 26 Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti. (Luca 6,17-26)

La forza liberatrice

Il brano evangelico di oggi, letto integralmente senza il taglieggio che ne fa la liturgia cattolica, si apre con uno scenario grandioso. Gesù, sceso dal monte e scelti i dodici, si ferma su un luogo pianeggiante. Con una esagerazione evidente, che vuole trasmetterci un messaggio anziché documentarci il numero dei presenti, Luca parla di una folla immensa che si avvicina al giovane maestro di Nazareth per ascoltare, toccarlo, essere guarita.

Si tratta, nel contesto lucano, di folle impoverite, disperate, senza fiducia. È chiaro che la notizia del'arrivo di Gesù aveva destato interesse, movimento. La sua "fama" era legata al fatto che Gesù si prendeva cura dei più deboli ed emarginati. Volevano poterlo ascoltare, incontrare, arrivare proprio davanti a lui per portargli una richiesta.

Luca, quasi di sfuggita, annota che "da lui usciva una forza che guariva tutti". L'evangelista non va per il sottile e "spara" alla grande: tutti sono guariti.

Questo stile enfatico, questa eccedenza numerica, questa sproporzione tra l'evento e il racconto, è voluto ed intenzionale. A Luca interessa testimoniarci che chi aveva incontrato Gesù aveva percepito una forza, una energia liberatrice, rinnovatrice, una spinta a vivere. I profeti, gli "uomini e le donne di Dio" dell'antico Israele erano percepiti e descritti come persone che contagiavano fiducia, speranza, libertà. L'amore e l'ardore che riempivano i loro cuori traboccavano. Questo fatto non designava tanto un eroe o un mago, ma il riconoscimento che questa persona era come "abitata" da una particolare presenza di Dio.

Anch'io nella mia vita ho incontrato e talvolta incontro persone al cui contatto profondo avverto di ricevere un flusso spirituale di energia liberatrice. Se davvero lasciassimo più spazio a Dio, se fossimo più abitati dal Suo amore, anche da ciascuno/a di noi potrebbero uscire la parola, il gesto, il dialogo che sollecitano alla vita, alla fiducia. In questi giorni ho incontrato parecchie persone che vivono ai margini dell'istituzione cattolica. "abbiamo cercato ed incontrato nella nostra vita parecchi sacerdoti – mi hanno narrato – e dalle loro bocche sono soltanto uscite regole rigide, consigli gelidi, verità e certezze".

È una vera sciagura quando i credenti cercano Dio e il Suo amore e si sentono rispondere con i linguaggi del diritto canonico o con l'elenco dei dogmi o delle regole morali.

Questa è la miseria della nostra chiesa: parla troppo spesso di sé tanto da oscurare Dio, se fosse possibile. E così escono documenti, lotte intestine, rivalità, violenze che scandalizzano ed allontanano.

"Beati voi poveri"

Mille volte abbiamo letto e meditato questi versetti. Non finiremo mai di farlo, spero. Gli studiosi e le studiose della bibbia hanno scandagliato in tutte le direzioni questi versetti delle "beatitudini" compiendo un prezioso servizio per il popolo di Dio. Ma, in buona sostanza, oggi il significato per noi, figli e figlie di questo Occidente malato e bisognoso di "ritrovare un'anima più accogliente" (Z. Baumann), è assai evidente. Si tratta di ritrovare per noi, nel nostro percorso personale e comunitario, uno stile di vita più sobrio e di stare apertamente, con concrete pratiche di condivisione e con parole esplicite, dalla parte delle persone emarginate, povere, straniere. Si tratta di partecipare con tutte le "culture" e le "reti" solidali che, in molteplici modi, qua e là continuano un lavoro prezioso. Aldilà dell'individualismo che i media e i palazzi cercano di far penetrare nei cuori, il soffio dell'amore solidale non si spegne mai. Tante piccole realtà religiose e laiche sono il seme di un futuro che è sempre in gestazione. Noi cristiani in tutto questo vediamo il parziale realizzarsi del regno di Dio. Ma questo è decisivo: non starsene fuori a guardare lo spettacolo, ma essere parte e, nel nostro piccolo, diventarne protagonisti.

In questi giorni molto si è parlato del dottor Basaglia e della sua opera. Ha ascoltato la sofferenza e ha messo le sue energie morali, intellettuali e terapeutiche per abbattere i muri della "separatezza". Ognuno/a di noi può fare qualcosa. Non c'è bisogno di essere dei geni o degli eroi per portare la nostra piccola pietra alla casa si un mondo un po' più solidale. Se poi qualche volta c'è il genio o l'eroe, non li butteremo via, ma le trasformazioni vere avvengono poi nel nostro piccolo quotidiano.

Dove sta la felicità?

Il Vangelo di Gesù non ama le definizioni astratte o le disquisizioni infinite, ma addita delle strade.

Dentro il turbinio delle nostre esistenze, attraversate da dolori, sofferenze, miserie, inquietudini, gioie e speranze, Gesù continua a proporci un sentiero verso la felicità possibile che è mille miglia lontano dalle proposte che registriamo ogni giorno.

Beato vuol dire felice e le beatitudini possono essere lette come sentieri aperti verso la felicità, verso il senso della vita, "pellegrinaggi del regno di Dio". Si tratta di sentieri nei quali siamo invitati ad entrare con la fiducia che Dio li renderà fecondi per noi e per altri.

Gesù è passato prima di noi. Quanto basta per assicurarci che questi sentieri non sono vicoli ciechi. Se almeno un po' qualche volta ci siamo inoltrati in questa direzione, abbiamo assaporato la pace e il senso e siamo anche riusciti a vedere qualche frutto lungo il cammino. Abbiamo anche ringraziato Dio che ci aiuta a liberarci progressivamente dal superfluo, dagli idoli e dalle felicità illusorie, tutte incentrate su di noi. Se qualche volta, per mille e un motivo, abbiamo perso la strada e siamo stati travolti, le beatitudini sono la bussola. Ripartiamo di là. Se ho camminato finora in un'altra direzione, posso cambiare strada. Non è tardi. È il giorno in cui mi sono lasciato "toccare" dal messaggio di Gesù.

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