domenica 18 aprile 2010

Lettera a Bertone su pedofilia e omosessualità

Caro cardinale Bertone,

Siamo un gruppo di fedeli della comunità di S. Francesco Saverio della diocesi di Palermo. La decisione di scriverLe prende spunto dalle dichiarazioni da Lei fatte in Cile, ad alcuni cronisti che Le chiedevano se, a suo avviso, esiste relazione tra abusi sessuali dei preti sui minori e celibato.
La Sua risposta è stata: “Numerosi psichiatri e psicologi hanno dimostrato che non esiste relazione tra celibato e pedofilia, ma molti altri – e mi è stato confermato anche recentemente – hanno dimostrato che esiste un legame tra omosessualità e pedofilia. Questa è la verità e là sta il problema”.
Dato che la domanda dei giornalisti a Lei posta, si riferiva agli abusi fatti dai preti, ci chiediamo: la sua affermazione, non ne contiene anche un’altra e cioè, che i preti pedofili sono per lo più omosessuali?
Inoltre, dato che l’istruzione pontificia del 2005 ha posto il divieto di accesso ai seminari a coloro che “presentano tendenze omosessuali profondamente radicate”, ci chiediamo: la gerarchia è convinta che, dato il nesso tra pedofilia e omosessualità, va fatta prevenzione impedendo agli omosessuali di accedere al ministero?
Se fosse così, restiamo sconcertati dalla suddetta sequenza di affermazioni; è risaputo, infatti, che la maggioranza dei pedofili è eterosessuale e spesso è gente sposata; è risaputo, inoltre, che molti preti hanno adescato bambine. Lei, per non mettere in discussione le contraddizioni della legge ecclesiastica del celibato, ha preferito colpevolizzare la condizione dell’omosessualità.
Esprimiamo il nostro ‘scandalo’ per questa sua affermazione che accosta gli omosessuali alla pedofilia; detto accostamento è anti-scientifico (non si è mai dimostrata tale affinità, anzi il contrario) ed è indegno perché colpisce la vita e la dignità di milioni di persone omosessuali, le quali, oltre a dovere affrontare le discriminazioni sociali, si vedono vilipesi ed esclusi proprio da quell’istituzione che, come Cristo che rivolge la sua attenzione verso tutte le fasce più deboli, dovrebbe sostenerli e proteggere.
Vorremmo anche ricordarLe che, a differenza della pedofilia, l’omosessualità non viene considerata dalla Organizzazione mondiale della sanità una malattia e non è annoverata tra le devianze sessuali; pertanto, se cade il legame omosessualità-pedofilia da Lei insinuato, non c’è nessun impedimento a che un omosessuale acceda al ministero ordinato, purché, come un eterosessuale, sia disposto a impegnarsi a mantenere il voto di castità.
Inoltre ci permettiamo di farLe notare che, a proposito dello scandalo dei preti pedofili, l’imposizione venuta da Roma (e firmata anche da Lei quando era segretario della Congregazione della Fede) di mantenere il segreto pontificio pena la scomunica, è stato un gravissimo errore; ancora più grave in quanto accettato o subìto passivamente da migliaia di vescovi che, forse in nome di una malintesa obbedienza, si sono resi corresponsabili dell’occultamento della verità e, conseguentemente, della possibilità della reiterazione del reato; chi ha pagato il conto sono i bambini e le bambine che avrebbero dovuto essere trattati – evangelicamente – come Gesù Cristo stesso. Si voleva evitare lo scandalo portando a conoscenza, anziché evitare che gli scandali avvenissero!
Per grazia di Dio oggi ci è più chiara la distinzione tra peccato e reato; se la Chiesa voleva mantenere un suo intervento di foro interno (sul peccato), non doveva impedire anzi doveva favorire l’intervento penale da parte della società; consegnando il carnefice alla giustizia si sarebbe evitato che centinaia di bambini venissero devastati dagli abusi.
Il minimo che ci aspettavamo e ci aspettiamo, oltre ai buoni intendimenti emersi nell’ultimo documento ai vescovi di Irlanda, è non solo la richiesta di perdono alle vittime per quello che hanno subito, ma anche il riconoscimento dell’errore di avere permesso l’insabbiamento dei casi d’abuso.
 Sperando in un ripensamento che porti ad un atto d’umiltà da parte di chi ha errato,
assicuriamo la nostra preghiera.

Assemblea Permanente della Comunità di San Francesco Saverio

Palermo, 16 aprile 2010