lunedì 5 aprile 2010

RICEVO DA SERGIO LA PREDICAZIONE DI UN PRETE DI VERONA

 

OMELIA DI PASQUA 2010

Abbiamo scelto l’immagine della danza come immagine della risurrezione. Non è solo  una immagine bella ma crediamo sia anche una immagine che dice qualcosa a Dio e su Dio. A Dio dice il nostro desiderio di vivere, di danzare la vita, di condividere il senso di una fede che ci libera dalla paura e dalla morte. Ma dice anche qualcosa di Dio: ci rivela un Dio che per primo rompe il muro della morte, spezza le catene della schiavitù, e torna a danzare la vita.

Gli studiosi delle religioni dicono che l’esperienza religiosa della vita sia nata prima come danza e solo poi sia diventata discorso. Uno di loro nel 1930 ha scritto un saggio dal titolo quanto mai suggestivo “ Nel cielo c’è una danza”  ( G. Van der Leeuw). Vi sono culture che hanno nel sangue la danza, forse noi oggi, soprattutto nella chiese non viviamo l’esperienza  reale della danza che  rimane per noi più una metafora, un simbolo… Oggi però  la presenza dei nostri fratelli africani, ad esempio, nelle nostre città riporta il linguaggio della danza con tutta la sua forza e la sua bellezza. Ma basterebbe fermarsi in intorno al fuoco con una comunità zingara per vedere come lo spirito, il “ dunede” come lo chiamava Garcia Lorca sa farsi corpo, un corpo che danza. Anche noi, soprattutto nelle espressioni più popolari, abbiamo sperimentato che le nostre feste di famiglia, le feste di nozze, le feste nelle contrade non potevano finire se non con una danza, finivano ballando…( da bambino ricordo le feste di casa, con mamma e papà, zii che ballavano ed era una allegria immensa…)

Nella tradizione ebraica la danza è una delle espressioni più intense per raccontare Dio. Basterebbe leggere i salmi e il continuo invito a danzare. Vi sono due immagini che nel Primo Testamento possono aiutarci a cogliere il senso della danza:

La prima è presa dall’Esodo e parla proprio della Pasqua, del passaggio del Mar Rosso. Si dice che passato il mare, Miriam, profetessa sorella di Aronne e di Mosè con le altre donne si mette a danzare in riva al mare. Ma perché Miriam danza? Danza per esprimere, per raccontare la liberazione che Dio ha compiuto per il suo popolo tenuto schiavo nella terra di Egitto. La memoria di questa liberazione, la memoria della pasqua è affidata alla danza ed è una profezia al femminile. Ogni volta che la fede si trasforma in un discorso le donne ci invitano a dare corpo alla fede, ci invitano a danzare la nostra liberazione.

Un’altra pagina della Bibbia ci mostra una danza. Quella del Re Davide che balla davanti all’Arca del Signore. Mentre Davide danza, sua moglie Mikol ride di lui, lo guarda con disprezzo dalla finestra. Davide esprime una fede che danza, che fa festa, mentre Mikol sembra ricordarci una religione immobile e che immobilizza, la religione dei devoti e benpensanti che guardano il mondo e perfino Dio dalla finestra ma non entrano mai nel ballo. Fa riflettere come Mikol non avendo danzato e non essendosi  nemmeno rallegrata della danza del suo sposo, si rimasta sterile.

 Anche il nostro Romano Guardini ( battezzato qui a San Nicolò nel 1885) commentava questa scena di Davide che danza davanti all’Arca come un atto gratuito d’amore, come espressione  di libertà e freschezza dello spirito. (cfr. Lo Spirito della Liturgia) 

Una fede che non danza, una religione che guarda dalla finestra il mondo e non sa godere della vita, del passo leggero delle donne e degli uomini, è una religione che non genera più la speranza.

Estromettere la danza dalla fede significa impedire che l’uomo sia felice. Essere in qualche modo contro la felicità dell’uomo.

Della danza di Gesù non sappiamo molto. Ma da buon ebreo e da frequentatore di feste e banchetti certo lo possiamo immaginare un uomo che amava la danza e che godeva fino alla commozione nel vedere la danza degli altri, nel vedere l’uomo felice.

C’è  però una danza non visibile agli occhi, ma che ha ispirato gli artisti e i poeti. Una danza che nessuno, se non Dio solo, può immaginare,  ha visto: quella della risurrezione. Gesù vince l’immobilità della morte e danza la risurrezione. Dio fa rotolare la pietra immobile del sepolcro, libera Gesù  dalle fasce della morte e lo invita alla danza.

Il filosofo Nietzsche ha detto :Potrei credere solo a un Dio che danza”. Vorremo dirlo anche noi questa notte. Ma è possibile che Dio danzi oggi? E se non danza, cosa impedisce a Dio di danzare?

 

Noi vorremmo danzare davanti a Dio: come fece Davide. Ma davanti a quale Dio si può danzare? Non si può danzare davanti a un Dio che non vuole che l’uomo sia felice, un Dio che ci carica di precetti ma che non sa abbracciare e baciare nessuno. Non si può danzare davanti a un Dio diventato solo un’idea, un sistema, un apparato. Non si può danzare davanti a un Dio che ha perso il corpo e non conosce le ferite e nemmeno le carezze. Stanotte Gesù ci rivela l’umanità di Dio. Un Dio che ama la danza. Un Dio che sa piangere e sa ballare fino al mattino. La prima vera risurrezione è quella che restituisce a Dio l’umanità che gli è stata rubata, l’umanità che spesso la religione gli ha negato per non sentine più né il pianto né il riso. Stanotte noi vogliamo che Dio si riprenda tutta la sua umanità, il suo corpo, noi vogliamo stanotte che Dio sia felice.

 

Noi vorremmo danzare in mezzo al mondo e dentro la città : Ma come è possibile danzare davanti al mondo oggi?  Come è possibile danzare nella nostra città?

La Pasqua è un inno alla vita, è lo sbocciare della primavera nel cuore della terra. Uno dei simboli che parla di vita, di un diritto essenziale e gratuito per tutti è l’acqua. Nella veglia pasquale si benedice l’acqua che fecondata dallo Spirito fa rinascere la vita nuova. In questa notte il segno della fonte da cui scaturisce il dono del Battesimo è quella stessa acqua che oggi si vuole privatizzare. La mercificazione dell’acqua è espressione della mercificazione della vita. L’acqua è un bene essenziale ed è un diritto per tutti. Oggi solo chi si identifica con il proprio potere e la propria ricchezza sente  che l’acqua sarebbe un merito e non un dono.

Noi stanotte chiediamo di  lasciare libera l’acqua, noi stanotte chiediamo la risurrezione dell’acqua. Chiediamo che nessuno metta le mani sull’acqua e ne faccia sua proprietà. E ricordiamo le parole del Vangelo là dove dice che Dio fa piovere dal cielo la pioggia sui buoni e sui cattivi, così gratis, per amore.

La pasqua è il canto della vita che esplode e si propaga in tutto l’universo. Oggi vi sono paladini della “vita”, che strumentalizzano questa causa e tirano la chiesa per la giacca, per averne appoggi e consensi. E’ singolare: che gli stessi che difendono la vita sono poi ciechi davanti a quelli stessi uomini e donne che, venuti al mondo, non possono vivere da uomini nel nostro Paese e nella nostra città. Una logica di esclusione, che svilisce  i diritti dei più deboli, e umilia la dignità di chi  vive in modo disumano anche  nel nostro Paese. Noi stanotte ricordiamo a chi vuole farsi paladino della vita di far risorgere  la vita di tutti, dei neri e dei bianchi, dei regolari e degli irregolari, dei cristiani e dei musulmani.

 

Noi vorremmo danzare nella Chiesa. Ma come è possibile danzare nella Chiesa? Non possiamo nasconderci come sia difficile oggi stare nella Chiesa. Come sia difficile accettare una struttura che sembra così preoccupata di difendere se stessa da mettere in imbarazzo i profeti della libertà e della speranza. Forse potremmo sentire vere per noi le parole di un testimone del 900 nato proprio cento anni fa, Carlo Carretto:

Quanto sei contestabile chiesa , eppure quanto ti amo! Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo! Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza. Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità,! Nulla ho visto al mondo di più oscurantista, più compromesso, più falso, e nulla ho toccato di più puro, generoso e bello. Quante volte avrei voglia di sbatterti la porta in faccia e quante volte ho bisogno del tuo abbraccio…Non posso liberarmi di te perchè sono te, pur non essendo completamente te…”

Quando pensiamo alla Chiesa noi pensiamo a tutti voi: a voi che cercate il volto di Dio nella vita, a voi che volete essere felici ma che volete anche la felicità degli altri, a voi che vi battete per i diritti dei più piccoli. Quando pensiamo la Chiesa pensiamo a tutti quelli che in questa città custodiscono il volto: dei vecchi, dei giovani a cui sembra negato un futuro, degli stranieri, dei malati di mente, dei disperati. Pensiamo a voi che sperate la primavera. Voi che piantate il seme e attendete mentre dorme sotto la neve. E stanotte il seme è germogliato. Perché siamo qui stanotte? Ha chiesto una bimba all’inizio della nostra celebrazione. Siamo qui perché il seme ha dato frutto, perché il bruco è diventato farfalla, perché la morte è stata vinta dalla vita. Il Signore Gesù ci viene incontro con un fiore di pesco e ci  invita alla danza.

 In questa notte Dio ci invita nel cuore della danza  e ci dice “ Danzate ovunque voi siate, Io sono il Signore della danza”!