«Anziché criticare Israele, questi intellettuali dovrebbero lanciare un appello ai palestinesi». Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha risposto così al movimento di ebrei europei riuniti nell' appello JCall (European Jewish Call For Reason) che si oppone all' attuale politica del governo israeliano. Non si placa la polemica sul documento promosso da illustri rappresentati della diaspora, molti dei quali francesi, già pubblicato su diversi giornali europei e presentato al parlamento europeo il 3 maggio. «Vogliamo dare vita a un movimento europeo capace di fare intendere a tutti la voce della ragione» scrivono i primi firmatari del testo, tra cui gli scrittori Alain Finkielkraut e Bernard-Henri Levy, il Nobel per la Fisica Daniel Cohen-Tannoudji, l' ex presidente della Svizzera Ruth Dreifuss, il rabbino di Bruxelles David Meyer, lo storico Pierre Nora. Dall' Italia, ha firmato anche Gad Lerner. «Ancora una volta l' esistenza di Israele è in pericolo - continua l' appello consultabile al sito jcall. eu-. Il pericolo non proviene soltanto dalla minaccia di nemici esterni, ma dall' occupazione e dalla continua espansione delle colonie in Cisgiordania e nei quartieri arabi di Gerusalemme Est». In poche settimane, il testo è stato sottoscritto da circa 6mila ebrei europei, adesioni trasversali e bipartisan. Ma sono arrivate anche molte critiche. In Francia, è stato lanciata una contro-petizione, su iniziativa dei filosofi Raphael Drai, Smuel Trigano, Pierre-André Taguieff. «L' idea di una pace imposta a Israele attraverso la pressione internazionale- rispondono - è contraria all' idea di democrazia». «Questa petizione è un errore» ha commentato anche il ministro della Cultura israeliano, Limor Livnat. Il quotidiano Haaretz ha salutato invece come una buona notizia il fatto che «migliaia di ebrei sparsi nel mondo, tra i quali molti nomi importanti, chiedano la fine di un' occupazione che dura da quarantatré anni». ANAIS GINORI