Gli episodi di intolleranza nei confronti dei cittadini gay continuano a offendere la dignità civile della nostra società. I motivi più innocenti come un bacio, la più universale e diffusa manifestazione d'affetto e d'amore, o tratti dell'abbigliamento sono sufficienti a scatenare insulti violenti, reazioni di disgusto e spesso di brutale violenza. La questione non riguarda solo la minoranza oggetto delle varie forme di aggressione, come probabilmente pensano molte persone che pure aborrono le violenze sui gay o su altre minoranze, ma riguarda tutti noi cittadini. È una questione di civiltà generale. Una nazione democratica, come l'Italia si fregia di essere, non dovrebbe permettere manifestazioni di odio o di discriminazione come quelle che hanno luogo nei confronti dei gay perché esse sono il segno di patologie democratiche, di illiberalità che influiscono sulla qualità della vita di tutto il paese. Sarebbero necessarie al riguardo leggi severissime non solo al fine di reprimere la natura delittuosa delle aggressioni, ma anche per contribuire al formarsi di una nuova sensibilità collettiva sull'uguaglianza di tutti i cittadini. Ma tali provvedimenti sono inefficaci se non si mette mano in modo inequivoco ad una legge sulle unioni gay nella forma del matrimonio civile. È ora di abbandonare titubanze e pavidità che servono solo a creare ambiguità tossiche, le ridicole prudenze nominalistiche sono segno di contorsioni idiote e riescono solo a ritardare processi di civiltà giuridica che sono iscritti nel cammino di una cultura universale del diritto che sta manifestando tutta la sua naturale forza in ogni parte del mondo come dimostra il caso del Portogallo e soprattutto il luminoso esempio dell'Argentina
Risparmiamoci per una volta l'umiliante condizione del fanalino di coda. (Moni Ovaia – L’Unità 14 agosto).