lunedì 9 agosto 2010

IL VUOTO DELLE RELIGIONI

              









VOCI D’AUTORE: Moni Ovadia

SCRITTORE



I tempi di crisi, a senso di logi­ca, dovrebbero sollecitare pensieri e riflessioni che consentano agli esseri uma­ni di proiettarsi al di là dei semplici aspetti materiali dell'esistenza per interrogarsi sul senso profon­do della vita. La religione dovreb­be essere l'ambito ideale per siffat­te interrogazioni ma non è così. La questione sia chiaro non è tanto quella dello scandalo pedofilia che ha di recente travolto la Chie­sa cattolica, nè quella di rabbini dei partiti religiosi dello schiera­mento politico israeliano che ten­gono in scacco la democrazia del­lo stato ebraico con la scusa della religione dietro alla quale si ma­scherano biechi interessi di pote­re. E neppure l'islamismo politico con le sue derive terroriste è il ve­ro punctum dolens. Il vero proble­ma è che le istituzioni religiose non hanno saputo cogliere le pre­ziose opportunità offerte dal for­marsi di società democratiche e aperte per farsi maestre di una spiritualità laica fondata sull'etica del primato della coscienza, della libertà, dell'uguaglianza della giustizia sociale, dell'amore. Hanno continuato a baloccarsi col po­tere per garantirsi le solite rendite di posizione, o si sono accaniti con furori normativi sui i presunti fon­damenti naturali della sessualità, non solo manifestamente falsi ma persino ridicoli, hanno preteso di confinare la famiglia entro schemi storicamente frusti, la famiglia, una struttura sociale in evoluzione e in particolare negli ultimi lu­stri in impetuosa evoluzione. Da tempo non esiste un solo paradigma di famiglia ma molti modelli di famiglie. Le istituzioni religiose si ostinano a pretendere il potere della verità assoluta su l'origine della vita, sul senso ultimo della morte e solo a parole accettano il confronto laico delle opinioni sui grandi temi della bioetica. Osses­sionate dal monopolio della veri­tà, le religioni hanno abbandona­to l'uomo al culto di Mamona.

(da l’Unità del 24 luglio)